"Voglio portare entusiasmo".

 

Queste le parole pronunciate da Andrea Pirlo alla vigilia della sua avventura da allenatore bianconero.

La "mission" del Maestro, al netto di un calciomercato che vede rincorrersi tante voci, sembra una dichiarazione di intenti, una vera e propria volontà espressa attraverso un parola contenitore ( "entusiasmo" appunto) che racchiude vari significati.

Affinché questa volontà si traduca in concretezza è necessario che la Juve ritrovi un "fil rouge" smarrito nelle ultime due stagioni, ossia che riscopra quei valori che hanno contraddistinto tutte le sue più luminose imprese del passato.

 

Pescando nella storia bianconera degli ultimi trent’anni, tornano alla memoria tre squadre che potrebbero rappresentare un punto di partenza per l’avventura del Maestro.

 

LA CORAZZATA DI LIPPI

Se si parla di spirito guerriero, di ardore agonistico, di senso di appartenenza a un collettivo coeso, la memoria non può che risalire alla Juventus di Marcello Lippi; in particolare a quella Juventus che tra il 1994 e il 1996 tornò ad essere regina d'Italia e d'Europa con la conquista di uno Scudetto, di una Coppa Italia, di una Supercoppa Italiana e di una Champions League.

 

Le cronache riportano a un collettivo in cui ciascun giocatore era consapevole del proprio ruolo all’interno dello spogliatoio. In quell’organico c'erano i campioni (Baggio, Del Piero, Dechamps, Vialli) ma c'erano anche i gregari, giocatori di grande personalità (Di Livio, Conte, Marocchi, Sousa, Torricelli, Ferrara, Ravanelli, tanto per citarne alcuni).

Era una Vecchia Signora vincente e convincente, una squadra che faceva bella mostra di tecnica, velocità e potenza, ma che racchiudeva al suo interno anche determinati valori: spirito di sacrificio, mutuo soccorso, senso del collettivo, rabbia agonistica.

 

I più maturi ricorderanno la partita epitome di quella cavalcata, quel Juventus- Fiorentina del quattro dicembre 1994; un match di campionato vinto dai bianconeri in rimonta, con un Vialli capitano-mattatore e un giovane Del Piero autore di uno dei gol più belli della sua carriera e, forse, della storia del calcio italiano.

 

 

LA JUVE DI CONTE: SPIRITO DI RIVALSA

Nel passato più recente troviamo la Juventus di Antonio Conte, una squadra aggressiva e combattiva, una macchina da guerra plasmata da un allenatore che aveva avuto vissuto da giocatore la gloriosa stagione Lippiana, e che non a caso ne riproponeva molti aspetti. Anche qui ritroviamo le qualità che hanno reso la Juventus grande nella storia: una tenace cattiveria agonistica unita al talento, uno spirito di squadra unito a una grande predisposizione al  sacrificio.

 

Inutile ricordare le tante sfide vinte in quelle stagioni, tutt’oggi nella mente di molti tifosi (compresi quelli più critici nei confronti dell’istintivo allenatore salentino e del suo brusco - quanto doloroso - addio).

 

DINO E LA JUVE AFFAMATA

Se risaliamo ancora più indietro nel tempo ci imbattiamo nella Juventus di Dino Zoff, una squadra sorprendente e che non ritorna spesso nelle cronache degli addetti ai lavori.

Sorprendente perché riuscì a ottenere, nella stagione 1989-90, un prestigioso bis di vittorie, nella fattispecie una Coppa Italia e una Coppa Uefa , senza avere però tra le proprie fila giocatori di primissima fascia.

 Era una Juventus di giovani quella del buon Dino, fatta di coraggio e umiltà. Tra questi ricordiamo giocatori come Marocchi, Napoli, Schillaci, Barros, Galia, Casiraghi, De Agostini.

Questi scudieri - alcuni di loro alla ricerca della consacrazione in serie A-  riuscirono, in quel venticinque aprile 1990, nell’impresa di vincere l’ottava Coppa Italia superando  il Milan degli olandesi con un gol di Galia. Un mese dopo passarono all’ incasso della seconda Coppa Uefa, questa volta alle spese della Fiorentina di Roberto Baggio.

Dino Zoff, timoniere amatissimo dai suoi giocatori, plasmò una Juventus operaia: affamata, caratteriale e grintosa, in grado di difendere con tenacia e di ripartire con velocità e fantasia. La squadra acquisì, nonostante le carenze tecniche, uno spirito straordinario, un’attitudine al sacrificio fuori dal comune che la rese in grado di regalare a società e tifosi soddisfazioni insperate.

 

Al cospetto di questi tre modelli del passato viene da chiedersi quanto la Juve di Pirlo sarà in grado di replicarli o, nella migliore delle ipotesi, di superarli.

 

 Il cambiamento passa non solo attraverso la classe e i valori tecnici, ma anche attraverso una riscoperta: quella dell’entusiasmo.