Sono in farmacia e c'è più fila del previsto. Ho ancora 3 persone davanti a me, la batteria del telefono è finita e la mia mente si sofferma sulla partita di ieri. Già la giornata non era iniziata bene, ho fatto un sogno strano: Pasqual metteva nel mezzo un pallone perfetto, Gomez svettava sui difensori e la insaccava, in netta posizione di fuorigioco. Subito dopo, Borja stringeva la mano a Gervasoni senza prendere nemmeno una giornata di squalifica. Dopo un sogno così non puoi che svegliarti confuso: Pasqual riesce ancora a crossare? Torno subito alla realtà e mi accorgo che la partita è già iniziata, ma la confusione torna a dominare, quando mi chiedo perché abbiano costruito lo Juventus Stadium con solo una metà campo. La nostra, per essere precisi. *Serviamo il numero 47*. Per farla breve: miracolo di Neto, tiro-rimpallato di Asamoah e Palo gol. È già passato un quarto d'ora buono del secondo tempo quando scopro che alla fine gli ingegneri dello stadio non hanno commesso nessun errore: l'altra parte di campo c'è e, per di più, anche la porta, quindi anche la traversa che ancora trema per quel colpo di testa del ragazzino brasiliano. Finisce e perdiamo, ma sembrava più un riscaldamento per il turno di coppa di giovedì. Non ci rimango nemmeno molto male, stranamente. Di solito mi rode lo stomaco per giorni. La voce elettronica che scandisce il numero 48 mi riporta alla realtà, mi accorgo che Borja sta aspettando in fila dietro di me, così attacco un po' bottone: dopo essermi congratulato per la nuova arrivata, gli chiedo come mai la squadra è cosi abbattuta, perché non si vede più il gioco della Fiorentina di una volta. Lui mi risponde un po' perplesso, mi dice che non c'è più la sicurezza di una volta, i nervi sono tesi e Vargas ha scoperto che la birra che gli offrono i compagni è analcolica. Solite cose da spogliatoio, insomma. Il ragazzo mi promette che faranno di tutto per andare avanti in Europa League e non si può non credere a quella faccia da bravo ragazzo, con i pannolini per la figlia sottobraccio. Finalmente tocca a me, attendo solo che la voce chiami il mio numero, il 49. Sospiro pensando che per riavere con noi il vero 49 c'è ancora da aspettare. Con la voce rotta chiedo al farmacista una scatola di antiacidi e me ne filo a casa, con la mente già a giovedì.