La partita di ieri sera non è una partita come le altre, è una partita che va capita e in certi aspetti deve essere ben interpretata perché il risultato dell'Olimpico ci ha consegnato diversi verdetti, tutti fondamentali. Questa Lazio non è nata ieri, ma rappresenta il frutto di 4 anni di lavoro che pezzo dopo pezzo hanno aggiunto qualità e valore a questa rosa, cosa non facile, e per alcuni impossibile. La vittoria della Lazio non deve essere vista come la vittoria su di una concorrente per lo scudetto, né come la rivincita per lo scontro di due anni fa, bensì come il coronamento di 4 anni di lavoro che sono sotto gli occhi di tutti e che potrebbero segnare quest'anno, questa vittoria, come anno zero di una nuova Lazio più vicina a quella leggendaria del 2000 che a quella del post Cragnotti. Nonostante la dirigenza e la squadra continuino nell’affermare che "prima bisogna pensare alla Champions poi il resto si vedrà", oramai non si nasconde più che certe parole, che "una certa idea" abbia iniziato a divenire più di un flebile sogno. Se ne sentì parlare ad inizio campionato scatendando ilarità e venendo interpretata come uno sprone per evitare il ripetersi della stagione precedente (conclusa, al netto della Coppa, all'ottavo posto). Ma giornata dopo giornata, mese dopo mese ecco che quell'idea inizia a divenire sempre più concreta fino ad arrivare ad oggi dove sembra diventato, anche se non dichiarato, un obiettivo: lo scudetto!

Partita che vede sfidarsi la seconda, alla pari, e la terza non solo per i tre punti ma per il quasi certo titolo di "anti-Juve". Questo è un esame importante per la Lazio, esame che in passato ha sempre fallito e proprio questo è il primo verdetto della partita; il bel gioco della Lazio non è una scoperta come la qualità di alcuni suoi interpreti ma, a parità di giocatori, in passato queste partite che dovevano lanciare la squadra romana in un entusiasmante finale sono state sempre fallite, lasciando più volte i biancoazzurri con l’amaro in bocca. Da quest’anno la Lazio grazie soprattutto ad un lavoro di crescita non solo tecnica, ma anche mentale, ha finalmente acquisito coscienza di sé facendo quello scatto mentale che tanto serviva: la Lazio quest’anno ha capito di essere una grande. L’ha capito e l’ha dimostrato sempre perchè non è scontato vincere a Cagliari, non è scontato soprattutto andare sotto 1-0 in casa con l’Inter e vincere in rimonta. Questa Lazio ha fatto finalmente quel passo mentale in avanti acquisendo una mentalità da grande squadra.

Il secondo verdetto è del fatto che, grazie a Dio, il calcio non è solo soldi ma soprattutto volontà. Volontà di un presidente che 15 anni fa salva la Lazio dal fallimento avviando un progetto di crescita, un progetto profondamente differente, fatto non a suon di milioni ma di uomini. Noi tendiamo ad esaltare i giocatori, ad esaltare Tare che li riesce a scovare e Inzaghi che riesce a farli esprime, ma ci deve essere una considerazione a monte di tutto: che Tare e Inzaghi, i due che fra i tre prendono più onori dai riflettori, sono invenzioni di Lotito. Entrambi giocatori della lazio, entrambi attaccanti e simili per l’epilogo della loro carriera ovvero portati da Lotito al ritiro per essere reindirizzati, su sua intuizione, in altri percorsi. Così è stato per Tare e così per Inzaghi. Il risultato? Una Lazio che brilla grazie alle intuizioni migliori del suo presidente. La partita di ieri è una partita anche dei numeri, in particolare due: 25 e 170, che rappresentano i milioni spesi per il mercato rispettivamente da Lazio ed Inter, rappresentativi anche della differenza abissale tra le possibilità economiche delle due squadre. Io credo che nonostante degli errori quella di Lotito sia una grandissima impresa, perchè spendendo cifre irrisorie rispetto alle squadre con cui compete ha realizzato una squadra in grado di lottare per lo scudetto e questo è forse il verdetto più importante, dimostrando che i soldi sono solo una parte del calcio e che le cose importanti sono altre!

Ieri, infine, è stata la sfida dei due massimi interpreti, in Italia, del 3-5-2: Conte e Inzaghi. La vittoria non deve portare e vedere il singolo evento ma deve essere visto come massimo punto del lavoro del tecnico piacentino. Il primo, e il più bello, è lo stadio. Quando Inzaghi arrivò sulla panchina della Lazio lo stadio era frequentato dai soliti 13mila, 15mila tifosi: oggi ogni partita lo stadio è esaurito. Un popolo in festa segue ovunque questa squadra riempiendo l'Olimpico e i vari settori ospiti in tutta Italia. Questa è una Lazio che sotto la firma di Tare, porta quella di Inzaghi, perchè Acerbi, che guida la miglior difesa d'Italia, fu espressamente richiesto da Inzaghi, così come Immobile primo nella classifica marcatori e della Scarpa d'oro, ma come anche Lazzari e soprattutto Caicedo! Inzaghi ha preso il mondo Lazio e l’ha ricostruito sui resti della Lazio di Cragnotti. Partendo anche da un lavoro che è stato in grado di fare su se stesso: non scordiamoci che Inzaghi allena tra i professionisti da soli 4 anni ed è già uno dei migliori tecnici in Italia. In questi anni ha fatto molti errori ma da questi impara maturando al pari della squadra.

Questa Lazio non è più quella degli altri anni, quella del "potrei ma non ci riesco mai", questa Lazio è diversa, è un'altra Lazio, e ieri il campo ha dimostrato questo. Questa Lazio non so come finirà la stagione, di sicuro con queste premesse il suo futuro non può che essere roseo, ma il verdetto migliore del campo è stato che ogni laziale, anche il più pessimista, a fine partita, guardando quello stadio e quei giocatori ha pensato: "Sì, possiamo farcela!"