Nel mondo dello sport esistono storie che affascinano e catturano l'immaginazione collettiva.
Oggi andrò a parlarvi di un giovane prodigio (ormai dimenticato) del calcio americano (simbolo del cosidetto "American Dream", sempre per restare in tema con il carattere degli ultimi trasferimenti soprattutto milanisti). Sicuramente i meno giovani tra voi sapranno di chi sto parlando, mi riferisco a Freddy Adu, un talento senza pari che sembrava destinato ad entrare nell'olimpo del futbòl ma così non è stato. 

Gli inizi
Freddy nasce il 2 Giugno 1989 a Tema (Ghana) ma poco dopo la sua famiglia vince una green card ad una lotteria (guarda che fortuna) e si trasferisce negli States. Sin da giovane, mostra un talento straordinario e a soli 14 anni firma un contratto con i D.C. United, diventando il più giovane calciatore nella storia della Major League Soccer (MLS). Le sue prestazioni impressionanti e la sua maturità calcistica fecero sognare gli appassionati di calcio in tutto il mondo.

La repentina (e fragile) ascesa
Il debutto di Freddy Adu nella MLS fu trionfale. Le sue doti tecniche, la velocità e la visione di gioco sorprendente lo resero immediatamente una star emergente. Adu divenne il più giovane marcatore nella storia della MLS, segnando il suo primo gol all'età di 14 anni e 320 giorni. Il suo nome si diffuse rapidamente, attirando l'attenzione di club europei di alto livello. 

Il mancato passaggio all'Inter, lo spot con Pelé e la sponsorship con Nike
All'età di 10 anni, in seguito alle convincenti prestazioni di Freddy l'Inter si fionda e mette sul piatto un'offerta monster, i dirigenti e gli scout nerazzurri sono rimasti folgorati dal talento e dalla precocità dell'americano ma i genitori rifiutano il trasferimento (il ragazzo è ancora troppo giovane rischierebbe di perdersi e bruciarsi completamente in un contesto come quello del calcio italico, bei tempi...) bene o male, da lì in poi tutte le grandi d'Europa lo vogliono.

Prima di riprendere però con la seguente narrazione mi sembra giusto citare un episodio particolare, emblematico (a mio modo di vedere) di ciò che Adu doveva essere (e non è stato), se cercate su internet troverete un filmato alquanto sorprendente, dove Freddy palleggia con O'Rey (sì proprio lui, secondo gli ideatori e gli sponsor doveva essere un "passaggio" di consegne, questo solo per farvi capire di che talento stiamo parlando) dove O'Rey alla fine si siede "simbolicamente" a sorseggiare una bella bibita ghiacciata mentre osserva Freddy palleggiare.
Per capire il livello di pressioni su di lui, basti pensare che Phil Knight, il presidente della Nike, affermò che Freddy aveva un potenziale commerciale maggiore di Michael Jordan, LeBron James e Tiger Woods. Tutto il battage pubblicitario, gli obblighi di sponsor e con la lega hanno finito per impattare fortemente sul suo sviluppo come giocatore, in un'età in cui sarebbe stato fondamentale completarlo.

La lungimiranza di Sir Alex e il passaggio al Benfica
Nel 2006, Adu ebbe l'opportunità di sostenere un provino (di 2 settimane) con il Manchester United, ma stranamente non gli venne offerto un contratto. Tempo dopo si scoprirà (anche se non è mai stata confermata questa indiscrezione) che Sir Alex considerava Freddy ancora troppo acerbo per il calcio che conta (e non si sbagliava). Già questo rifiuto doveva far capire a Freddy che forse stava facendo il passo più lungo della gamba, ma così non fu. 
Nel 2007 la scommessa in Europa la fa il Benfica: con la maglia biancorossa Freddy Adu però delude le aspettative di un calcio che invece era pronto a mettersi ai suoi piedi. Solo 2 goal in campionato e grandi dubbi sulle sue reali qualità atletiche e tecniche (gli stessi che ebbe Ferguson).

L'inizio del "vagabondaggio" (aka girandola di prestiti)
Da qui in poi, la sua vita professionale sarà un autentico girovagare di squadre e avventure in nazioni differenti: Monaco, Belenenses, Arīs Salonicco, Çaykur Rizespor, Philadelphia Union, Bahia, Jagodina, KuPS, T.B. Rowdies e Las Vegas Lights. Non segna praticamente mai e gioca ancora meno. Nel 2018 firma con gli svedesi dell'Osterlen (squadra di terza serie) e poi rescinde il contratto ancor prima di disputare la sua prima partita ufficiale, a causa di una condizione fisica non adeguata a un calciatore. 

Statistiche del "golden boy" americano
È diventato il più giovane calciatore a rappresentare la nazionale statunitense, debuttando all'età di 16 anni. Nonostante le difficoltà, ha accumulato oltre 250 presenze e segnato più di 50 gol in carriera.

Il "rimpianto" di Adu - riflessione
Lo ha spiegato qualche tempo fa lo stesso statunitense ad un podcast evidenziando come il momento che ha deciso (in peggio) la sua carriera è stato quello in cui ha deciso di lasciare il Benfica. Nel clun portoghese Adu aveva fatto abbastanza bene: 20 partite e 6 gol, con tanto di esordio in Champions League. Buoni numeri, ma poi arriva l'errore (andare in prestito al Monaco): "Lo dico col cuore, è una decisione che, potendo tornare indietro, non riprenderei mai. In una stagione abbiamo avuto tre allenatori, la squadra stava vivendo un momento così complicato che volevo solamente andarmene il prima possibile. Ma è stata la peggior scelta che potevo fare".

Anche perchè alla fine a diventare una stella del calcio mondiale non è Adu, ma un ragazzo argentino, quasi suo coetaneo, arrivato anche lui al Benfica nel 2007, un certo Di Maria, che al contrario di Adu resta al Benfica (in una stagione caratterizzata da esoneri e problemi societari) e alla fine esplode.
Chissà, magari se fosse rimasto al Benfica oggi staremo discutendo di quante champions ha vinto, di quando ha vinto il Pallone d'Oro (il primo americano a farlo), di quando ha trascinato gli States nei precedenti mondiali diventando il cardine, il fiore all'occhiello del movimento calcistico statunitense...

Con questo amici miei si conclude il primo episodio di una lunga serie (andremo fin dagli anni 30' ad oggi).
Grazie per la vostra attenzione e un altro grazie per aver trovato modo e tempo di leggere questo articolo (scritto da un malato terminale di calcio).