È ormai consuetudine assistere quotidianamente alla contestazione di qualche tifoseria alla proprietà della pripria squadra. Partiamo dal presupposto che il tifoso per sua natura è irrazionale e vive di passioni, ma fermarci qui significherebbe addottare una visione semplicistica della questione. I punti cardine da cui partire sono due: gli anni '90 sono finiti, l'epoca dei presidenti tifosi si è chiusa da un pezzo, le costose, irrazionali e luccicanti gestioni dei Cragnotti o  dei Tanzi non credo che a conti fatti siano propriamente dei modelli da prendere ad esempio. Secondaruamente, al giorno d'oggi le persone possono accedere ad una quantità di informazioni pressoché infinita, questo dar luogo ad un minimo di consapevolezza della realtà.

Ma, nel concreto, analizziamo un paio di stuazioni: Aurelio De Laurentis è senza ombra di dubbio uno dei presidenti più contestati della Serie A, nonostante abbia acquistato una squadra proveniente da un fallimento, nella terza serie e l'abbia portata a giocare in Europa per la tredicesima stagione consecutiva, abbia conquistato qualche trofeo in Italia e riesca a mantenere un'invidiabile solidità economica, ottenendo quindi, nel complesso, dei risultati nettamente sopra alla media della storia del proprio club. Evidentemente questo non sembra essere così rilevante, gli viene addebitato di non essere riuscito a vincere uno scudetto contro una Juventus stellare, la quale fattura il doppio rispetto al club Partenopeo, o di gestire il calciomercato con oculatezza. Razionalmente inconcepibile.

Esempi simili ne possiamo trovare un'infinità: dai Della Valle a Firenze, a Lotito a Roma per arrivare alle pur vincenti Inter e Milan, tutte le società si sono dovute sottoporre al canonico rito del "dovete andarvene", del "ci meritiamo di più", fino ad arrivare al magnifico "la società è dei tifosi". Ecco, questo proprio no, le società non sono dei tifosi, sono degli shareholder che al termine di ogni anno deve immettere capitali per coprire le frequenti perdite e che hanno tutto il diritto di compiere tutte le scelte strategiche che ritengono più giuste. Il tifoso, in quanto stakeholder, seppur particolare, ha tutto il diritto di esprimere un'opinione, di rimanere deluso o estasiato da una campagna acquisti, ma certamente non è legittimato ad interferire sull'operato avanzando pretese di alcun genere, o a piacimento ci si dimentica facilmente del "tifo al di là della categoria"?