Uno dei problemi maggiori del nostro tempo non è la dipendenza - che pur esiste - da social. E neppure la caduta del senso civico all'interno della società civile. No, il male peggiore è senza dubbio la memoria selettiva. Che cos'è? E' quello che facciamo tutti i giorni a tutte le ore del giorno: ricordiamo quello che ci piace/interessa e rimuoviamo ciò che non ci soddisfa o riteniamo poco importante. In tal modo ne esce un ritratto immacolato - o comunque accettabile - della nostra persona o comunità di appartenenza. Della memoria selettiva se ne fa largo uso in politica: l'insabbiamento di eccidi e crimini contro la popolazione civile durante una guerra è prassi consolidata sia da parte di regimi autocratici, sia - seppur in misura inferiore - nelle democrazie. E, ovviamente, se ne abusa nel mondo pallonaro. 

Il target di questo articolo, tuttavia, non è incentrato sulla reciproca rimozione di responsabilità tra le società di calcio o tra supporters di diverso colore. La mia attenzione ricade sull'ambiente Juve e in particolare sui rapporti sempre più tesi tra il mister Massimiliano Allegri e una percentuale ormai maggioritaria del tifo bianconero. Non è tanto l'atto - più o meno eclatante - della dipartita dai social del nostro allenatore, presumibilmente in seguito ai ripetuti insulti di quelli che dovrebbero sostenerlo, quanto la progressiva e irreversibile perdita di memoria che accompagna il tifosotto medio. Si può arrivare all'aggressione verbale nei confronti di un tecnico tra i più vincenti, ma prima di tutto una persona che si è sempre distinta per un comportamento professionale e mai fuori dalle righe?

Il sottoscritto, al pari dei correligionari a strisce, ha vissuto l'onta della Serie B nel 2006, ma ancora peggio i cinque anni seguenti dell'impareggiabile trio Blanc-Cobolli Gigli-Secco. Ve li siete già scordati? Allora vi rinfresco la memoria. Dopo la risalita nel massimo campionato e un aumento di capitale di circa 100 milioni la dirigenza opta per un rinnovamento della rosa. La campagna acquisti è sontuosa: Gastaldello, Grygera, J. Andrade, Molinaro, Almiron, Nocerino, Salihamidzic, Tiago Mendes, Iaquinta, Momo Sissoko, Manninger, De Ceglie, Knezevic, Mellberg, Ekdal, Iago Falqué, Poulsen, Amauri, Chimenti, F. Cannavaro, Grosso, Diego e Felipe Melo. Spesa totale: 150 milioni di euro. Risultato: settimo posto.  

Non sono stupito che su quanto scritto sopra sia stata fatta una completa damnatio memoriae, pochi avrebbero oggi il coraggio guardare in faccia il passato. Ebbene, non soltanto io rammento quel periodo, ma voglio ulteriormente rigirare il coltello nella piaga. L'epoca delle umiliazioni non si esaurisce nel 2010 con la sostituzione dei vertici societari. Il primo anno della gestione Agnelli-Marotta è un totale fallimento: altro settimo posto, fuori da tutte le competizioni europee. Allenatore: Gigi Delneri.

L'avevate dimenticato? Con quei suoi peculiari baffetti e le incomprensibili conferenze stampa? Niente di niente?

In tal caso devo sferzare il comune senso del pudore ed elencare alcune delle 'imprese' di quella Juve. Partiamo dalla formazione: un inossidabile 4-4-2 (cioè l'unico modulo che Delneri conoscesse) con Buffon tra i pali, terzini M. Motta-De Ceglie, centrali Chiellini-Bonucci, mediani F. Melo-Aquilani, ali (o presunte tali) Krasic-Marchisio (sì, il Principino esterno...), attaccanti due a scelta tra Iaquinta-Quagliarella-Del Piero-Matri-Toni. Questi i titolari, per decenza taccio sulle riserve. La stagione comincia il 29 agosto a Bari: 1-0 per i padroni di casa. Il 23 settembre arriva la prima sconfitta tra le mura amiche, 3-1 dal Palermo. Il 6 gennaio è una data indimenticabile: Juventus-Parma 1-4, doppietta di Giovinco, Crespo su rigore e Palladino al minuto 93. Tre giorni dopo Napoli-Juve 3-0, tripletta di Cavani. Tra il 30 gennaio e il 2 febbraio 2011 i bianconeri perdono sia con l'Udinese (in casa) che col Palermo (in trasferta) con l'identico risultato di 2-1. Il 20 febbraio allo stadio Via del Mare il Lecce passeggia 2-0 su ciò che resta della Juve. Il 26 febbraio una doppietta del 'bolognese' Di Vaio spazza via la non squadra di Delneri a Torino. Il 15 maggio Giovinco al Tardini mette la parola fine a un'annata che definire allucinante è un eufemismo. E vogliamo parlare delle coppe? Fuori ai quarti di finale di Coppa Italia contro la Roma in casa (2-0), mentre in Europa League non si passa neppure i gironi. Addirittura, in sei partite neanche una vittoria contro Manchester City (che all'epoca era una compagine imbarazzante), Salisburgo e Lech Poznan. 

Spero, con questo breve pezzo e per chi lo leggerà, che la rinfrescata sia servita a qualcosa. A fine anno, a prescindere, Allegri non sarà più allenatore della F.C. Juventus. Lascerà avendo vinto 10 o forse 11 trofei (lo scudetto sembrerebbe ben avviato), appena dopo due leggende del calibro di Trapattoni (a quota 14) e Lippi (13). Non avrà vinto nulla in Europa, vero. Credo però, senza timore di essere smentito, che nessun altro alla guida della Juve - o di qualunque altra formazione - avrebbe potuto scalfire il duopolio Barcellona-Real Madrid degli ultimi cinque anni. Non c'è riuscito Guardiola prima al Bayern e poi al City, né l'Atletico di Simeone, men che meno il Liverpool di Klopp o Chelsea e United guidati da Mourinho. Giova ricordarlo, soprattutto a chi vuole far passare Allegri come uno scappato di casa privo di mentalità europea.

Max se ne andrà, ma chiuderà con stile a differenza di chi gli ha scaricato addosso ogni genere di improperi