Pezzo ideato e scritto per il mio amico blogger Emanuele84

Qualche settimana fa, il blogger Emanuele84 ha prodotto uno dei contenuti più belli non solo del suo intero repertorio, ma dell’intera piattaforma. Per i pochi (mi auguro) che ancora non lo avessero letto, ecco di seguito il link: https://vivoperlei.calciomercato.com/articolo/tu-chiamale-se-vuoi-emozioni. Inevitabile il riconoscimento che gli è stato giustamente assegnato, ovvero il Trofeo della Critica settimanale.

Perché parlo di ciò?
Perché è stato un articolo che mi ha realmente colpito. La qualità di scrittura è senz’altro una dote che non manca, ma la vera forza di quanto proposto è proprio l’amore viscerale di Emanuele84 che traspare da ogni singola parola. Ognuno di noi sostiene dei colori, mossi da svariate motivazioni, e spesso ci troviamo di fronte come avversari. Ciò che accomuna gli amanti di questo sport, però, è ritrovarsi in un’unica passione. Perché è realmente così. Tutti gioiamo, soffriamo, seguiamo le partite del nostro team preferito anche contro avversari storicamente considerati tali, ma sappiamo bene che anche dall’altra parte esistono persone che hanno le medesime sensazioni che proviamo noi, ovviamente tutte uniche e con sfumature diverse.
Nel brano in questione, mi sono ritrovato a riflettere sull’amore che ognuno di noi possiede per la propria squadra e quanto, a volte, si possa trasmettere questo sentimento anche all’esterno.

Proprio in virtù di quanto appena scritto, ho voluto dedicare qualche pagina alla squadra del cuore di Emanuele84, la Lazio.
È un’idea che avrei voluto sviluppare immediatamente, ma tra impegni personali e la preparazione dell’articolo per accedere al Mastersport a cui tengo particolarmente, ho dovuto protrarre questa mia piccola iniziativa.

Per me, la Lazio ha un sapore amarissimo, se penso a quella maledetta domenica di più di diciotto anni fa. Non potevo credere a quello che stava accadendo, non riuscivo a capacitarmi (considerando anche l’età) che quel tricolore inseguito tutto l’anno stava letteralmente volando via dalle mie piccole dita. Per carità, la quota di responsabilità prevalente è sempre stata assolutamente nostra, ma per gli occhi di un bambino la squadra biancoceleste ha rappresentato il simbolo di un sogno spezzato. Per anni non sono riuscito ad avere simpatia per la società capitolina, ricordando le lacrime versate per quello scudetto sfumato. Poi, con la crescita e con il trascorrere degli anni, ho ovviamente rivisto le mie rigide posizioni.

Eppure, appena un anno prima di quel 2002 in cui l'Inter perse l'obiettivo più grande, io ero ancora innamorato di «quella Lazio». Sì, lo sa bene Emanuele, ma lo sanno tutti, in fondo, di quale Lazio stiamo parlando.

Esattamente, signori, proprio quella di Sven-Göran, quella capace di poter fare appassionare anche chi tifava altro. Quella capace di sovvertire le gerarchie di una Serie A tradizionalmente dominata da tre club, in un’epoca in cui il meglio del calcio mondiale era di casa nel nostro torneo. Quella che il sottoscritto sceglieva puntualmente in uno dei primi giochi manageriali esistenti per console e pc, conducendo la compagine laziale alla conquista di tutti i trofei possibili.

Tutti conosciamo la splendida storia di un triennio memorabile per il calcio italiano. Una rosa composta da calciatori stratosferici, che insieme hanno portato nell’Olimpo i colori della società nata nel 1900.

Ecco, dunque, i cinque momenti che, a mio avviso, hanno reso leggendaria quella squadra stellare.

5) La regina del calciomercato

La Lazio è sempre stata una costante della massima serie e tra le principali protagoniste dell’intero movimento nazionale. A livello di trofei, però, non ha trovato fino al 1997 grandi soddisfazioni. La prima edizione della Coppa Italia vinta nel 1958 e lo scudetto storico conquistato nel 1973-74 sono gli unici allori conseguiti in un periodo quasi centenario.

I gloriosi anni ’90 (di cui non vedo l’ora di leggere proprio da Emanuele84) vedono crescere il rendimento della società. Già con Zeman, reduce dall’esperienza strepitosa in quel di Foggia, la squadra arrivò a giocarsi lo scudetto nel 1994-95, o perlomeno a rendersi insidioso, chiudendo la stagione al secondo posto. I successi, però, continuano a latitare, nonostante la spettacolare proposta offerta dal tecnico boemo.

Fu così che nell’estate del 1997, la Lazio svolta e si affida a Sven-Goran Eriksson, tecnico vincente negli anni ’80 e tra i più importanti di quel periodo storico.

Con la sua venuta, anche il calciomercato laziale prende una piega pazzesca.

Nel triennio con lo svedese al timone, arrivano nelle varie sessioni del calciomercato giocatori del calibro di Pancaro, Almeyda, Jugovic, Boksic, Fernando Couto, Mihajlovic, Conceicao, Stankovic, Vieri, Salas, Simeone, Veron e, dopo lo storico tricolore, anche Hernan Crespo, ad una cifra record per l’epoca, e Jaap Stam​​​​​​​. Ai succitati si aggiungano elementi fondamentali già presenti in rosa come Marchegiani, Favalli, Roberto Mancini e il futuro Pallone d’Oro, Pavel Nedved.

Quando il calciomercato entrava nel vivo, la Lazio era una delle principali protagoniste e tu sapevi che, sotto l’ombrellone, in una normale giornata estiva, ti saresti ritrovato da un momento all’altro a leggere di qualche colpaccio messo a segno dai capitolini.

Con una rosa del genere, la squadra riuscì a vincere tantissimo, anzi, forse addirittura meno di quanto avrebbe potuto.

4) Il Matador vs Gli Invincibili

Siamo nel 1999.
Michael Jordan si ritira dal basket professionistico, Benigni conquista gli Oscar e MSN Messenger, uno dei programmi di messaggistica istantanea più famosi del decennio successivo, vede la luce sul web.

Nel mondo del calcio, la Lazio ha conquistato la Coppa delle Coppe e, dunque, il diritto di accedere alla Supercoppa Europea. Avversaria per la conquista del titolo, la squadra campione d’Europa, capace di realizzare il «treble» pochi mesi prima. Una squadra guidata da uno dei tecnici più importanti della storia di questo sport, Sir Alex Ferguson, che poteva contare su elementi quali Stam, Beckham, Giggs, Scholes, Keane, Cole e Yorke. Uno scontro tra due squadre straordinarie, degne di rappresentare il meglio di quel periodo storico.

Nella cornice dello stadio «Louis II» di Monaco, la partita tra autentiche corazzate di supereroi vide prevalere la compagine biancoceleste, con l’acuto di un sontuoso Salas, il Matador. Il cileno si dimostrò uno dei colpi più azzeccati di quelle annate così colme di successi e in quella notte si erse a protagonista assoluto di una gara indimenticabile, non facendo pesare l’assenza di Vieri, trasferitosi in quell’estate all’Inter per la pazzesca cifra di 90 miliardi di lire, colpo più costoso di sempre fino a quel momento. Una partita durissima, con Simone Inzaghi (proprio lui) che dovette uscire dopo appena ventitré minuti a causa di una gomitata subita da Stam, il colosso che due anni dopo sarebbe approdato proprio nella Capitale. Ed è lì che si compie l’impresa: al posto dell’attuale allenatore subentra Marcelo Salas. La sua rete dopo pochi minuti dall’ingresso in campo ribaltò completamente i pronostici della vigilia, che vedevano i «Red Devils» nettamente favoriti per portare in Inghilterra anche questo trofeo. I cambi che avevano portato qualche mese prima a ribaltare la finale di Champions League più folle di sempre, stavolta non bastarono: la Lazio conquistò per la prima volta la Supercoppa Europea!

3) Calori e il tricolore del 2000

Il calcio, lo sappiamo, a volte dà e a volte toglie. Nel 1999, la Lazio venne clamorosamente beffata dal Milan di Zaccheroni, che scucì un tricolore praticamente già appiccicato sul petto dei biancocelesti. L’anno seguente, dopo aver battagliato per un girone intero, la Juventus di Ancelotti scavalca i biancocelesti alla ventunesima giornata e allunga, arrivando a +9 quando al termine del campionato mancano otto giornate. Ormai, sembra impossibile acciuffare l’agognato obiettivo. I bianconeri, però, perdono contro il Milan e proprio lo scontro diretto, con la rete di Simeone che riapre i giochi. Si arriva all’ultimo turno con la Signora avanti di due lunghezze sulla squadra di Sven-Göran. Serve un miracolo sportivo. E quel 14 maggio del 2000, accade.

La Lazio fa il suo, vincendo 3-0 contro la Reggina grazie ai rigori di Simone Inzaghi e Veron nel primo tempo, e dal solito Simeone nella ripresa. Nel frattempo, però, a Perugia accade l’incredibile. L’arbitro Collina decide di interrompere la gara del «Curi» sul punteggio di 0-0 per impraticabilità del terreno di gioco a causa della pioggia fortissima che cadeva sul capoluogo umbro. Dopo oltre un’ora dalla sospensione, la gara riparte, tra le innumerevoli proteste dei bianconeri, che chiedevano la ripetizione dell’incontro. La partita proseguì, e gli uomini guidati all’epoca da Mazzone conquistarono la vittoria con la storica rete di Alessandro Calori, che divenne un idolo laziale. Ventiquattro anni prima, sempre a Perugia, la Juve perse lo scudetto in favore dei cugini del Torino all’ultima giornata. La storia si ripetette, stavolta con la squadra della Capitale a festeggiare uno scudetto che pareva ormai inarrivabile. Il secondo titolo, ventisei anni dopo la prima volta, proiettò definitivamente nella leggenda lo squadrone guidato dal tecnico svedese.

Qualche giorno dopo arriverà la vittoria della Coppa Italia contro l’Inter e qualche mese dopo, sempre contro i neroazzurri, in bacheca finirà la seconda Supercoppa Italiana, ultimo alloro di un’epoca che ha segnato il calcio italiano e non solo.

2) Lo Scudetto non vinto più rimpianto di sempre

Vincere o giocare bene? Uno dei grandi dilemmi del gioco del calcio a cui è difficile trovare una soluzione veramente convincente. Tanti gli aspetti che giustificano la scelta della prima opzione, altrettanti quelli della seconda. È preferibile vincere il Mondiale oppure cambiare la concezione di questo sport come ha fatto l’Olanda degli anni ’70? Io ho un’idea ben precisa, ed è per questo che ho inserito come secondo miglior momento della storia di «quella Lazio» il tricolore incredibilmente sfuggito nel 1998/99. Per carità, Emanuele84 e tutti i tifosi laziali serberanno un ricordo incredibile dello storico secondo scudetto della loro storia, ma posso affermare con convinzione, e nessuno me lo leverà dalla testa, che la Lazio più bella di sempre è stata proprio quella beffata all’ultimo giro dal Milan di Zaccheroni. Ebbene sì, la storia di questo campionato è nota ai più: Juventus e Inter, dopo aver dato vita al duello per eccellenza del calcio italiano, spariscono dai radar del torneo, dando spazio alle grandi outsider dell’epoca, il Parma e soprattutto la Fiorentina, trascinata da un Batistuta nella sua forma migliore. L’infortunio patito dal formidabile attaccante gigliato fa perdere terreno, mentre riacquista quota la Lazio, che ritrova Nesta e soprattutto il colpo estivo post-Mondiale di Francia, Christian Vieri. La squadra laziale sembra avere il controllo del torneo, ma la doppia sconfitta contro Roma e Juventus riapre i giochi, fino a giungere al clamoroso pareggio contro la Fiorentina alla penultima giornata, che sancisce il sorpasso della squadra rossonera di Milano. La gara contro i toscani vede le reti dei due bomber principi, Batistuta da una parte e Vieri dall’altra, con quest’ultimo che colpisce la traversa nella ripresa, rimasta nella memoria dei sostenitori biancocelesti come simbolo del sogno scudetto sfumato.

Quella squadra meritava di vincere quel titolo? Sì, senza possibilità di smentita.

Io, da interista, ho visto perdere lo scudetto del 1998 e del 2002, che avremmo meritato indubbiamente, e dunque so benissimo cosa significa veder volare un titolo ormai agguantato.

Il calcio, però, ha un suo equilibrio, e proprio in quella stagione arriva una consolazione non da poco…

1) La notte di Birmingham

Ed è qui che si compie, ad avviso dello scrivente, la massima espressione della lazialità.

19 Maggio 1999.

Villa Park di Birmingham.

Pochi giorni dopo la clamorosa disfatta di Firenze, che ormai ha tolto le speranze scudetto, Sven-Göran e i suoi uomini si trovano ad affrontare la finale dell’ultima edizione della Coppa delle Coppe, storico trofeo dal fascino unico, ma ormai giunto agli sgoccioli a causa delle mutate esigenze di pubblico e sponsor.

La Lazio, per l’occasione vestita nostalgicamente di giallonero, affronta il Maiorca di Cuper, colui che tre anni dopo subirà la beffa più grande proprio contro i medesimi avversari. L’avvio di gara è intensissimo: il colpo di testa di Vieri (neanche a dirlo) viene immediatamente pareggiato da Dani.

La partita è tesissima, pare ormai avviata verso i tempi supplementari, ma un guizzo dal limite di Pavel Nedved, stella luminosa del team, porta davanti i capitolini. Il finale è in totale sofferenza, prima del triplice fischio: è finita! Per la prima volta, la Lazio e la città di Roma conquistano un trofeo UEFA! Per quella notte, la delusione dello scudetto viene accantonata: c’è solo da alzare quel trofeo, ottenuto con una cavalcata straordinaria.

In quella serata di ormai ventuno anni or sono, la Lazio ha dimostrato a tutti chi era.

La vittoria del trofeo porterà alla disputa della Supercoppa Europea contro il temibile Manchester United. La vittoria di cui scritto in precedenza certificherà il definitivo salto di qualità della squadra, tanto che Sir Alex Ferguson dichiarerà a fine partita: «Abbiamo perso contro la squadra più forte al mondo».

E se lo dice lui, c’è da credergli.

La Lazio, nel 1999, è stata la squadra più forte del pianeta.
E non c’è null’altro da aggiungere.


Indaco32