Fino a qualche settimana fa al Milan si era verificata una coincidenza che non vedevamo da anni, e cioè la presenza in contemporanea di due uomini forti: Boban ed Ibrahimovic.
La loro presenza andava al di là delle competenze tecniche o delle qualità dirigenziali, riguardava soprattutto la loro innata capacità di dire le cose come stanno ai vari Gazidis, Scaroni o gruppo Elliott. Boban è stato cacciato per questo, per aver detto che prendere Rangnick e farlo trapelare in quel modo e con quelle tempistiche era da dilettanti. Ci sarebbe da chiedere a qualcuno cosa ci ha guadagnato il Milan a privarsi in modo forzoso dell'unico dirigente di spessore, quando invece i piani alti sono occupati da una quindicina di figuri impalpabili e probabilmente del tutto inutili sul piano sportivo.

Poche settimane fa il reduce Ibra sverniciava Mr Gazidis davanti a tutta la squadra: non gli era andato giù l'allontanamento di Boban, la gestione degli stipendi, la non pianificazione sportiva.
Zlatan è l'unico patrimonio caratteriale che abbiamo oggi in società, oltre ad essere un fuoriclasse indispensabile anche a 39 anni ed una spina nel fianco per tutti quei giocatori che non danno il 110 per cento. Un patrimonio inestimabile che pochissime società al mondo possono vantare: nessun allenatore ha l'imprinting dello svedese sulla resa della squadra.

Mr Pioli è un signore fin troppo educato e mite per andare un piano più in su in via Aldo Rossi e dire che Calabria sulla fascia destra fa ridere i polli, che Kessié ha bisogno di un ricambio credibile (come Bennacer) per rifiatare, che lo stesso Ibrahimovic non può fare il centravanti per tutta la stagione senza un aiuto e sempre che venga riconfermato. Questione di DNA. Ma Zlatan di fronte ad un temuto mercato stile geometra (siamo a posto così), non starebbe certo in silenzio.

I prossimi giorni a tal proposito saranno cruciali: dal prolungamento o meno dello svedese si vedrà chiaramente il livello di buonafede di questa società, la sua reale volontà di operare seriamente sul mercato, la disponibilità ad allestire una squadra che possa competere per il titolo.
Spacciare un sesto posto per una vittoria scudetto, sto notando in questi giorni, fa parte del rintronamento reiterato da anni nei confronti di un tifo che non ha più nemmeno la spina dorsale per reagire, o almeno non ce l'ha nella sua maggioranza. Non aver ancora parlato con Raiola, ammissione dello stesso svedese, significa che siamo ancora ad una pericolosissima improvvisazione, che il sudafricano rischia di volersi vendicare della sceneggiata come lo ha fatto con Boban, per un mero, ottuso scatto d'orgoglio. Quello che qua non si vuole capire è che non siamo pagati per perorare le vendette personali di Gazidis e la perdita di Ibra sarebbe un terribile passo indietro di mesi, sotto tutti i punti di vista.
In rari casi la storia del calcio ci ha regalato uomini in grado di cambiare il corso degli eventi, di trasformare Nocerino e Kessié in veri giocatori...: tutta la differenza del mondo! Occhio, dunque, ai mediocri di cui siamo pieni e di cui faremmo volentieri a meno.