Il 36° (o 34°: la cosa mi interessa poco) scudetto è arrivato, la 13° Coppa Italia è arrivata, in Champions siamo usciti per colpa del bieco arbitro Oliver (e già che noi Italians con gli arbitri figli d’Albione non abbiamo una storia fortunata: molto prima di Byron Moreno e delle sue nefandezze coreane, in Cile nel 1962 fu per l’appunto l’inglese Aston ad arbitrare Cile-Italia 2-0, partita decisiva per le nostre sfortune, e tanto bene non dovette arbitrare dato che il buon Gianni Brera lo definì semplicemente “una carogna”), ma fino a quel fischio fatale del suddetto Oliver la Juve stava realizzando l’Impresa delle Imprese al Bernabeu, e insomma, dai Max, si può dire che l’abbiamo sfangata anche quest’anno, gli obiettivi sono stati raggiunti e tutto è bene quel che finisce bene.

E non mi è sfuggito che mercoledì sera, a Coppa Italia appena vinta, a Sconcerti le hai cantate chiare (persino troppo, forse), mentre ieri sera, a scudetto vinto, ti sei pazientemente sottoposto alla solita tiritera delle domande sul “bel gioco” e il “brutto gioco” (forse eri più paziente perché pensi alla barca che già ti aspetta, e alle meritate vacanze ormai prossime?), rispondendo educatamente e col sorriso a tutti. Il sorriso e la pazienza del vincitore.

Mi è piaciuto, Max, sentirti parlare di “vecchi allenatori”, e dei danni che facciamo ai bambini nelle scuole calcio.
Sentir parlare di “vecchi allenatori” mi ha fatto venire in mente le panche di legno dell’oratorio, mi ha fatto venire in mente che la domenica mattina si arrivava al campo vestiti alla bell’e meglio, si indossavano magliette di lana pesanti come il piombo, fosse stato anche giugno inoltrato, e si andava in campo mentre a bordo campo uno che poteva essere il Paron (quello vero), o il Trap (quello vero), uno che ai tuoi occhi le aveva viste tutte (anche se a malapena aveva fatto un campionato in Quarta Serie ma ai tuoi occhi quella era la Champions’ League), beh, uno così ti incitava, ti diceva cosa fare, e pazienza se ogni tanto smadonnava al tuo terzo pallone perso di fila (il don, più in là, faceva finta di niente). Troppo facile (ma anche vero) dire che quando invece dello Juventus Camp estivo, o dell’Inter Camp estivo, o del Roma Camp estivo, quando invece di tutte queste cavolate avevamo gli oratori, e i vecchi allenatori, i Mondiali li vincevamo, non li guardavamo in TV...

Sì, mi piacevano i vecchi allenatori, e non amo moltissimo i “nuovi”, che poi tanto nuovi non sono visto che il Profeta del Golfo di Napoli, se non vado errato, ha qualche annetto più di te.
Non mi piacciono gli integralisti dagli occhi spiritati che affogano tutto nella fredda logica dei numeri, che sono contenti nelle interviste post partita solo quando vincono, che non puoi mai criticarli e che quando perdono è sempre colpa degli altri. Mi è piaciuto il tuo accenno ai vecchi allenatori, all’imponderabile del calcio, alla magia di questo gioco dove puoi giocare peggio dell’avversario per 89 minuti e vincere lo stesso al 90° in contropiede (contropiede, non ripartenza).
Sentir parlare di bel gioco o brutto gioco mi dà l’orticaria, ma questo è un altro argomento, ne parleremo un’altra volta se mai ne avremo voglia.

Insomma, Max, per dirla tutta: sono dalla tua parte.
Sono dalla tua parte perché in Italia hai vinto tutto quello che c’era da vincere, e hai voglia a dire che era facile, sono dalla tua parte perché come allenatore hai uno stile che all’Avvocato sarebbe piaciuto, non sei un piangina, la butti sul ridere, sono dalla tua parte perché perdere due finali di Coppa dei Campioni, checché ne dica il signor Lorenzo Insigne, è meglio che non arrivarci affatto, sono dalla tua parte perché sei fortunato, e mi divertono i fortunati, sono dalla tua parte perché Galeone ti vuole bene, e io stimo Galeone, che con il suo Pescara stravinse un campionato di Serie B giocando calcio champagne, ma la panchina del Milan se la beccò uno che col suo Parma in quella stessa Serie B arrivò al sesto posto, infine, sono dalla tua parte perché Ancelotti no, e manco l’avrei voluto, Guardiola no, Eusebio lo vorrei ma di sicuro non viene adesso, e allora teniamoci Max, che è meglio di un calcio nei denti come si dice dalle mie parti.

Però, Max, di qualche cosa bisognerà pur parlare.
Cioè, non fraintendere, a me piace molto il concetto di “gestione”. Una grande squadra deve saper gestire, gestire il risultato, gestire la partita, gestire la stagione. Ad andare sempre dritti a cento all’ora anche quando non serve, ci si rompe le corna prima o poi, ammesso che serva. Conte non gestiva, tu gestisci, e questo è un bene.
Però, Max, a volte esageri. Quelle partite (e sono tante) in cui dopo aver fatto il gol o i gol che ci servono ci mettiamo in dieci a difendere con il povero Higuain sulla nostra trequarti sono troppe, per poter essere un caso. A Londra, dopo aver ribaltato il risultato in tre minuti con quello sprovveduto di Pochettino, ci siamo rimessi in dieci a difendere come avevamo fatto nei 150 minuti precedenti, e quanti rimpalli, quante mischie, quanti rischi abbiamo preso in quei minuti finali. Al Bernabeu abbiamo fatto la più grande impresa calcistica di tutti i tempi (esageriamo? Ma sì, esageriamo), ma dopo aver fatto il terzo gol, con un Real senza difesa e senza centrocampo (Ramos fuori e il suo sostituto poteva giocare si e no nel mio Foggia in Lega Pro, Modric e Casemiro fatti sostituire da Diego Armando Khedira), insomma, dopo aver scalato la montagna e aver fatto il più, siamo di nuovo ripiombati nell’antico vizietto di non passare la metà campo ed è finita come è finita.
Gestire va bene, ma per noi gestire significa smettere di giocare e di essere pericolosi, e noi se smettiamo di giocare e di essere pericolosi abbiamo la strana e incomprensibile tendenza a prenderlo in quel posto dove non batte il sole, perdonatemi il francesismo. Non abbiamo contropiedisti, a parte Douglas Costa. Higuain non lo è. Lo stesso Dybala, non lo è.
La Lazio è letale in contropiede (pardon: in ripartenza), Immobile ha sempre dato il meglio di sè in quelle circostanze, per questo non è adatto a una grandissima squadra. Noi no, non lo siamo.
Ecco, Max, forse il nocciolo della questione è tutto qui: perchè la tua Juve (è tua di sicuro) fa le cose migliori quando sfiora il baratro, e dopo averlo superato si ferma di nuovo aspettando il prossimo colpo? Se penso alle più belle partite della Juve in questi anni, mi vengono in mente i primi 70 minuti di Monaco nel 2016, la partita del Bernabeu, tutte occasioni in cui per svegliarci abbiamo dovuto vedere la morte (calcistica) in faccia. È solo gestione? Può essere, a centrocampo la coperta di una squadra nata per fare 4-2-3-1 e ritrovatasi presto a fare 4-3-3 è piuttosto corta e carica di anni, la necessità di rifiatare e far rifiatare ci sta. Ripeto, capisco la necessità del concetto di “gestione”, ma noi non sappiamo gestire. Non sappiamo fare contropiede (pardon, ripartenza) e a stare settanta minuti davanti alla nostra area prima o poi arriva un Koulibaly che ci punisce. 

Le sirene della Premier (e forse non solo quelle: magari a Parigi si pensa a te per dare equilibrio ai lustrini svolazzanti strapagati del PSG) ci sono, ma io credo che da buon livornese non ti dispiacerà restare a Torino un altro anno, qualche centinaio di chilometri di autostrada ed eccoti arrivato all’Ardenza, in fondo il provinciale (aggettivo a cui attribuisco un significato più che positivo) non è colui che quando il mondo ne celebra i successi pensa a cosa diranno di lui nella piazza del suo paese?

Ecco, Max, il lunedì mattina nella tua Livorno, o il giovedì notte prima di addormentarti, quando ti vengono in mente le tue “allegrate” (e quando a un cognome si aggiunge la terminazione “-ate” non è mai un bene: penso alle maldinate, le cassanate etc), insomma, in quei momenti lì, studiatela un pò meglio, avanza un po' una mezzala, fai salire un po' la difesa, che ne so, non dico che dobbiamo improvvisamente fare calcio spettacolo (sai che noia), ma neanche morire di paura in casa col Genoa 1-0 per noi, dopo autorete di De Maio al 9°...