Un nuovo mondo è alle porte e le proiezioni sono incerte: così, dopo la caduta del Muro di Berlino si è prossimi al cambiamento.
Il calcio, come la vita quotidiana, ha sostanziali mutamenti quali l’unificazione della Germania e la guerra di Jugoslavia che porta alla disgiunzione degli stati membri.
Il 4 luglio 1988, dopo una serrata lotta contro il Marocco, gli Usa si aggiudicano la candidatura per ospitare i mondiali 1994. E’ un giorno storico: per la prima volta si disputa una competizione di tale blasone al di fuori dei confini europei o sudamericani. La nuova frontiera del pallone coincideva con l’aumento della globalizzazione, di far necessità virtù l’ampliamento della popolarità intorno al calcio.
Lo stato nordamericano, pur privo di storia calcistica alle spalle, è riuscito a sbaragliare le rivali nell’assegnazione della competizione grazie ad una struttura tecnico-organizzativa di spicco, abbinata ad una grande portata economica e alle pressioni del presidente Reagan, volenteroso nel dimostrare al mondo l’efficienza delle proprie politiche.
Oltrechè rappresentare un unicum dal punto di vista calcistico, ha segnato l’inizio di un inatteso modo di intendere l’ambito socio-politico: è il mondiale post Caduta del Muro, e le aspettative sono elevate.

Nelle qualificazioni non mancano le sorprese: la Danimarca, campione in carica di Euro 92, estromessa per differenza reti a sfavore, la Francia, considerata da molti come un outsider al titolo, e l’Inghilterra, ko in un girone composto da carneadi quali Olanda e Norvegia.
Dall’altra parte dell’emisfero, un Brasile in condizione monstre viene dato come favorito alla vittoria finale, mentre l’Argentina, seppur con luci e ombre, trascinata dalle perle di Maradona vince lo spareggio contro l’Australia.
In casa Italia la situazione è movimentata: nell’ambiente vi è voglia di tornare a sollevare coppe importanti, e dopo i fallimenti recenti del mondiale casalingo e della mancata qualificazione ad Euro 92, la panchina viene affidata a l’ex tecnico del Milan Arrigo Sacchi. Il progetto è di ripartire dai capisaldi di quella squadra e crearci attorno un sistema funzionale. L’allenatore non vuole ricoprire la figura del semplice selezionatore, ma intende portare con sé una filosofia a lungo termine. Addestra i suoi ragazzi al modulo a zona, chiede il massimo da loro in ciascun allenamento con sessioni mirate a trarre il massimo profitto. Gli orari sono da regime militare, con sveglie all’alba. D’altra parte, Arrigo vuole plasmare l’organico secondo la propria mentalità.
Nell’approdo al Mondiale, tuttavia, le amichevoli degli azzurri sono negative e le maggiori lacune vengono evidenziate in un successo di misura contro l’abbordabile Costa Rica.
L’Italia affronta il mondiale ricca di incertezze, ma il girone è alla portata: Norvegia, Irlanda e Messico le avversarie, squadre discrete ma di caratura inferiore.
All’esordio Sacchi imposta la sfida con due punte: Baggio e Signori, una difesa a 4, definita il punto forte poichè ricca di campioni come Maldini e Baresi, mentre tra i pali vi è Pagliuca, portiere dotato di grande esperienza.
L’inizio del mondiale è negativo, l’Italia propone una manovra lenta e alla prima distrazione l’Irlanda passa in vantaggio: Baresi rinvia malamente di testa, Pagliuca è fuori dai pali e Houghton lo beffa con un pallonetto piazzato. Il risultato si protrae per l’intero corso dei 90 minuti, nonostante gli assalti più incisivi nella ripresa dei ragazzi di Sacchi.
Nella seconda giornata c’è da affrontare la Norvegia, squadra compatta che predilige il calcio difensivo, vincente nelle prima sfida ed in testa al girone. I rivali degli azzurri sono compatti, privi di tecnicismi, e si affidano a tutti i mezzi possibili per continuare a sognare.
Al 20’ però arrivano le prime complicazioni: Pagliuca esce sulla punta avversaria lanciata a rete e la stende. L’arbitro non esita ad estrarre il cartellino rosso che costringe all’inferiorità numerica e al cambio, che però stupisce tutti: il tecnico, infatti, richiama Roberto Baggio per Marcheggiani, secondo portiere.
Ad inizio ripresa ecco arrivare ulteriori complicazioni: Baresi, si infortuna al ginocchio ed è costretto alla sostituzione. Il simbolo del Milan, per tentare il prodigioso recupero, deve sperare in una finale della propria compagine per tornare in campo. La partita non si sblocca, le occasione non fioccano e ci vuole un guizzo per ribaltarne l’esito.
Al 66’ però, su pennellata di Signori, la palla arriva sulla testa di Dino Baggio, ribattezzato dalla stampa il Baggio 2 per distinguerlo dall’omonimo, che insacca alle spalle del portiere. Il goal è fondamentale e porta ai tre punti (primo mondiale con l’introduzione di questa formula), mentre sull’altro campo il Messico sconfigge l’Irlanda, portando la contesa in estrema parità.
L’ultima giornata è decisiva: gli azzurri affrontano il Messico davanti a 52 mila persona, sotto un sole torrido.
La sfida finisce in parità con le reti di Massaro e Bernal, mentre nell’altro match si registra il medesimo risultato. La situazione eclatante riguarda l’esito finale del girone con tutte le compagini ancorate a 4 punti, situazione con pochi precedenti nella storia. La qualificazione arriva per le prime tre, tranne la Norvegia, grazie al pertugio del ripescaggio. Infatti, il Camerun, in lizza per l’ultimo posto disponibile assieme agli azzurri, subisce sei reti dalla Russia, cinque delle quali siglate da Salenko, e viene eliminato. I verdeoro passeggiano nel proprio raggruppamento, mentre Germania e Spagna, nello stesso girone, faticano per archiviare le pratiche Corea del Sud e Bolivia.
I padroni di casa approdano agli ottavi di finale come una delle migliori terze, assieme ad Argentina, Italia e Belgio.
Gli Usa, assieme a Romania e Svizzera estromettono una Colombia giovane ed in rampa di lancio, secondo alcuni media possibile outsider.
Per i Cafeteros, è decisivo in senso negativo, l’autogoal di Escobar nell’ultima partita. La vicenda del calciatore però resta ancora ad oggi indelebile per un'altra ragione: tornato in patria, viene freddato da 13 colpi di pistola e muore sul colpo.
Lasciate da parte le tristi vicissitudini legate ad Escobar, è il momento di concentrarsi sugli ottavi di finale, dove all’Italia tocca la Nigeria, una delle rivelazioni del mondiale.

GLI OTTAVI DI FINALE
Ancora una volta il match si disputa sotto un caldo opprimente, condizione che avvantaggia gli africani, abili a passare subito in vantaggio dopo un’errata valutazione di Maldini, che in un batti e ribatti non rinvia la sfera, la quale carambola sui piedi di Amunike, lesto a ribadire il pallone in rete. La compagine guidata da Sacchi fa molta fatica in avanti, come nelle precedenti apparizioni, ed i cambi non favoriscono la rimonta. Zola, entrato nella ripresa si fa espellere a 15 minuti dalla fine, lasciando i suoi in una situazione critica.
L’Italia, tuttavia, ha un carattere fuori dal comune e non molla mai, sino al goal di Roberto Baggio, scaturito da una precisa conclusione dal limite dell’area di rigore.
Ai supplementari i rivali sono stanchi, e il colpo della vittoria lo sigla sempre il Divin Codino, che trascina da solo la squadra ai quarti di finale.
Negli altri ottavi, la Germania domina il Belgio per 3-1: ai fiamminghi non bastano i miracoli di Preud’ Homme, nominato poi miglior portiere del torneo.
Il Brasile sbriga la pratica Usa nonostante l’inferiorità numerica: i padroni di casa sono capaci di mantenere la porta inviolata sino al 75’, quando Bebeto sigla il vantaggio. L’abbondanza offensiva di quella squadra è impressionante, è una compagine ricca di campioni quali Romario e Ronaldo, al primo mondiale in carriera all’età di 17 anni. Sugli altri campi va segnalato il dominio spagnolo contro la malcapitata Svizzera e la lotteria dei rigori vinta dalla Bulgaria sul Messico.

I QUARTI DI FINALE
I quarti di finale in programma paiono molto equilibrati, e le sorprese non mancano. Gli azzurri affrontano la nazionale iberica, il cui cammino è stato altalenante. Il match si sblocca subito con una magia di Dino Baggio da fuori area, che porta avanti i suoi grazie ad un bellissimo gesto balistico. In campo regna sovrana la stabilità, sino a quando un tiro di Caminero porta in parità la contesa. Il match prosegue con una gomitata di Tassotti a Luis Enrique, non sanzionata dall’arbitro, e qualche iniziativa debole.
La sfida pare indirizzata ai supplementari, finchè in contropiede Roberto Baggio salta Zubizzareta e deposita alle sue spalle il goal del definitivo 2-1. Ancora una volta il campione azzurro è decisivo nei momenti che contano, rispetto al resto della squadra ha una marcia in più, ed è l’asso nella manica di Sacchi. I compagni sanno di poter contare su di lui, pur privi di un leader come Baresi, e tra mille difficoltà nel preparare il torneo, sognano ora la vittoria finale, per riscattare un cammino interrotto anzitempo nel 1990.
Il big match tra Brasile e Olanda si conclude con il punteggio di 3-2 in favore dei Verdeoro guidati dalla coppia d'attacco Bebeto-Romario.
Il finale contro gli Orange è thriller, degno di un film da Oscar e deciso dalla spettacolare punizione rasoterra di Branco.
Sorprende la Bulgaria guidata dalla punta del Barcellona Stoichkov in grado di stendere la Germania, e la Svezia partita per gli Usa senza troppe ambizioni, capace di issarsi in semifinale grazie alla vittoria sulla Romania di Hagi ai calci di rigore.

In semifinale, ai ragazzi di Sacchi tocca proprio la compagine est europea in grande fiducia, ma sulla carta sfavorita.
Dopo 20 minuti ecco la prima giocata mozzafiato di Roberto: prende palla, salta due avversari e dal limite dell’area avversaria fa partire un rasoterra imprendibile. Segna sempre lui, e il copione si ripete cinque minuti dopo con una conclusione al volo di pregevole fattura che porta l’Italia sul 2-0. Baggio deve abbandonare il campo sul finire del primo tempo, quando Stoichkov realizza su rigore il goal del 2-1.
La ripresa vede gli azzurri controllare la partita, tenere in mano il pallino del gioco sino al triplice fischio che sancisce la finale tanto inaspettata quanto storica. Da squadra disorganizzata a corazzata in poche settimane, trovando una sicurezza corale fuori dal comune e un leader come Baggio, l’Italia ha compiuto una cavalcata unica, alla quale manca solo l’atto conclusivo.
Nell’altra partita, come da pronostico, i Verdeoro arrestano il cammino della sorprendente Svezia: il team nordico si difende come può, ma i ragazzi di Parreira, consapevoli della loro superiorità tecnica, tengono saldamente il pallino del gioco. Al 70’, però, a seguito dell’ennesimo tentativo, Jorginho crossa dalla destra imbeccando Romario, il quale è abile ad oltrepassare l’asfissiante marcatura gialloblu, impattando di testa e trovando la via della rete.
A 24 anni dall’ultima epica contesa, la finale mondiale del 1970, va in atto un altro episodio della storica rivalità tra le due formazioni.
La finale si gioca nel catino ribollente del Rose Bowl Stadium, a Pasadena, sotto un sole cocente. Arrigo Sacchi, come dichiarerà anni avvenire, ha preparato il match sulla psicologia della propria banda, portandola sull’agonismo e meno sul tecnicismo.
Alla vigilia, i pronostici danno come superfavorito il Brasile, il cui calcio proposto è più spumeggiante e meglio si adatta alle aride temperature americane. Tuttavia, da casa Italia giungono ottime notizie in merito agli infortunati: il Divin Codino, dopo l’acciacco rimediato in semifinale, è pronto a tornare sul terreno di gioco, Franco Baresi, invece, viene recuperato in tempo record, e stupendo tutti, viene schierato titolare.
Di fronte a 94mila persone, va in scena l’epilogo del torneo: sin da subito, i sudamericani creano, impegnando più volte Pagliuca.
L’estremo difensore ex-Sampdoria non convince appieno e da alcune sue incertezze i rivali sfiorano il vantaggio.
Ad alimentare un match più nervoso che altro, arrivano puntuali gli infortuni da ambo le parti: nel primo tempo, Jorginho e Mussi, devono lasciare il terreno verde, costringendo i rispettivi allenatori a dei cambi inaspettati.
Roberto Baggio, complici i problemi fisici, delude: l’uomo più atteso non riesce mai ad entrare in partita, commettendo vistosi errori tecnici.
Ciò nonostante gli azzurri tengono bene, e grazie ad un’impostazione volenterosa, riescono a trascinare i Verdeoro ai supplementari.
Nonostante la superiorità, Romario e compagni risultano spesso imprecisi negli ultimi 20 metri. D’altra parte, le iniziative avversarie, vengono disinnescate con classe dalla coppia Maldini e Baresi. Quest’ultimo, recuperato prodigiosamente, non sbaglia nulla: puntuale nelle chiusure e sempre sul pezzo, diventa l’ incubo dello sfavillante attacco brasiliano.

La finale giunge cosi ai calci di rigore, una lotteria nella quale tutto è possibile: i ragazzi di Sacchi sono consapevoli del miracolo svolto sinora, e sanno che, il successo finale non è lontano.
Eppure, questa volta, il destino non gioca a favore degli azzurri: i brasiliani risultano impeccabili, gli azzurri sbagliano troppo.
Gli unici errori per la squadra europea arrivano da coloro che, in tutta l’edizione di Usa '94, sono stati determinanti: Franco Baresi e Roberto Baggio.

Nonostante la coppa sia approdata in Brasile, bisogna ricordare con vanto le gesta eroiche di quella squadra, tutto grinta e cuore, vicinissima ad un successo epocale. In fondo, sotto il sole di Pasadena, resterà per sempre con orgoglio il ricordo di quella nazionale, in grado di fare innamorare proprio tutti.
Grazie magnifica Italia!