Una vita da mediano, non sono solo le parole di una canzone, o uno dei vari ruoli che si possono ricoprire in questa o in quell'altra zona del campo. E' il riuscire a trasmettere sul quel prato verde, quello che si è nella vita di tutti i giorni. Tenacia, cuore e quella voglia di non mollare mai. Il mediano è aggressivo, spezza la manovra avversaria ti fa "sentire il fiato sul collo" e spesso ti "morde alle caviglie"; queste le frasi più gettonate dai telecronisti. Il mediano ha un ruolo oscuro, specie se gioca in una squadra blasonata devota all’ attacco; e si perché lo vedi soprattutto sui contropiedi avversari, sui capovolgimenti di fronte, è il "tappa buchi", recupera palla e se non ci riesce sa già che vedrà correre da se, l'arbitro con un cartellino giallo in mano. Deve fermare l’azione avversaria in tutti i modi, si spera senza fallo, per poi far ripartire la manovra, cedendo successivamente il pallone, ai cosiddetti giocatori dai piedi buoni. Oggi il centrocampista che più si avvicina a queste caratteristiche, viene definito con un'espressione che tutti abbiamo sentito almeno una volta nella nostra vita: "E' un giocatore con più quantità che qualità". Se si dovesse fare un tuffo nel passato, tutti gli amanti del calcio troverebbero nei cassetti della memoria il ricordo di un calciatore che in quel ruolo ha fatto la differenza. Tra questi c’è né uno che a cavallo degli anni '70 e '80, ha vestito la maglia della Juventus e risponde al nome di: Giuseppe Furino. Giocatore che detiene ancor oggi il record per il maggior numero di campionati italiani vinti tutti con la stessa maglia. Vladimiro Caminiti lo definì: "Nano portentoso". Compensava i suoi limiti fisici, con infinita caparbietà, polmoni d'acciaio e generosità nell'aiutare i compagni in qualsiasi zona del campo. Diventò uno degli uomini simbolo della squadra di Torino tanto da indossare la fascia di capitano. E' la prova che si può essere amati anche senza indossare il 10 sulle spalle; non serve necessariamente possedere qualità eccelse, per entrare nel cuore dei proprio tifosi. Oggigiorno, in quello che tutti definiamo il calcio moderno, si fa fatica a vedere in campo la figura di colui che un tempo indossava la maglia numero 4. Ora si predilige la fase offensiva a quella difensiva, si deve fare un gol in più rispetto all'avversario, tutti attaccano e tutti difendono; è l'espressione del calcio totale e per questo tipo di calcio, non c'è posto per il mediano, che per la prima volta, è preso in contropiede. Questo è il risultato del cambiamento della filosofia di pensiero del gioco calcio e la si assapora già nelle scuole e nei vivai, dove si ricerca e si puntano gli occhi, sul baby fenomeno di 17 anni, senza accorgersi che li accanto c'è un ragazzino, tutto sudato, che come canta Francesco De Gregori, ha messo il cuore dentro alle scarpe e ha corso più veloce del vento.