Virgilio Maroso ebbe il dono di assegnare eleganza e semplicità a tutti le cose meravigliose che faceva.
Nei rari filmati degli Invincibili, si può scorgere, di tanto in tanto, la figura di Maroso, anche solo di sfuggita: con l’eleganza dei movimenti, con le finte, con la sua visione di gioco dimostrata con lanci calibrati, si intuisce il valore di quel terzino sinistro, fra i migliori al mondo come lo definiva Vittorio Pozzo,
Era il più giovane fra i titolari, ed è per questo che emoziona parlare di lui più degli altri, di quel Campione, quasi un ragazzo, appena sposato, che doveva schiantarsi con tutti i suoi compagni su quella collina.
Questo, per lui, accadde solo perché aveva voluto partecipare a quella trasferta per accompagnare i suoi amici, pur sapendo di non poter giocare in quanto infortunato. Avrebbe dovuto sostituirlo Sauro Tomà, ma, a sua volta) si era infortunato al menisco ed il Medico Sociale non aveva dato per lui benestare alla trasferta. Così partì Maroso.
Virgilio Romualdo Maroso
(Crosara di Marostica,(VI) 26 giugno 1925 – Superga, 4 maggio 1949) ha giocato da difensore. Considerato uno dei migliori terzini del calcio italiano e dei difensori europei della propria epoca. Nella tragedia di Superga, non aveva ancora ventiquattro anni.
Da Crosara di Marostica  si traferisce molto giovane a Torino con tutta la famiglia, emigrata in Piemonte in cerca di occupazione.

Il giovane Virgilio si dedica ben presto al calcio e rapidamente diventa uno dei giocatori più interessanti delle giovanili, già pronto, fin da subito, per la prima squadra. A notarlo, intuendo le sue grandi doti, è Mario Sperone, ex giocatore granata torinista, che lo porta al Torino.
Molto tecnico e rapido, è dotato di un notevole senso tattico, come dimostrano i suoi interventi sempre puntuali e il suo spiccato senso della posizione.
I suoi grandissimi mezzi tecnici gli consentono di realizzare giocate e disimpegni propri di un grande centrocampista, anche grazie ai suoi esordi da mediano. Per questo non spreca mai un pallone, cercando sempre di giocare la palla verso i quattro centrocampisti.
La sua arma principale era l’anticipo, mentre nei recuperi, grazie allo spunto in velocità, superava l'avversarava e poi saltava l’avversario con un “sombrero”, come si direbbe oggi, per ripartire in affondo.
Le sue esperienze pregresse gli permettono di interpretare il ruolo in maniera moderna per i tempi, anticipando il concetto di diagonale difensiva, ponendosi altresì come utile elemento in termini di costruzione del gioco. Nel calcio di qualche anno fa sarebbe stato un battitore libero straordinario.
I suoi modi non sono mai rudi, ma eseguiti con ottimo tempismo ed eventualmente con dribbling se pressato. Maroso diviene presto una promessa, anche considerando il  prezzo d’acquisto di 100 lire preteso dalla squadra del Doglia, in cui giocava, quando il Torino decise di acquistarlo.

Il presidente Novo ritenne inizialmente la spesa eccessiva, ma ebbe presto modo di ricredersi, affascinato dal modo di giocare di Maroso.
Maldo era un terzino sinistro molto corretto, dai mezzi fisici e tecnici sbalorditivi, cresciuto calcisticamente proprio nel florido settore giovanile granata. Opponeva agli avversari tutta la sua agilità, il suo gioco di gambe e soprattutto la sua tecnica sopraffina. Molto abile in fase di spinta eccelleva nella fase offensiva. Le sue attitudini lo rendevano adatto anche per altri ruoli, per esempio quello di mediano davanti alla difesa, in cui talvolta fu impiegato.
Nel 1946 Maldo entrò in prima squadra, ma il Torino lo mandò a farsi le ossa nell’Alessandria di Baloncieri che contribuì non poco allo suo sviluppo tecnico.
Tornato al Torino, era talmente forte che i tifosi non potevano accettare che si discutesse il primato di Valentino Mazzola su ogni altro calciatore del mondo, e quindi anche su ogni altro calciatore granata. Però di Maroso dicevano che era “un'altra cosa”.

E in ogni partita Maroso offriva almeno un poker di altre cose: una magia artistica tipo dribbling estremo in area di rigore; un'uscita di mischia, palla al piede e testa alta, con gli avversari prima messi a terra dalle sue finte e poi impietriti dal suo tempismo; un colpo di testa che era un passaggio intelligente, anche un'acrobazia. Mai una scorrettezza.
Il suo stile era inimitabile: pareva obbedire a misteriose leggi di armonia e perfezione, a vederlo giocare dava l’impressione di essere un’opera d’arte. Pareva danzasse piu che giocasse a calcio,
In quella stagione si impone subito come titolare inamovibile sulla fascia sinistra.
Nello spogliatoio il suo soprannome diventa il Cit (il piccolo), essendo il giocatore più giovane della rosa, Nonostante questo Maroso effettuò 35 presenze nel campionato 45-46.
Nessun attaccante, anche bravo, giocava volentieri contro Maroso. Non commetteva mai falli, con un fisico robusto ma non roccioso, eppure si ergeva insuperabile. Era meglio “darle e prenderle” con Ballarin che rischiare figuracce con Maroso.
Nessuno poteva rubargli il posto se non i suoi frequenti guai fisici misteriosi che lo costringevano a lunghe soste.
Il Torino gioca con il classico Sistema, che prevede un trio di difensori formato dallo stesso Maroso a sinistra, Mario Rigamonti al centro ed Aldo Ballarin a destra, fortissimo baluardo su cui poggiava il resto della squadra che spinge una fase offensiva a tutto campo molto incisiva. Questo estremo baluardo doveva però dare sempre protezione alla parte anteriore del Torino in quelle fasi in cui l’avversario riusciva a controbattere e non aveva alcuna possibilità di portarsi all’attacco. Ecco perché Maroso non ebbe quasi mai occasione di segnare.
Dopo il primo anno seguirono tre scudetti consecutivi, ottenuti anche grazie alle solide e positive esperienze di Maldo diventato, nonostante la giovane età, un punto di riferimento indispensabile della retroguardia del Torino.
A soli 21 anni viene anche convocato dalla nazionale maggiore, per la quale giocherà 7 volte, avendo anche la possibilità di segnare una rete in un match contro il Portogallo. E quella partita segnò il suo destino.Nell’azione del goal Maroso era infortunato e stava giocando come ala sinistra; quando segnò fece il classico goal dello zoppo.
Anno dopo anno il livello delle sue prestazioni aumenta, tanto da renderlo senza dubbio uno dei migliori difensori di tutto il panorama italiano ed europeo.
Era un atleta serissimo sia in campo, dove non avrebbe mai voluto mai fare male ad un avversario, sia nella vita privata, dove conduceva una vita sana e molto regolare.
Purtroppo dal 1947 inizia a patire alcuni problemi di carattere muscolare, che ne penalizzano il rendimento e ne limitano le presenze in campo (soltanto 16 apparizioni nella stagione 1947/1948).
Il suo handicap era fisico: la sua muscolatura era delicata e Maldo  spesso subiva degli infortuni, fino a riportare una pubalgia nel 1947/48 che lo fermò a lungo. Solo lo specialista Dott. Scaglietti di Firenze, a cui si rivolgevano tanti calciatori che non riuscivano a risolvere i loro problemi fisici, chiarì nel 1948 il distacco avvenuto per un movimento troppo spinto, in partita a Bergamo, del tendine adduttore nella regione destra del pube. Adesso si direbbe pubalgia, e tutti capirebbero facilmente.

La lunghezza dei suoi infortuni, portarono a delle voci sul suo carattere poco reattivo che lui smentì. Inoltre, con un minimo preavviso,  sposò con una bellissima ragazza piemontese nel giugno del 1948 e fece gite in motocicletta, avversate dai dirigenti Torinesi che avevano già sopportato le scorribande di Rigamonti.

La storia del matrimonio di Maroso fu molto singolare. Il Presidente Novo aveva notato un sensibile calo di rendimento di Maroso e venne a sapere che Virgilio era innamorato. Pensando che le due cose fossero in relazione, convocò la Signorina in sede dove le chiese se avesse intenzioni serie con Maldo. In effetti lei le aveva ma non contemplavano ancora il matrimonio, poiché doveva finire gli studi di liceo classico. Nonostante questo Novo la convinse a non attendere oltre, ma a sposarlo quanto prima. In cambio le promise di affrontare lui le spese del viaggio di nozze, che poi si svolsero a Diano Marina in Topolino.
Nella stagione successiva al matrimonio, la fastidiosa pubalgia della quale soffre continua a tartassarlo, non consentendogli di esprimere al meglio tutte le sue qualità atletiche e rendendolo disponibile solo per un numero esiguo di partite.
La sua ultima apparizione è datata 10 aprile 1949, quando scende in campo nella vittoria per 3-1 contro il Modena, viatico per quello che doveva essere il quarto scudetto vinto da Maroso in carriera.
Il destino, purtroppo aveva già iniziato da tempo il suo corso: L’11 febbraio 1949, c’era stato un incontro tra la Nazionale Italiana ( formata da tanti giocatori del Torino) capitanata da Mazzola e quella Portoghese con  Ferreira, capitano del Portogallo e del Benfica. A fine partita (vinta dall’Italia 4 – 1 con goal di Mazzola e Maroso) Ferreira comunicó al capitano granata l’intenzione di ritirarsi a fine stagione, ma di voler concludere la gloriosa carriera con una festa, alla quale avrebbe voluto invitare i Campioni d’Italia per rendere indimenticabile la giornata.
Valentino glielo promise: sì, verremo a Lisbona a renderti onore, caro capitano!
Ricevuta la notizia, Il Presidente Novo non fu molto contento soprattutto quando venne a sapere che la festa di Ferreira era in programma a campionato italiano ancora in corso. La data della festa si avvicinò (3 maggio 1949) e su insistenza di Mazzola, Novo
fece una concessione: se il Torino non avesse perso con l’Internazionale in trasferta a Milano, la domenica prima di quella data, avrebbe potuto andare a Lisbona, in quanto lo scudetto sarebbe stato già granata con 4 giornate di anticipo. Quella partita con l’Inter finì 0 – 0, Bacigalupo parò tutto quel che c’era da parare. Così l’ultimo goal del Grande Torino fu quello della partita di Lisbona che segnato da Menti su rigore. La Festa  finì, ed il 4/5/1949 l’aereo I – ELCE che aveva portato la Squadra più Grande del Mondo a Lisbona, fece rotta per Torino

La storia di Virgilio Maroso finì qui, ma continuò nei cuori di coloro che lo conobbero e la raccontarono ai piu giovani, come me, nel cortile del Filadelfia.

FVCG
"Maroso"