L'era Berlusconi ha segnato il passo. Tante vittorie, tanti trofei, qualche amarezza, ma l'Olimpo è stato raggiunto.
Poi, il vuoto.
Il dispiacere più grande, per molti, è che, il vuoto era lì, dopo la cima. E chi in cima l'ha portato, giù nel vuoto l'ha costretto. Anni di trattative, con nomi e personaggi più o meno sconosciuti, presunti Paperoni d'Oriente più o meno affidabili. Valutazioni esorbitanti e poco credibili, per un prodotto, l'A.C. Milan, che, come tutte le transizioni a così ampio raggio, economico e geografico, andava gestita meglio. A partire dal management e a seguire con lo staff.
L'apice della disfatta è quello raggiunto dal Signor Li. Molti fanno fatica a capire. Molti stentano a credere, come, dopo un investimento sovrumano e una campagna acquisti, almeno in denaro, dispendiosa, tutto sia fallito nel nulla. La presa di Elliott non lasciava presagire un futuro prossimo stabile. Invece, chi di denaro vive e ne conosce tutti gli anfratti, spazza tutto con un gran colpo di coda. Via la vecchia gestione, avanti quel che mancava, con la conferma di Rino.
Qual è il pregio? Inserire quel che mancava per ripartire: l'identità. Sì, quella con la "i" maiuscola, perché il club si era smarrito nel tempo, perdendo di fatto il legante unico e indistruttibile che un club, a certi livelli, deve avere intrinseco: l'identità appunto. Allora vai con Leonardo, Maldini e Kakà. E io avrei aggiunto Tassotti, ma questa è un'altra storia.
E poi? E poi, niente: è un punto saldo di partenza. Lavorare a testa bassa. Fare le scelte giuste, dentro e fuori dal campo e gradualmente crescere. I risultati arriveranno e con essi la risalita. Per ritornare dove compete. Per esasperare questo campionato e l'Europa intera. E allora è qui che mi vien da sorridere pensando allo showman tutto tondo che è Fiorello, quando in uno dei suoi sketch gridava: chi siamo noi? Ecco, la risposta è poter riprendere a dire, seriamente: We Are AC Milan... compresa la sua identità!