"Wolves Champions of the world, now". Daily Mirror. 14 Dicembre 1954. Sembra incredibile, ma cosa è successo veramente? Per comprendere l'entusiasmo e la enfasi dell'opinione pubblica d'Oltremanica, è bene fare un passo indietro.

Restiamo in Inghilterra e più precisamente spostiamoci a Wembley, il Tempio del Football. E' il 25 Novembre 1953 e la Nazionale dei Tre Leoni si prepara ad affrontare l'Ungheria. Tutto, tranne che una squadra banale: Sebes in panchina, Hidegkuti, Grosics, Kocsis, Czibor e soprattutto il "Colonnello" Puskas in campo. Una formazione che resterà scolpita nei libri di storia, ricordata come l'Aranycsapat, la squadra d'Oro, capace di infilare 32 vittorie consecutive tra il 1950 ed il 1954. In mezzo l'Oro Olimpico di Helsinki 1952 ed alla fine di un ciclo incredibile la sconfitta, dai contorni poco chiari, nella Finale del mondiale svizzero del 1954 contro la Germania Ovest.

Ma torniamo a Wembley. Centomila persone sugli spalti, un'atmosfera da evento epocale, confermata durante i novanta minuti in campo. Il tabellone, al triplice fischio finale è eloquente: Inghilterra 3 - Ungheria 6. I Maestri del Football, che fino a quel momento si ritenevano la miglior scuola calcistica al mondo, furono letteralmente umiliati! E sei mesi, giusto per togliersi ogni dubbio, chiesero ed ottennero una rivincita, al Nepstadion di Budapest: finì 7a1. Discorso chiuso.

In entrambe le occasioni la fascia di Capitano dell'Inghilterra se la infila al braccio William Ambrose, detto "Billy", Wright. Stopper d'altri tempi, verrebbe da dire; il primo a tagliare il traguardo delle 100 presenze con la casacca della Nazionale, con la quale mette insieme tre Mondiali tra il 1950 ed il 1958. Un Monumento, in senso figurato, per il calcio inglese. Qualcosa di più per i Wolves che al Molineux, lo stadio di casa, hanno prima costruito la "Billy Wright Stand" e poi ci hanno piazzato davanti una statua del Capitano. Uno che in vent'anni ha collezionato più di 500 partite, senza mai vedersi sventolare in faccia un cartellino.

E così arriviamo al 13 Dicembre 1954. Cambia lo scenario, da Wembley si passa al già citato Molineux, ma l'aria che si respira, da grandissima sfida, è sempre la stessa. Il Wolverhampton è Campione d'Inghilterra in carica: con Stan Cullis in panchina i Wolves hanno infatti appena conquistato il primo titolo della loro storia, strappandolo dalle mani dell'Arsenal e chiudendo con quattro punti di vantaggio sul West Bromwich Albion (al ventiduesimo, nonché ultimo posto in classifica, troviamo nientemeno che il Liverpool, retrocesso in Second Division...).

Ma il Presidente Jimmy Baker è uno che pensa in grande e inizia, con una cinquantina d'anni di anticipo, una sorta di campagna di marketing. Organizza una serie di amichevoli in notturna che hanno l'obiettivo di far conoscere i suoi Wolves anche al di fuori dei confini nazionali. Al Molineux si presentano in tanti e, praticamente tutti, perdono, tra questi anche il Real Madrid di Alfredo Di Stéfano. Non resta che sfidare i migliori. Sugli spalti si accalcano 55000 persone e la partita viene trasmessa sia in diretta radiofonica, che in diretta televisiva sulla BBC. Tutti, ma proprio tutti, vogliono ammirare la Honved di Budapest che, di fatto, forma la spina dorsale della Nazionale ungherese.

Per l'occasione i Wolves inaugurano il nuovo impianto di illuminazione e sotto i fari spiccano le casacche dorate di Billy Wright e compagni. Ed è proprio Capitan Wright a stringere la mano all'omologo ungherese, quel Ferenc Puskas già incontrato a Wembley ed al Nepstadion. Pronti-via, e la storia sembra ripetersi: passano solamente quindici minuti e gli ospiti sono già avanti di due reti con Kocsis e Machos. Ma nella ripresa cambia tutto. Hancocks conquista e trasforma il rigore dell'1-2 e poi ci pensa Roy Swinbourne, altra Leggenda dei Lupi, a ribaltare il risultato con una doppietta.

"Wolves Champions of the world, now".

Una volta battuti i più forti gli inglesi, sempre piuttosto sobri nei commenti, si ergono a Campioni del Mondo. Ma non tutti sono d'accordo, anzi, e tra questi c'è un certo Gabriel Hanot, inviato dell'Equipe. Ed è proprio in quelle ore che nasce l'idea di organizzare un torneo tra le migliori squadre d'Europa. Un'idea che, grazie anche alla spinta di Santiago Bernabèu, padre e padrone del Real Madrid, diventa realtà pochi mesi dopo.

Nasce così la Coppa dei Campioni.