Il settore giovanile dell’Atalanta è sempre stato una fucina di talenti, che ogni anno sfornava sempre qualche giovane promettente. Particolare rilevanza lo ebbe negli anni '90, grazie sopratutto all’investimento fatto dall’allora e dall’attuale presidente Percassi.
Egli vide in Mino Favini la figura ideale per far sbocciare i futuri germogli della Dea. Non è un caso che dal 1991 al 2014, sotto la sua gestione, il club bergamasco abbia conquistato ben 17 titoli nazionali nelle varie categorie.
Tantissimi ragazzi che poi hanno saputo affermarsi, chi più chi meno, nel mondo professionistico. L’Atalanta era un sinonimo di garanzia.

Chi maggiormente spiccava in quegli anni per talento purissimo era sicuramente Domenico Morfeo. Abruzzese di San Benedetto dei Marsi, classe 1976. Trequartista di qualità, sinistro puro.
Entra a far parte delle giovanili nerazzurre alla tenera età di 12 anni, e nel 1992-93 vinse il suo primo campionato Primavera (e anche dell’Atalanta) oltre al prestigioso torneo di Viareggio con mister Cesare Prandelli. E giusto per chiudere in bellezza il 1993, non ancora maggiorenne, fece il suo debutto in serie A il 17 Dicembre nella vittoriosa partita contro il Genoa. Qualche giornata dopo “Mimmo” realizza il suo primo e secondo gol nella stessa partita: il 13 Marzo 1994 nello scontro salvezza contro il Lecce al “Via del Mare”, vinto con uno scoppiettante 3-4. Purtroppo per i bergamaschi, l’annata si conclude con la retrocessione in B. Con i nerazzurri contribuisce l’anno successivo a riportare l’Atalanta nel calcio che conta, sotto la guida del “baffo” Emiliano Mondonico.
Ma è nei due seguenti campionati di serie A che Domenico si mette definitivamente in mostra. Nel 1995-96 l’Atalanta si salva, sforna assist a un Christian Vieri (non ancora Bobo) in rampa di lancio, e lui va in doppia cifra realizzando 11 gol in 30 presenze. Un bottino niente male per un ragazzo di vent’anni. A fine maggio si giocano gli Europei di categoria Under 21 e Morfeo viene naturalmente convocato dal ct Cesare Maldini.
Gli azzurrini sono infarciti di talenti che si stanno già mettendo in mostra in serie A: Cannavaro, Panucci, Nesta, Tommasi, Totti… e con il 18enne Buffon a far da riserva al titolare Angelo Pagotto. Con una squadra cosi, impossibile non andare in finale. Infatti, il 31 Maggio a Barcellona (nello stadio dell’Espanyol), si devono contendere il titolo contro i pari età spagnoli che sono favoriti dal momento che disputano il torneo in casa propria. Il match però si mette subito in discesa per i nostri, che passano in vantaggio con il “Pupone” Totti dopo soli 12 minuti. Il buonumore viene smorzato intorno al 36’ quando viene ingiustamente espulso Nicola Amoruso e la Spagna pareggia pochi minuti dopo con il gioiello Raul.
Nel secondo tempo Maldini sostituisce a un quarto d’ora dal termine Totti con Morfeo e al 104’ minuto supplementare l’arbitro espelle anche Ametrano. L’assedio spagnolo viene costantemente respinto fino al 120’minuto e la gara verrà quindi decisa ai rigori. Giusto per non farsi mancare nulla, il primo rigorista italiano è Panucci e sbaglia. Gli spagnoli sono già pronti a stappare bottiglie, ma non hanno fatto i conti con “Sant’”Angelo Pagotto da Verbania. Il 22enne portiere della Samp respinge i rigori dei due talenti più emergenti in quegli anni: Raul e De La Pena. La responsabilità dell’ultimo rigore decisivo se la prende Domenico Morfeo.
Portiere a destra e palla nell’angolino basso a sinistra. Apoteosi! E’ destino che i gol decisivi nelle ultime due finali dell’Europeo si tingano di nerazzurro bergamasco. Nel 1994 fu Orlandini con una staffilata nel sette a mettere k.o. i pari età portoghesi, e a distanza di due anni è toccato a “San” Domenico Morfeo.

Riparte il campionato e cambia il partner d’attacco: Vieri passa alla Juventus e dal Parma arriva Filippo Inzaghi. L’unico che non cambia è Morfeo. I suoi deliziosi assist per il nuovo compagno di squadra faranno diventare Superpippo il primo giocatore della Dea ad aggiudicarsi il titolo di capocannoniere con 24 gol. I bergamaschi migliorano la classifica rispetto all’anno precedente: dal 13° al 10°posto. Una squadra piacevole da vedere, quella del riconfermatissimo Mondonico, che riporta alla ribalta il talento in fascia di Gigi Lentini, suo pupillo nel Torino, recuperato fisicamente dopo il drammatico incidente del 1993. In quel campionato, i due gioielli d’attacco ebbero modo anche di battibeccare in campo. Successe il 9 Marzo 1997. All’”Atleti Azzurri d’Italia” arriva la Sampdoria dell’accoppiata Mancini-Montella. Il centravanti napoletano, al primo anno in serie A, si stava contendendo il titolo di capocannoniere proprio con Pippo Inzaghi. Ma SuperPippo quel giorno è scatenato: in mezz’ora aveva già fatto una doppietta, e al 67’ arriva l’occasione per siglare la sua prima storica tripletta in serie A.
Morfeo cade in area e l’arbitro Racalbuto decreta il rigore. Lo stesso giocatore, senza guardare in faccia nessuno, si prende il pallone sottobraccio e se lo posiziona sul dischetto, sotto lo sguardo di SuperPippo totalmente in disaccordo con il compagno e che cerca di convincerlo a farlo tirare. Lentini cerca di mediare, ma niente da fare, Domenico vuole tirare. E segna. Pippo non esulta e la gente dagli spalti addirittura fischia. Ma la tripletta per Inzaghi era destino che arrivasse quel giorno, e al 90°riesce a realizzarla.
Le strade dei due si dividono a fine torneo. Pippo sostituisce per la seconda volta consecutiva Vieri nella squadra che lo precedeva (in questa occasione passa alla Juve), mentre Morfeo viene acquistato dalla Fiorentina di Cecchi Gori per 8,5 mld di lire.
A Firenze, con Lulù Oliveira e Batistuta, Domenico si ritaglia il suo spazio e regala assist come sa fare lui. A campionato in corso arriva Edmundo, e con l’approdo del brasiliano, Malesani lo fa partire meno da titolare, ma comunque il suo tabellino finale registra 24 presenze e 5 gol. Sembra arrivato il momento di un ulteriore salto di qualità.

Il Milan lo vuole in prestito l’anno seguente. Non giocherà molte gare anche a causa di un infortunio, ma nel suo palmares la parola “scudetto” è presente. Purtroppo i rossoneri non se la sentono di riscattarlo e i viola lo girano in prestito a Cagliari. Ma ad inizio campionato si infortuna dopo appena cinque gare, e quando rientra i sardi non lo considerano più utile alla causa. Il 23enne sembra già destinato sul viale del tramonto, ma il suo maestro Prandelli non ha dubbi sulle sue qualità e lo vuole all’Hellas Verona per salvare i gialloblù a rischio retrocessione.
Detto fatto: Morfeo all’ombra dell’Arena si rigenera, prende la squadra per mano trascinandola fuori dalle paludi di bassa classifica conducendo insieme ai compagni un inaspettato 9°posto. Sembra che sia la svolta definitiva della carriera, invece cè un ritorno di fiamma: Terim il nuovo mister della Fiorentina, non lo considera, concedendogli la miseria di 20 minuti in due partite, cosi torna dal vecchio amore chiamato Atalanta. Ritrova un altro allenatore che lo aveva valorizzato ai tempi delle splendenti giovanili: Giovanni Vavassori. Morfeo a “casa sua” non delude, e la sorprendente Atalanta targata 2000-2001 si piazza al settimo posto. Il terzo ritorno in maglia viola sarà l’ultimo e anche il più doloroso. La Fiorentina, nonostante la vittoria in Coppa Italia dell’anno appena concluso, nel successivo campionato arranca al penultimo posto e in quell’estate 2002 viene dichiarato il fallimento della società. Morfeo ci resta tutto l’anno, ma i dati sono sensibilmente negativi: 18 presenze e due sole reti, con tanto di contestazione del pubblico viola. Ha 25 anni ed è svincolato.
Arriva la chiamata di una grande: l’Inter di Hector Cuper, che ha appena perso lo scudetto nel “tragico” 5 Maggio laziale. Non viene considerato un titolare e nemmeno viene fatto giocare nel suo ruolo da dietro la punta, bensì come esterno sinistro di centrocampo. Il che vuol dire attaccare ma anche rincorrere l’avversario su e giù per la fascia. No, non è esattamente quello che sperava. I rigori nella vita calcistica di Morfeo hanno sempre avuto una parte rilevante. Dopo la gioia per quello trasformato nella finale di Barcellona, ecco arrivare il secondo battibecco contro un suo compagno di squadra. Un vizio? Mah. La vittima in questione è il turco Emre. Il luogo la BayArena di Leverkusen. Domenico non accetta imposizioni e lo batte. A differenza di Bergamo però, questo lo sbaglia. L’Inter perde, ma per fortuna il passaggio ai quarti di Champions League non viene compromesso. Qualcosa si crepa tra i nerazzurri e Morfeo. E a fine stagione dopo sole 17 presenze e 1 gol cambia aria. E quando le cose non vanno bene, chi ritorna sempre in suo soccorso? Già, avete capito. Il suo mentore Prandelli. Che non lo perde di vista e lo vuole a Parma perché sa che con l’emergente Gilardino, che ricorda un pò Pippo Inzaghi, davanti farebbe faville. Il mister ci vede lungo e non sbaglia. Quinto posto e assist a go-go per il bomber biellese.

Ma l’annata successiva 2004-2005 si rivela ancora meglio a livello personale perché non smette di confezionare assist al Gila e realizza anche 8 gol, ma come squadra i ducali soffrono fino alla fine e riescono a restare in serie A solo dopo lo spareggio thriller contro il cugini bolognesi. Purtroppo l’incostanza di Morfeo riappare, e tra infortuni, polemiche e giocate a volte non degne del suo livello lascia Parma, che nel frattempo retrocede. Si accasa al Brescia, in serie B, sognando magari di ripercorrere il percorso fatto da Roby Baggio.
Alla presentazione, avvenuta nel luglio 2008,  si presenta carico e voglioso di riportare i lombardi nella massima serie. Ma le belle parole vengono seccamente smentite dai fatti. Gli stimoli vengono meno e dopo appena due mesi rescinde il contratto.
La pagina professionistica si conclude mestamente nel giugno 2009, a soli 33 anni, dopo aver fatto 4 partite in 6 mesi nella Cremonese di Mondonico in serie C. Taglia definitivamente il cordone ombelicale con il dorato mondo pallonaro e ritorna nella squadra del suo paese d’origine, il San Benedetto dei Marsi.
La classe non è scomparsa, e poco importa che sia la seconda categoria.

Appende gli scarpini al chiodo nel febbraio 2011. Sicuramente la sua carriera non è passata inosservata dagli appassionati di calcio e le sue giocate verranno ricordate. Purtroppo poteva essere ancora più brillante e maggiormente ricca di soddisfazioni se qualche discussione di troppo o infortuni non si fossero messi in mezzo. Il calcio non fa più parte della sua vita e Domenico si è avviato in attività imprenditoriali. Nel 2015 ha aperto un centro commerciale nella sua Abruzzo, ad Avezzano, che da buon n.10 qual era ha ben pensato di chiamare “Shopping Park TEN”. E se passate da Parma, oltre a chiedere ai tifosi gialloblu se Morfeo è rimasto nei cuori, chiedete info per il suo ristorante: il Dolce Vita.  



Stefano De Rossi