Vincere non è importante, è l'unica cosa che conta" (G. Boniperti).
Questa ormai celebre frase detta dallo storico precedente bianconero, tanto da diventarne "motto" per la società e i tifosi, è stata e viene spesso citata e chiamata in causa, a volte come giustificazione, a volte come monito per i nuovi arrivati. Una frase, detta un po così, che probabilmente mentre la diceva, nemmeno lo stesso grande presidente, avrebbe pensato avrebbe preso un significato e un peso così importante per la società.
Una frase che racchiude in sé il DNA di questa società, la storia di questa squadra, una realtà fatta di fatti, di risultati certi, sicuri senza tanti fronzoli.
Da sempre quando si parla di Juventus si parla di una società, fredda, pragmatica, cinica, non certo si può definire la Juve come squadra e società calda e passionale o istintiva. Da sempre chi viene chiamato in squadra o in società, ha ben chiaro quale sia l'obiettivo, quali siano le caratteristiche da avere e rispettare. In campo, come nella vita privata.
I famosi "soldatini" così sono stati definiti i giocatori della Juventus da Cassano, i soldatini, cioè giocatori che avevano delle regole chiare e severe da rispettare per far parte di questa squadra, regole che ovviamente non facevano parte del DNA di Cassano, come di tanti altri giocatori.
Tutto in casa Juventus si giudica in base ai risultati, così è sempre stato e probabilmente così per sempre sarà. Per orgoglio, per tradizione, per esposizione finanziaria, alla Juve servono i risultati e le vittorie.
Chi è in grado di garantire questo, solitamente può vivere sonni tranquilli, solitamente...
Sì solitamente perché oggi nonostante i risultati, in casa Juventus si respira un'aria strana, c'è un alone particolare che non si vedeva da parecchio tempo, nonostante i risultati.
Sì perché a guardare i risultati non ci sarebbe di che lamentarsi, a parte i soliti incontentabili, ottavi di finale Champions raggiunti come prima del girone e con due giornate di anticipo, prima in campionato al giro di boa con tre punti sulla seconda, e semifinali di coppa Italia. Quindi perché una società che vive di risultati e vittorie, sembra così sofferente?
Per colpa della sconfitta di Napoli? Non credo, in fin dei conti una sconfitta ogni tanto e a Napoli ci può stare.
E allora cosa non va? Cosa sta rendendo l'ambiente così "agitato"?

Mi piacerebbe poter dire di sapere cosa c'è realmente, di essere uno di quelli che sta dentro la stanza dei bottoni o che ha degli agganci importanti, ma purtroppo non è, mi limito ai fatti alle sensazioni e al confronto con altri appassionati.
Inutile dire che sul banco degli imputati ci sia salito mister Sarri. Una scelta mal fatta, mal gestita e mal digerita in generale un po' da tutti, forse anche da lui stesso.
Più passa il tempo e più l'idea che Sarri sia l'uomo sbagliato nel posto sbagliato prende sempre più piede.

Arrivato a Torino per sostituire il plurivincente Allegri, il suo compito è sembrato da subito arduo, avere come predecessore uno che ha vinto ciò che ha vinto Allegri in un ambiente dove "vincere non è importante è l'unica cosa che conta" non è così semplice, Allegri ha vinto tanto e da subito ha messo a tacere gli scettici e lo ha fatto coi fatti e con con quell'aria scanzonata, quella sua ironia e quelle conferenze stampa mai banali ma mai polemiche e pesanti.
Dopo tre anni di Conte era il profilo perfetto. Sarri no, a Sarri i risultati sembrano non bastare. Il suo "stile" non convince, non tanto per l tuta, il mozzicone di sigaretta, anche se in un ambiente come il nostro anche quegli aspetti hanno una certa rilevanza, ma per alcune sfaccettature che proprio non sembrano in sintonia.
La squadra in campo alterna momenti in cui sembra seguire i dettami tattici del mister, ad altri di evidente anarchia, la comunicazione e il rapporto tecnico/squadra sembra quasi ai minimi sindacali.
Tutti sapevano che il cambio di mentalità e filosofia avrebbe per forza di cose necessitato di tempo, quindi non credo sia nemmeno il fatto che i risultati, dal punto di vista "filosofico", che tardano arrivare siano il problema.
Il problema sembra essere la "sensazione", quella che dicevo prima, la sensazione sempre più forte di un rapporto che non riesce a partire, di un uomo sbagliato nel posto sbagliato appunto.

Si è sparsa la voce che il presidente Agnelli, all'indomani della sconfitta di Napoli, abbia convocato una riunione straordinaria con i dirigenti, non tanto per la sconfitta in sé, quanto per l'atteggiamento e le parole di Sarri a fine partita. "Sono felice di aver preso a Napoli, se proprio dovevo perdere, meglio averlo fatto qua dove ho molti sentimenti", queste le parole del tecnico che hanno scatenato il mal contento sia dei tifosi che del presidente.
Sarri non è stato assolutamente voluto da Agnelli, che si è fidato del duo Paratici e Nedved, e quindi se qualcosa non va i primi responsabili saranno loro, oltre il tecnico.

La Juve difficilmente stravolge una stagione senza motivi importanti, non credo che ad oggi il posto di Sarri sia in pericolo, però qualche campanello d'allarme è scattato, sicuramente il suo operato sarà sotto osservazione sotto tutti i punti di vista, e non è scontato che "solo" i risultati possano tenerlo lontano da qualche brutta sorpresa.

Sarri è comunque il primo segnale di una gestione Paratici senza Marotta, e Agnelli questo dovrebbe tenerlo in considerazione.