La terza coppa europea è davvero necessaria?

E' notizia di stamani che il Comitato Esecutivo della UEFA ha approvato per il ciclo 2021-2024 il format e la lista d'accesso della terza competizione europea per club, che, appunto dal 2021, affiancherà la Champions League e l'Europa League.

Questo torneo sarà modellato proprio su queste due competizioni, 32 squadre divise in 8 gironi, con ottavi, quarti, semifinali e finale. L'unica particolarità consisterà in un turno prima degli ottavi di finale, in cui si affronteranno le squadre seconde nel loro gruppo e le terze classificate nei gironi di Europa League. Le partite saranno in tutto 141, suddivise in 15 settimane e si svolgeranno alle 16.30 di giovedì, orario innovativo e particolare per una competizione europea.

La vincitrice di questo torneo, che per ora non ha ancora un nome e sarà chiamata in via provvisoria UEL2, avrà accesso diretto alla UEFA Europa League per la stagione successiva.

I Paesi rappresentati in questo torneo saranno minimo 34, e non più 26, con l'Italia che vedrà parteciparvi la settima classificata della Serie A, sempre se al 2021 avrà mantenuto l'attuale posizione nel ranking UEFA.

Il presidente della UEFA Ceferin ha infatti dichiarato che “La nuova competizione renderà le Coppe più inclusive che mai. Ci saranno più partite per più squadre, con più federazioni rappresentate”.

Ed è a questo punto che si pone una domanda. Quanto appeal potrà avere una competizione come questa? Riuscirà davvero a dare un'ulteriore spinta al calcio europeo? La stessa Europa League infatti è considerata un torneo di Serie B da molti, che devono sobbarcarsi i costi di una rosa ampia tale da affrontare campionato nazionale, coppa nazionale e coppa europea contemporaneamente a fronte di bassi introiti. Sono principalmente questi i fattori che hanno portato e portano tuttora la stragrande maggioranza dei club (specie italiani) a snobbarla, facendo spesso massicci turnover. Inoltre, data l'inclusione di molte realtà di “secondo piano”, si rischierebbe di assistere a partite seguite solamente da una minima percentuale di tifosi, sia allo stadio che in tv (immaginatevi un Sassuolo-Leganes alle 16.30 di giovedì pomeriggio), per non parlare delle lunghe trasferte per l'Europa da parte di società con un fatturato di certo molto inferiore rispetto alle più blasonate partecipanti alle due competizioni maggiori.

Quello che è certo è che ci sono ancora molti aspetti da finalizzare, come la ridistribuzione in dettaglio dei ricavi, i sistemi di solidarietà, il nome/brand della competizione e il sistema di coefficienti e la strategia commerciale, previsti per la fine del 2019. Forse sarà solo allora che potremmo avere una panoramica più completa su questa nuova competizione e spingerci in analisi e valutazioni più approfondite.