Mamma mi hai stirato la camicia di Bagutta? E quella Oxford? Pure i (miei adorati) jeans “orange tab”? Si, ho stirato tutto, anche la roba tua. Ma perché me lo chiedi? Mica puoi metterti tutto insieme. Perché stasera parto, vado a Palermo! A Palermo? Ed a far cosa? Ho promesso a Marco che avrei ricambiato la visita e stasera parto. Mamma non può dirmi di no; l’esame di lunedì scorso è andato bene, il 28 è stato apprezzato ed adesso “passo alla cassa” e riscuotere il giusto premio di una settimana senza rottura di palle universitarie e poter fare una pazzia. Papà acconsente senza protestare ed alle 11, di sera, mi porta in stazione e mi regala pure il biglietto.

Il treno arriva in perfetto orario, ma è pure la “settimana santa” e definire affollato l’espresso FFSS 9471 significa quasi volergli fare uno sgarbo e mancargli di rispetto: non siamo addossati… siamo disposti a strati come le alici sottosale di Mazara!
Nello spazio fra la porta del vagone ed il wc, che è anche l’unico posto in cui in cui riesco ad infilarmi, siamo in 14 e non c’è nemmeno la possibilità di sedersi. Tutti in piedi!
L’indomani mattina alle 9, praticamente in coma muscolo-scheletrico, arrivo alla stazione centrale di Palermo e Marco è lì puntuale alla testa del binario. Stretta di abbracci a go-go e via verso casa sua.
Rina mi accoglie come sempre calorosamente e con la ampiamente prevista raffica di domande che al  paragone gli interrogatori della Stasi riescono a sembrare l’incontro delle amiche per il Tea delle five. Il terzo grado per mia fortuna finisce per esaurimento argomenti e anche perché…non confesserò nemmeno sotto tortura quello che cerchi di estorcermi! La colgo in un raro momento di disattenzione ed approfitto per spostarmi in terrazzo; non lo ricordavo così bello il terrazzo della casa di Casteldaccia ed oggi la giornata è pure splendida. Quasi naturalmente ne rimango affascinato: il golfo di Palermo alla mia sinistra e Cefalù a destra riesco a vederli benissimo… il mare… l’aria tiepida… il lettino reclinabile… mi ci appoggio sopra un istante per riposare le ossa che urlano, anche a 20 anni, il dolore di 10 ore di ospitalità dell’espresso 9471!
Ovviamente mi sveglio dopo tre ore e subito compare Guido col caffè; lo sorseggio e chiedo se posso chiamare casa per rassicurare. Certo che puoi, ma ti pare cosa da chiedere? Faccio il numero velocemente, poche parole, e abbasso la cornetta. Fatto già? Potevi passarmi mamma un attimo però, non ci sentiamo da tanto…: non è passata  mezz’ora da quando “ho messo giù” ed il campanello della porta suona; sono ancora in terrazzo ma mi arrivano comunque le voci dal corridoio: e tu qui che ci fai? Sapevo che arrivava Franco e sono venuta…dopo qualche istante mi raggiungono e lei, la sopraggiunta, mi fa un sorriso e ciao con la mano. Iniziano a parlare fra di loro e Guido avverte le due rappresentanti del gentil sesso che deve allontanarsi per lavoro, saluta e va via. Le ascolto parlare; non ne sono certo, non capisco benissimo il siciliano, ma credo d’esser diventato l’argomento principale della loro discussione e Rina, dopo un’occhiata valutativa a me rivolta, pronuncia qualcosa del tipo “che beddi capiddi, niri niri…è proprio graziuso”. 
Non credo di essere arrossito ma sono in comprensibile imbarazzo. Poi finalmente “lei” si gira verso di me e ridendo dice: vuoi farmi aspettare ancora tanto o riesci a farti una doccia e a cambiarti in 10 minuti che andiamo a farci un giro a Palermo? Rina mi fa cenno col capo che ho la sua complice autorizzazione ad abbandonare la casa e che ha compreso benissimo le nostre priorità ( quando le donne decidono di essere intuitive, non ce n’è per nesssuno!!!). Schizzo letteralmente dal lettino e… dopo undici minuti sono lavato, stirato, profumato e già seduto accanto a lei nella 500 che ha sottratto alla mamma per diventare la mia “cicerona (è sicuramente femmina, quindi Cicerona) palermitana IGP”.

Finalmente sono libero di guardarla e mi sembra che in dieci giorni non sia cambiata molto, o forse sì…è, se è possibile, ancora leggermente più bella: scarpe da tennis, jeans, maglietta, giubbino, magra ma non troppo, caschetto biondo scuro che s’intona benissimo agli occhi verdi e le labbra, carnose il giusto, sono sempre di color “rosso che piace a me”.
La guardo e penso: Dio mio, sei proprio bella
e non fai nulla per metterti in mostra; fra quattro anni Vasco scriverà “Alba Chiara” e te la dedicherò ma adesso, per ovvie ragioni, non posso ancora.  
Parcheggia nel centro storico, nelle vicinanze di un giardino pieno di verde e decide che il mio percorso d’apprendimento debba iniziare da lì: questa è la Kalsa, mi fa, uno dei quartieri più antichi e ricchi di storia di Palermo; infatti il suo nome viene dall’arabo e significa “l’eletta”, siamo precisamente nel Giardino Garibaldi; sai, continua seria, qui uccisero Joe Petrosino e quell’enorme pianta che vedi è un ficus macrophylla.
Cammina sempre con passo svelto e mi porta a Palazzo Abatellis a vedere la “Concezione” di Antonello da Messina. Ti piace? Non trovi che il viso della Vergine sia modernissimo? Addirittura contemporaneo direi…la guardo, sorrido ed annuisco e forse ha capito pure quel che non ho detto: si, ma tu sei più bella e sei pure vicina-vicina.
Dai, facciamo presto che chiude…ti porto a vedere una chiesa! Io? A vedere una chiesa? Non ci entro da quando si è sposata mia sorella (10 giorni) ma prima di quel felice evento…avevano sentito la mia mancanza ultra decennale.
Vabbè, facciamolo sto sacrificio, entriamo in chiesa se vuoi, sono disposto a seguirti verso l’infinito ed oltre pur di vederti sorridere…ed invece mi rendo conto di essere un vero somaro perché la “Chiesa dello Spasimo” mi emoziona per davvero. Mi spiega che prima fu un’importante chiesa del dominio spagnolo per poi divenire un lazzaretto durante la pestilenza del ‘600; certo è che un albero al centro della navata principale, priva di soffitto e da cui entra ancora qualche raggio del sole che sta tramontando e che di sbieco illumina il pavimento… non l’avevo mai visto!
Sei felice d’avermi emozionato e ridi contenta, però la spinta che mi dai con la mano, forse sbaglio, ma assomiglia ad una carezza.
Dai, muoviamoci, ho ancora tante cose da farti vedere entro stasera…e via quasi di corsa verso Ballarò,  Piazza Pretoria (sai, qui si chiama piazza della vergogna a causa della nudità delle statue), Palazzo delle Aquile, la Martorana la mia guida è diventata un turbinio inarrestabile!
Si placa all’improvviso come colta da una folgorazione e mi pianta curiosa e preoccupata quei due smeraldi in piena faccia: ma non è che ti senti stanco? Noooo (anche se, in tutto, ho dormito tre ore) però ho fame, non mangio da ieri! Detto fatto. Dopo cinque minuti siamo seduti ad un tavolo con tovaglia a quadri bianchi e rossi. Sai, mi dice, questa è una focacceria fra le piu antiche di Palermo e poi porta anche il tuo nome aggiunge ridendo! Divoro il mio “pane ca meusa (me ne porta un altro, per favore?)” mentre lei addenta contenta la sua mafaldina con le panelle. Brrr, ho un po’ di freddo, mi dice uscendo dal locale e le do subito la mia felpa Elvstrom blu  per farla riscaldare; non ci siamo ancora, continua sorridendo…dammi pure la mano, le tue sono sempre calde (ma come fa a saperlo? E da quando?). Gliela stringo subito con la maggior dolcezza di cui sono capace e, del resto, non aspettavo altro da dieci giorni. Dai Cicerona adesso dove mi porti? A casa a dormire; domani ho lezione alle 8, e mi vieni a prendere all’università alle 12; fatti dare la macchina da Marco (tranquillo, lo sa, è d’accordo) che io sto senza e sii puntuale…

Scende la scalinata quasi correndo, mi ha visto subito e vengo ripagato per la puntualità da un ciao e dalla solita spintarella “carezzesca”. Dormito bene? Questa è Paola la mia miglior amica…ciao piacere…mii, mi fa l’amica del cuore, hai i capelli “niri niri”, quasi blu, e pure le lab…Paola non riesce a completare la frase perché la mia “dolce” guida emette un “silenzioso” ruggito che avvisa “l’amica del cuore” che, se non l’avesse visto, “beddi capiddi e lab…” ha bene in mostra il cartello con su scritto “proprietà privata-divieto di caccia”.
Paola batte in ritirata per evitare danni fisici (una zampata può sempre scappare) e c’incamminiamo per via Libertà con breve disgressione nel Giardino Inglese. Si ferma subito però. Stavolta è lei ad aver fame. Ti va una brioche con gelato? Certo che “si” ed arriviamo in via Principe di Belmonte.
E’ tutta intenta a mangiare il gelato ma le danno fastidio i capelli mossi dal vento; le arrivano sugli occhi e sulle labbra. Le tolgo quella ciocca di seta bionda che la importuna e, anche se volessi (ma non voglio), non posso fare a meno di sfiorarle il viso con le dita. Il bacio di risposta che mi stampa inaspettatamente fra guancia e labbra è così dolce che il cioccolato e cassata della mia brioche, al paragone, scompare e quel fantastico imprevisto quasi mi fa sbandare.
Corriamo via dal centro di Palermo…questo a sinistra è il Teatro Massimo e questo a destra il Politeama, gira a sinistra poi subito destra, ora sempre dritto e adesso fermati un attimo che siamo davanti a Santa Rosalia e ci vuole una preghiera per entrambi. Adesso guido io che facciamo prima e conosco la strada. Le cedo il volante ed in pochi minuti siamo al mare.
Ecco, mi fa sorridendo, siamo a Mondello. Lasciamo le scarpe in macchina ed iniziamo a camminare sulla spiaggia. Stiamo zitti entrambi ma stiamo comunicando in maniera intensissima; ed infatti… ehi, diciamo insieme, ma quella cabina è aperta… ma poi il Nobel al tizio che ha inventato i contraccettivi gliel’hanno dato?
E sarà così per i giorni numero 3…4…5… Ciao meravigliosa Palermo!


Mia moglie mi chiede ancora una volta che tipi sono questi che ci hanno invitato a cena. Tranquilla, non mordono, anzi sono molto affettuosi, vedrai ti metteranno a tuo agio e…cucinano anche bene (il che non guasta). Come si chiama la torta che abbiamo preso? Al gelo di melone? Speriamo gli piaccia…Drin-drin-drin…la porta si apre e... ciao Franco come stai? Questa è sicuro tua moglie…piacere, sei ancor più bella di come sei in foto. Franco, ma perchè mi guardi sorpreso? In fin dei conti sono parenti più miei che tuoi e mi sono autoinvitata, mangio spesso qui.
Il balcone è aperto come la porta e la corrente d’aria le scompiglia il caschetto biondo scuro ed i capelli le finiscono sugli smeraldi e sulle labbra rosse “come piacciono a me!” e puntuale arriva pure la solita spintarella… “I’m not in love, so don’t forget it, it’s just a silly phase i’m going through…”: Ma è mai possibile che questa canzone di quasi quarant’anni fa sia ancora così ascoltata?

 

P.S. la ragazza in foto non è lei!