Ansia e nervosismo sono ormai un classico della nostra quotidianità. Il periodo che stiamo vivendo non può certamente avere un’influenza positiva su tale situazione. Il coronavirus ci ha messo KO dal punto di vista fisico, ma non si può sostenere che abbia avuto effetti più clementi sotto il profilo psicologico. D’altra parte, era inimmaginabile che le persone potessero restare chiuse in casa senza avere conseguenze nefaste sulla mente. Era altamente utopistico. Se si guarda soprattutto alla scorsa primavera e al primo lockdown, gli operatori sanitari e il mondo politico dovrebbero soltanto ringraziare la comprensione che il Popolo Italiano ha mostrato nei confronti della vicenda. Le persone hanno esibito persino devozione verso chi indicava loro restrizioni quasi impossibili da sopportare. Questo probabilmente è dovuto a un humus culturale che ha sempre considerato la scienza come qualcosa di assolutamente affidabile ed è una base super corretta se non sfocia nel dogmatismo. Non era certo scontato accettare che gli impedimenti alle libertà più comuni giungessero proprio da chi non aveva saputo prevedere la situazione. E’ inutile negare, infatti, che parecchi esperti non considerassero il covid-19 come un potenziale pericolo finché non si trovarono di fronte al fatto compiuto. E’ logico pure che il plauso debba essere reciproco perché la maggior parte dei componenti di tale settore si sono poi prodigati all’inverosimile ponendo a repentaglio la loro vita per aiutare chi soffriva. Oddio, mi sono perso… Riallaccio il filo del discorso. Ciò che intendevo affermare è che le tensioni sono amplificate all’inverosimile dalla realtà che ci circonda. Purtroppo, questo è rappresentato pure dai dati sulle violenze o da altri tristi eventi della nostra epoca, come l’abuso di alcool tra la popolazione giovanile, che sono aumentati nel duro confinamento. Fino a prova contraria, gli sportivi sono umani. I calciatori fanno parte della categoria quindi, se Aristotele non mi tradisce, i giocatori di pallone sono proprio come noi. Esseri imperfetti logorati dal tempo e sensibili alle vicende dell’ambiente circostante.

IBRA-LUKAKU: NON SI ESAGERI CON IL MORALISMO!
Ibrahimovic e Lukaku sono tra quelli. Quando analizzo quanto accaduto in Coppa Italia parto sempre da tale presupposto. Non è possibile traslare una vicenda fuori dal contesto. Ritengo che, nel momento in cui si giudica un fatto simile al battibecco tra lo svedese e il belga, non si possa tenere conto della “attenuante” del precedente paragrafo. Attenzione! Non sto giustificando quanto accaduto o ancor peggio non intendo fornire la minima comprensione ai comportamenti citati sopra. Sto soltanto fissando una base iniziale che non deve mai essere dimenticata altrimenti si rischia di sfasare la realtà, e sarebbe un grave errore. Esiste un pre 2020 e il periodo successivo. Urge sempre tenere presente questo dato perché le nostre percezioni sono state traumatizzate ed è innegabile che le azioni di ognuno ne risentano. E’ stato un brutto spettacolo. E’ inutile negarlo. Secondo le ricostruzioni dei vari media, le frasi proferite dai contendenti sono davvero spregevoli. Non ho intenzione di riportarle tanto sono note ai molti e il mio pezzo non ha lo scopo di commentare quanto accaduto a San Siro. Il fatto è solo un punto di partenza. E’ una pessima figura pure a livello internazionale perché mi pare di capire che la notizia abbia avuto una discreta eco non solo in Italia. Ammesso ciò, occorre pure considerare che si parla di atleti professionisti. Questi uomini non giocano a calcio per diletto o per pochi euro al mese. Sulle loro spalle pendono sempre somme di denaro nemmeno immaginabili per un normale cittadino. Le responsabilità sono amplificate dal dover rispondere delle loro prestazioni a un’infinità di soggetti. Dai compagni, all’allenatore, alla società, ai tifosi, ai media, non si tratta di fallire un compito in classe o un esame all’università. Le conseguenze possono determinare strascichi immensi. E’ vero che le posizioni sono diverse e non oserei mai paragonare la vita di uno studente alla realtà stellare di uno sportivo d’élite, ma ogni situazione ha i suoi equilibri ed è chiaro che a tanta fama corrisponde poi un’enorme gogna mediatica. E l’adrenalina dell’incontro? Avete mai praticato una disciplina che richieda immenso sforzo fisico e che ponga in competizione con altri? Non sono un medico, ma so che si dice: “Non arriva il sangue al cervello”. E’ naturale che non sia così. Ma ho disputato anche io qualche partita di pallone e posso capire che la stanchezza, unita alla tensione, giochino brutti scherzi. Concedetemi di sostenere che concordo con l’onestà del Direttore Agresti (Ibra contro Lulaku, campioni nati poveri: rissa vergognosa o romantico ritorno ai campetti di periferia). Centra il punto. Al contrario di quanto ritenuto dal sottoscritto sembra osservare nel professionismo dei protagonisti un’aggravante, ma conclude bandendo all’ipocrisia e al falso moralismo.

A tal proposito mi auguro vivamente che non si chiami in causa il razzismo. Il riferimento al voodoo non è accettabile ma, sotto tale profilo, la carriera di Ibra mi pare linda come un lenzuolo appena estratto dalla lavatrice. Anzi, mi sembra che, per quanto concerne il sociale, lo svedese si sia sempre dimostrato molto attento e sul pezzo. Lo trovo focalizzato su tali tematiche. Leggevo che un genitore del campione è di religione cristiana, mentre l’altro è mussulmano. E’ inutile negare che le storie di vita insegnano. Diventa difficile pensare che un’infanzia con un simile status familiare possa condurre al mancato rispetto verso le differenze. Le origini di Zeta sono un importante insieme di diverse culture. Il padre è bosniaco e la madre è croata. Lui è cresciuto a Malmoe. Il melting pot è impegnativo. Non mi permetto di entrare nella mente di alcuno ma, a meno che non vi siano altre particolari problematiche, è davvero improbabile concepire che da una storia simile possa emergere il suo contrario. I post pubblicati dal campione il giorno successivo all’incontro ravvicinato con Lukaku sono abbastanza emblematici. Ibra non è razzista. Eviterei, quindi, di collocare il riferimento in un contesto errato. E’ chiaro che, se il criterio è soggettivo, diventa difficile valutare ogni singolo caso, ma è giusto “dare a Cesare ciò che è di Cesare”. Zlatan non ha voluto cadere in quell’ambito. E’ evidente.

IBRA E’ NERVOSO PER IL SUO MILAN?
Ma basta questo a spiegare quanto accaduto? Non credo. Mi pongo nell’ottica di Ibra. Se guardo a Romelu, invece, dovrei giungere a importanti discorsi riguardanti i suoi trascorsi all’Everton e pure la sua infanzia. Non entro nel merito. Ultimamente lo svedese è nervoso. Quanto accaduto, nel derby, con il collega belga è solo l’apice di antefatti già notati in precedenza. Durante la sfida con l’Atalanta, il rossonero ha risposto senza troppi patemi a una frase di Zapata ricordandogli di aver segnato più reti nella sua carriera rispetto alle gare disputate dal bomber della Dea. Il numero 11 dei lombardi non ha nemmeno risparmiato qualche pubblica critica ai suoi compagni dopo la sfida contro i bergamaschi. Si è, invece, scusato per aver lasciato in 10 uomini la squadra nel match contro l’Inter di Coppa Italia. L’espulsione per doppia ammonizione dovuta a un tentativo di recupero forzato su Kolarov è ulteriore sintomo di mancanza di serenità. Non sono nella testa di Ibrahimovic che, a quasi 40 anni, è un campione fenomenale dall’esperienza indiscutibile. Ha girovagato per il mondo vestendo molte maglie di grandi club europei: Juve, Inter, Barcellona, Milan, Manchester United. Noto, però, che proprio per la sua infinita conoscenza potrebbe aver percepito un calo della sua compagine suggerito anche dai risultati. Dopo la pausa natalizia, il Diavolo ha sconfitto Benevento, Torino, in 2 occasioni, e Cagliari. E’ stato battuto dalla Vecchia Signora, dagli uomini di Gasperini e dalla Beneamata. Cosa balza subito agli occhi? Su 3 scontri diretti, sono giunte altrettante batoste. Come ad ammettere che qualcosa non va. Ho avuto l’onore di assistere a ognuno di questi incontri e credo che, tutto sommato, i lombardi non abbiano troppo da recriminare. E’ vero che, con la compagine decimata, hanno tenuto testa ai sabaudi, ed è forse la sfida dall’epilogo più bugiardo, ma anche a Pirlo mancavano tanti pezzi pregiati. Il match contro l’Atalanta, invece, ha davvero poche scusanti. La Dea ha macinato l’avversario. L’ha demolito e sovrastato anche fisicamente. Pure la recente sfida di Coppa Italia lascia poco spazio all’interpretazione. Il vantaggio rossonero firmato da Ibra ha l’amaro sapore dell’illusione perché, in realtà, i cugini hanno sempre gestito le redini del gioco essendo sovente pericolosi. Penso che il successo interista sia indiscutibile. Non sono nemmeno troppo convinto che l’aver disputato buona parte delle ostilità in inferiorità numerica abbia modificato le carte in tavola. Il canovaccio dell’incontro, infatti, era già ben delineato. Se la truppa di Conte non avesse passato il turno, potrebbe recriminare parecchio.

Il Milan ha finito la benzina? Maybe… Pure la sfida di Coppa con il Torino non è stata esaltante e il successo è giunto solo ai calci di rigore. La vittoria sarda è arrivata con qualche polemica arbitrale. Insomma, i segnali sono abbastanza netti. L’attuale versione rossonera non è la medesima ammirata nella prima fase di stagione e, a tal proposito, l’eliminazione da una competizione potrebbe anche piovere come manna dal cielo. Uscire dai tornei è sempre frustrante anche perché quel titolo sarebbe stato alla portata, ma i target sono tanti e alcuni di questi risultano determinanti. Il riferimento è all’ingresso nella prossima Champions. Può essere raggiunto sia conquistando una delle prime 4 piazze del campionato, che trionfando in Europa League. Guarda caso, il Diavolo è ancora ampiamente in corsa per entrambi i traguardi. Sono assolutamente convinto che l’addio al secondo torneo nazionale non sia volontario, ma è anche il meno doloroso. Serve recuperare energie. Il calciomercato indica ancora questa strada. Urge fare i complimenti alla dirigenza perché non ha lesinato o tentennato. Sono entrati 3 uomini che erano assolutamente necessari per i vari reparti. La retroguardia è stata rinforzata con Tomori. Non ha mai giocato in Italia e non è troppo conosciuto. Ci si riserva il diritto di osservarlo prima di esprimere qualsiasi giudizio. La mediana, invece, ha accolto Meité. Lui è sicuramente più noto provenendo dalla serie A. E’ un profilo interessante, ma alla prima esperienza in un top club. Per l’attacco, solo certezze. Mandzukic non si discute, si ama. E gli juventini rosicano… Marione, Ibra, Calhanoglu, Rebic, Leao, Diaz, Saelemekers, Castillejo, Hauge e la freschezza di Daniel Maldini. Non credo che Pioli abbia di che lamentarsi. Anzi, forse un numero così importante di attaccanti è persino eccessivo. Ma un uomo come il croato serviva per aumentare esperienza e valori. Carburante fresco da inserire nel motore di una macchina che probabilmente inizia a viaggiare con la spia della riserva accesa.

LA CONCORRENZA ALZA IL RITMO
Non è finita qui… Perchè le altre, invece, alzano il ritmo. Dopo un avvio di stagione buio con la sconfitta nel derby di campionato e l’eliminazione dal Continente, l’Inter si sta ritrovando. La squadra di Conte sta bene e la vittoria sulla Juventus è la fotografia del concetto. Compatta, attenta, solida e pronta a ripartire. In Coppa Italia, contro il Milan, ha dovuto tenere le redini del gioco e ha saputo gestire anche tale situazione. Dopo la sosta natalizia, la Beneamata ha conquistato 8 punti in 5 sfide. Il bottino non è indimenticabile, ma sono giunti anche i 2 successi nel secondo torneo nazionale. L’impressione è quella di una squadra in crescita e che, da qui al termine della stagione, dovrà pure affrontare meno impegni rispetto alle rivali. Guardando a un rigoroso ordine di classifica, si passa alla Roma. Come stanno i giallorossi? Beh… Hanno vissuto momenti migliori. Come ai rossoneri, anche a loro restano solo l’Europa League e la serie A che potrebbero presupporre un numero di sfide inferiori a quelle dei nerazzurri. Più che a un calo psicofisico, i dubbi pendenti sui capitolini sono di altro genere e riguardano lo spogliatoio. Dal “caso Dzeko”, agli errori burocratici che sono costati 2 sconfitte a tavolino, sino alla posizione di Fonseca, i problemi sono evidenti. Se, però, vicende simili termineranno, il gruppo sarà pronto a ripartire. L’Atalanta è un diesel e si accende sempre nella seconda fase dell’annata. E’ così pure in questa stagione. I ragazzi di Gasperini sono avversari forti e temibili che potrebbero raggiungere ora l’apice della loro forma. Dopo aver risolto la questione relativa a Gomez, lanciato Pessina e recuperato definitivamente Ilicic, il futuro è assolutamente luminoso. Ricco di speranze. Il discorso relativo alla Juve è molto somigliante. Anche Pirlo pare essere in grado di trovare una quadra e, dal punto della condizione atletica, la compagine inizia a viaggiare con i giusti giri del motore. Il Napoli, invece, naviga in acque molto mosse, mentre la Lazio sta recuperando ottimamente dopo un periodo piuttosto negativo vissuto prima dell’ultima sosta. E’ chiaro che il covid-19 aveva posto in grande difficoltà gli uomini di Inzaghi. Il Milan, quindi, non può permettersi di rallentare perché le rivali non sembrano concedere scampo o grossi margini di movimento.

COME LA JUVE DI FERRARA, ZACCHERONI E DELNERI?
Eppure la squadra di Pioli “strappona” come una vettura che sta finendo il gas. Ecco, forse, perché Ibra è meno tranquillo del passato. Sono juventino e ricordo quanto accadde ai bianconeri sia nel 2009-2010 che nell’annata successiva. Quei gruppi erano guidati da Ferrara, Zaccheroni e Delneri. In entrambi i casi, i piemontesi partirono abbastanza bene poi si spensero pericolosamente nel girone di ritorno. Somiglianza con l’attuale versione milanista: un recente passato non così semplice. Differenze: un avvio di stagione positivo, ma meno brillante e, soprattutto, un trascorso esaltante non così lungo. Occorre ricordare infatti che, dalla conclusione del lockdown, i rossoneri stanno sostenendo ritmi altamente elevati. Vista l’assenza della pausa estiva, uno stop momentaneo può pure essere accettato. Il vocabolo “Scudetto” temo debba ancora venire bandito dai piani, ma l’obiettivo Champions è assolutamente raggiungibile. Sono convinto che Zlatan e compagni lo centreranno.

PS: Chiudo questo pezzo con un allarme.
In Italia, non leggo ancora molto relativamente al fatto che i viaggi extra frontalieri diventano sempre più complicati anche tra gli sportivi professionisti. La preoccupazione di rivedere nuovamente la stagione modificata dall’emergenza covid-19 inizia a essere più ingombrante. Con un Europeo da disputarsi a giugno, come si modificherebbe il format delle competizioni internazionali? Se nessuno ne parla, però, significa che è tutto sotto controllo...