In questi casi è meglio agire in anticipo, esporre il proprio pensiero prima di sapere il risultato del derby di Super Coppa, che per l'occasione non si giocherà a Milano, ma bensì in Arabia Saudita.
Partirei proprio da questo dato. Ho letto che molti sportivi hanno ritenuto la scelta sbagliata, condizionata esclusivamente da motivi economici, ugualmente non trascurabili, ma non agli interessi dei tifosi. Dal mio punto di vista è una critica sbagliata, poichè le due squadre milanesi sono seguite da appassionati di ogni angolo del mondo, molti dei quali non entreranno mai a San Siro e quindi scegliere una sede internazionale, per un evento che è unico, contribuisce ad aumentarne interesse e visibilità.

Milan contro Inter, la squadra Campione d'Italia, contro quella vincitrice della Coppa Italia. Pioli contro Inzaghi, nella consapevolezza che chi alzerà la Coppa verrà applaudito e ricoperto di complimenti, mentre all'altro allenatore, spetterà la solita e fin troppo stucchevole, "gogna mediatica", troppo spesso condizionata al solo risultato del campo.
Eppure quante sono le variabili che portano ad ogni singolo risultato? C'è una squadra favorita? Vincerà la squadra che giocherà meglio o quella che saprà semplicemente concretizzare le occasioni? Domani lo sapremo.
Oggi il dato evidente è che le due squadre, nella classifica del campionato, sono divise da un solo punto, sono entrambe agli ottavi di Champions e riempiono regolarmente, di tifo e passione, uno degli stadi più capienti dell'intera serie A.
Due squadre costruite in modi diversi e con costi totalmente diversi, ma ugualmente indiscusse padrone degli ultimi due campionati. Se Simone Inzaghi viene criticato, ben al di là di colpe specifiche, è indubbio che sia bravissimo a preparare la partita secca, cosa ampiamente dimostrata fin da quando allenava la Lazio. 

Diverso il discorso per Stefano Pioli, che per quanto vincitore degli ultimi due derby e acclamato dalla tifoseria festante, che segue il Milan in un abbraccio sempre caloroso, è al primo test senza ritorno. E' innegabile che  una sconfitta garantirebbe il trionfo di quella parte di tifosi che non sono soddisfatti della gestione dell'allenatore, nato a Parma il 20 ottobre del 1965. Quella che non solo non lo reputa come un TOP allenatore, ma lo indica come un freno, o peggio, un danno, per una squadra che in mano ad altri potrebbe facilmente vincere lo scudetto. Opinioni, che come tali, vanno rispettate. 
Non è quindi bastato uno scudetto vinto contro ogni pronostico, uno strappo muscolare che non guarisce da oltre quattro mesi, privando la squadra del miglior portiere della serie A, l'impossibilità di rafforzare la squadra, per esigenze di bilancio e un senso di appagamento, ingiustificato in giocatori così giovani, che ha distratto qualche elemento, con conseguente perdita di punti, con il Milan che è ugualmente secondo in classifica, con meno punti, ma in linea con i risultati degli ultimi tre anni. Non è stato sufficiente esibire sempre prestazioni fatte di impegno e con una velocità ben superiore alle altre squadre, proponendo un gioco e un calcio di qualità. A quanto pare, leggendo altri appassionati: NO. 

C'è l'esigenza di trovare un colpevole. Sono troppi i punti di distacco dal Napoli e troppo grave l'eliminazione dalla Coppa Italia, competizione per altro "trascurata" anche da allenatori come Sacchi, Capello o Ancellotti e ammettere i limiti di una squadra costruita in economia e scommettendo sui giovani, non è poi così semplice. Così come accettare che ci siano formazioni più forti e meritevoli del Nostro Milan. Appare fin troppo evidente che per molti il calcio non è uno sport, con tutte le sue variabili spesso incontrollabili, ma una scienza esatta, dove le "formule", le "ricette", o semplicemente gli "elaborati personali", portano sempre alle migliori delle soluzioni anche se impossibili da verificare. Mi dispiace contraddirvi, ma non è così. Ecco che Chalanoglu, tanto criticato da moltissimi tifosi, io compreso, era più utile al gioco di Pioli di Paquetà, talentuoso giocatore brasiliano o come il belga De Kateleare, ancora troppo acerbo e timoroso per indossare una maglia fin troppo pesante per un giocatore non pronto, più mentalmente che fisicamente, sia momentaneamente meno affidabile di Diaz. Oppure, altro esempio di quanto il calcio sia fallibile, constatare che Giroud riesca ad essere più determinante  di Lukaku.
E' fin troppo facile esprimere le proprie opinioni, vestire i panni di allenatore e suggerire moduli, schemi o giocatori, tutte cose che fanno parte della passione e della partecipazione, ma sempre nella consapevolezza che restano opinioni e, come tali, non confermate da alcuna certezza, se non quella  del proprio amore per il Milan, cosa per nulla secondaria se pensiamo ai giornalisti o agli opinionisti che si prendono fin troppo seriamente solo per cercare vana gloria. 

Eccoci dunque alla resa dei conti, se la soluzione proposta è Via Stefano Pioli, come risultato di quanto espresso in questo triennio sulla panchina rossonera, allora concordo, magari una laterale in zona San Siro, per restare in ambito sportivo. Non mi serve certamente aspettare il risultato del derby in terra araba, quello probabilmente muterà il mio umore, ma non certo il rispetto e la considerazione, per l'uomo prima e per l'allenatore poi, che ha contribuito in modo determinante a riportare il Milan, in alto e alla vittoria dello scudetto attraverso un gioco piacevole e internazionale.
In queste situazioni mi aggrappo sempre all'allenatore del Milan che amo più di ogni altro, al Paron Nereo Rocco e ad una sua celebre frase che negli anni è diventata un modo tipicamente rossonero di affrontare questi appuntamenti.
Un giornaliste gli disse: "allora Mister, che vinca il migliore" e lui, imperturbabile: "speriamo di NO!!"
FORZA MILAN