Stamattina è arrivata una notizia che era un po’ nell’aria e che molti speravano arrivasse, il presidente del Verona Maurizio Setti ha esonerato Di Francesco, scelta fatta forse per entrare un po’ di più nei cuori di una città che non lo ama di certo ma forse avrà l’effetto contrario. Nonostante si alzarono mugugni su di lui già quando a giugno venne comunicato come allenatore per la stagione 2021/2022 e dopo le prime due giornate, io, molto probabilmente, vado controcorrente rispetto alla maggior parte dei veronesi e ritengo che non meritasse affatto questa fine nonostante la classifica dica ancora zero punti dopo tre giornate.

L’AVVICINAMENTO AL CAMPIONATO
Partendo dal presupposto che esonerare un allenatore dopo solo tre turni mi sembra quasi come se gli si dica: “Non ti volevamo neanche prima e ora abbiamo avuto la conferma che non sei all’altezza.”, bisogna capire che squadra veniva data in mano al tecnico abruzzese, parliamo di un gruppo abituato a certi dettami tecnico-tattici che non fanno propriamente parte del credo calcistico di Di Francesco e, inutile nasconderlo, molto del merito dei piazzamenti delle scorse stagioni va dato a Ivan Juric, vero artefice di questo miracolo se così vogliamo chiamarlo. Juric ha scelto di prendere il largo dalle sponde dell’Adige per ancorarsi su quelle del Po’, forse per quanto dettogli da Setti, ovvero che sarebbero stati ceduti dei pezzi importanti della squadra e non sapeva quanto del guadagnato si sarebbe potuto rispendere o forse ingolosito dalle proposte di Cairo, che alla fine ha concluso solo qualche prestito, magari scottato dagli investimenti falliti degli ultimi tre anni, modalità di trasferimento che all’ex mister di Genoa e Crotone non fa impazzire. Le opzioni per sostituirlo senza andare incontro a delle difficoltà iniziale erano due ed entrambe utopistiche: la prima era Gasperini, in quanto è il maestro di Juric e la seconda era proprio non far partire il croato e quindi non doverlo sostituire. Il nome di Di Francesco era probabilmente uno dei migliori sulla piazza, un mister con grinta, che ci mette la faccia riconoscendo i suoi errori (persone come lui a Verona vengono apprezzate a differenza di altri come possono essere Pecchia o Grosso) e, a differenza di quanto fatto a Cagliari ma soprattutto a Genova con la Sampdoria, ha deciso di continuare seguendo la linea impostata dal suo predecessore invece che stravolgere tutti gli schemi a suo piacimento, mossa da apprezzare e riconoscere. Si è poi dovuto arrangiare con quello che ha trovato e che un mercato fatto principalmente di prestiti e conclusosi negli ultimi giorni gli ha messo a disposizione.

LE PRIME TRE GARE
La prima gara col Sassuolo era carica di entusiasmo, il ritorno dei tifosi allo stadio con i 15000 del Bentegodi che hanno dimostrato ancora una volta un attaccamento incredibile alla squadra. La partita ha visto un Verona che aggrediva alto i Neroverdi in fase di non possesso e palleggiava discretamente e a una buona velocità una volta recuperato il pallone ma sullo scadere del primo c’è stato un episodio arbitrale discutibile, più per i modi che per l’esito, il rosso a Veloso era legittimo, che ha segnato psicologicamente il gruppo, privato del suo capitano e metronomo già sotto uno a zero con una traversa inconcepibile colpita da Kalinic. Nella seconda frazione di gioco il Sassuolo era galvanizzato e più in palla mentre i Gialloblu sono riusciti a tenergli il passo solo grazie alle giocate di Mattia Zaccagni, che sono valse i due gol. Contro l’Inter è stata una gara di sacrificio difensivo e poi servizio ai tre inventori là davanti un po’ impallati, gol nato da un errore dei Nerazzurri e Handanovic quasi mai chiamato in causa, dopo il raddoppio firmato Correa si è perso ogni riferimento che ha poi portato addirittura alla doppietta dell’argentino. Il posticipo di ieri sera al Dall’Ara sembrava già una gara da dentro o fuori e le risposte non sono state poi così negative, la connessione tra i nuovi acquisti era già ad un buon livello e si sono riviste le triangolazioni tra esterno e trequartista che tanto bene avevano fatto le scorse stagioni, è mancata un po’ di velocità nel palleggio a causa di un Ilic in modalità rallenty e un Tameze che sembrava senza energie, qualche cross in più forse sarebbe stato utile visto che l’unica occasione è nata proprio da un traversone e Medel non ha esattamente il fisico per limitare gli stoccatori di testa. Grossi miglioramenti in difesa e i nuovi arrivati Caprari e Simeone hanno subito impattato bene, il primo molto frizzante ne primo tempo e il secondo sempre a fare a spallate con tutti, come se Dominguez, Medel e Bonifazi si tirassero indietro, da elogiare comunque la prova difensiva del Bologna quasi impenetrabile mentre il gol valso poi i tre punti è nato da un errore individuale di Hongla, che si deve ancora adattare al meglio al campionato italiano, molto diverso rispetto alla ProLeague belga dalla quale proviene.

PERCHÉ ANDAVA DATA FIDUCIA A DI FRANCESCO
Queste prime tre giornate hanno evidenziato degli aspetti molto importanti, in fase offensiva il palleggio è spesso a buon ritmo e le triangolazioni sulle due fasce con anche il centrale di difesa che a volte si stacca funzionano al meglio, quando invece il possesso palla lo hanno gli avversari si cerca sempre di andarli a pressare alti anche nella loro metà campo per recuperare palla il più in fretta possibile e poi lanciare la punta o gli esterni tra le linee. Non solo punti a favore ma anche qualche nota meno liete, quasi tutti i goal presi nelle prime due gare sono stati frutto di marcature e letture sbagliate a causa dell’unico tentativo di modifica importante che Di Francesco ha provato a imprimere ovvero la marcatura a zona, siamo stati spesso infilati in spazi dove nessuno marcava o raddoppiava oppure trovati a contrastare Dzeko con Hongla, non proprio la stessa stazza. A Bologna invece si è vista la svolta che più mi ha fatto piacere, linee corte in entrambe le fasi e marcatura a uomo, Gunter su Arnautovic, anche se dopo un po’ l’esperienza e il gioco da pivot dell’austriaco hanno avuto la meglio mentre invece sono stati annullati quasi completamente Orsolini e Barrow rispettivamente da Casale, giovane molto interessante e da Dawidowicz, grande prova quella fornita dal polacco nel monday night, mentre quando sono entrati Magnani e Ceccherini da una parte, Sansone e Skov Olsen dall’altra, ci sono state più chance e più spazi per i Rossoblu. Sicuramente non si può essere contenti di non aver fatto punti nei primi tre turni di campionato ma già l’ultima partita ha fatto vedere dei grandi passi avanti destinati ad aumentare e sono convinto che poco tempo in più sarebbe bastato al tecnico ex Roma e Sassuolo per far girare al meglio la squadra, con la miglior integrazione tra i giovani, coloro che sono già ampiamente impiantanti e i nuovi arrivati, Caprari e El Cholito sono giocatori che Di Francesco conosce, apprezza e sono utili al modo di giocare che stava utilizzando, a favore di Simeone c’era pure la statistica, per quanto questa abbia un utilità limitata, ovvero che dei sei gol realizzati nella scorsa stagione, cinque li aveva realizzati durante le prime sei gare con DiFra alla guida del Cagliari, mentre poi con semplici ha giocato meno e messo il suo nome sul tabellino dei marcatori in una sola occasione. Almeno fino alla sosta per le nazionali di ottobre bisognava dare fiducia al tecnico abruzzese.

SOSTITUTO E FUTURO
Il principale candidato attualmente sembra essere Tudor, sinceramente ho molti più dubbi sull’ex Udinese che su Di Francesco, in terra friulana non mi aveva entusiasmato e nonostante giochi con la difesa a tre, dal centrocampo in poi andrebbe tutto rivoluzionato rispetto alle abitudini. È circolato anche il nome di Maran, tecnico che ho apprezzato moltissimo nel suo quadriennio al Chievo dal 2014 al 2018, mi ha fatto vedere delle bellissime partite allo stadio, ma anche al Cagliari non fece malissimo nonostante un rendimento molto altalenante con anche il sogno delle coppe europee dopo il girone di andata della Serie A 2019/2020 quando però a gennaio qualcosa si ruppe. Le prossime gare saranno di cruciale importanza, dopo la Roma infatti, dove è preventivabile una vittoria vista la forma di entrambe le squadre, si affronteranno in ordine Salernitana, messa molto male da quel che ho visto, Genoa, squadra che regala spazi in difesa e sprazzi di ottimo calcio in attacco e infine Spezia, alla ricerca di stabilità e gerarchie. L’imperativo è uno solo, vincere, non importa chi c’è in panchina, d’altronde, come dice la curva “Soli contro tutti”, solo proprio come Di Francesco, screditato ancor di più dopo le ultime due infelici parentesi, ma che non meritava questo epilogo e spero trovi presto una piazza ed un progetto disposto a dargli tempo far rivedere a tutti di cosa è in grado.