Papa Francesco, nato Jorge Mario Bergoglio è, dal 13 marzo 2013, il 266° papa della Chiesa Cattolica e Vescovo di Roma, 8º Sovrano dello Stato di Città del Vaticano, primate d'Italia, oltre agli altri titoli propri del romano pontefice. Di nazionalità argentina, è il primo papa proveniente dal continente americano. Appartiene ai chierici regolari della Compagnia di Gesù (Gesuiti) ed è il primo pontefice proveniente da quest'ordine religioso.
Papa Bergoglio ha subìto un piccolo intervento, una infiltrazione, per superare un dolore che non gli permette di muoversi, di partecipare nel modo che vorrebbe alle udienze e agli incontri con i fedeli. "Ho un legamento lacerato, farò un intervento e poi si vedrà - racconta -. Da tempo sto così, non riesco a camminare. Una volta i papi andavano con la sedia gestatoria. Ci vuole anche un po’ di dolore, di umiliazione…".
In questa frase è racchiusa tutta la Sua tempra e il lessico spiccio, a volte troppo, che lo ha portato, recentemente, a più di un problema non solo comunicativo.
Il pontefice, ripete più volte, è pronto ad andare a Mosca. "Il primo giorno di guerra ho chiamato il presidente ucraino Zelensky al telefono - dice Papa Francesco - Putin invece non l’ho chiamato. L’avevo sentito a dicembre per il mio compleanno ma questa volta no, non ho chiamato. Ho voluto fare un gesto chiaro che tutto il mondo vedesse e per questo sono andato dall’ambasciatore russo. Ho chiesto che mi spiegassero, gli ho detto "per favore fermatevi". Poi ho chiesto al cardinale Parolin, dopo venti giorni di guerra, di fare arrivare a Putin il messaggio che io ero disposto ad andare a Mosca. Certo, era necessario che il leader del Cremlino concedesse qualche finestrina. Non abbiamo ancora avuto risposta e stiamo ancora insistendo, anche se temo che Putin non possa e voglia fare questo incontro".
La preoccupazione di Papa Francesco è che l'oligarca, per il momento, non si fermerà. Tenta, inoltre, di ragionare sulle radici e soprattutto sulle motivazioni di questo comportamento che lo spingono a una guerra così brutale. Forse "l’abbaiare della Nato alla porta della Russia" ha indotto il capo del Cremlino a reagire male e a scatenare il conflitto. "Un’ira che non so dire se sia stata provocata - si interroga -, ma facilitata forse sì".

Apriti cielo!
È entrato, calcisticamente parlando, a gamba tesa. Ne è uscito un po' scomposto, diciamo così. Metaforicamente, come successe alla prima uscita calcistica in Vaticano. Nel 1947, in occasione di una festività, venne organizzato un quadrangolare e, a onor del vero, la finale non si discostò molto dal ruvido sistema di gioco del calcio in costume fiorentino. Infatti, l’ipotetica finale tra i dipendenti delle Ville pontificie e della Fabbrica di San Pietro venne sospesa per "incomprensioni reciproche". Scoppiò una furiosa rissa tra giocatori e spettatori! Così per vent’anni, memori dell’infelice esperienza del 1947, si disputarono solo partite amichevoli tra i vari uffici.

I più importanti quotidiani, blog, radio non hanno risparmiato a Papa Bergoglio critiche pesanti. Lo storico Jarosław Makowski ha definito "inquietanti" le affermazioni del pontefice e l'uso dei termini, come "abbaiare", individuato per tracciare l'attività dell'Alleanza a motivo della reazione aggressiva del Cremlino. "Il Papa dà l'impressione di un uomo che relativizza le atrocità che vediamo ogni giorno. E l'affermazione sulla Nato si adatta alla propaganda del Cremlino", ha sottolineato. 
Il pontefice, da diversi media polacchi, viene affiancato a Pio XII. Se Pacelli è passato alla storia per i silenzi su Hitler, Bergoglio rischia di diventare il papa di Putin.
Pio XII salì al trono pontificio il 2 marzo 1939, quando la Seconda Guerra Mondiale era scoppiata da due mesi. Nei venti anni precedenti, sotto il pontificato di Pio XI, egli aveva maturato una grande esperienza nella diplomazia internazionale. La sua nunziatura nei paesi tedeschi era iniziata nel 1917 ed egli fui l'artefice della politica concordataria di Pio XI con la Germania. Sappiamo che Pio XII provava una forte simpatia per i regimi autoritari di destra tedeschi, soprattutto quelli della Baviera. 
Tuttavia, non condivideva le idee separatiste dei Bavaresi in quanto, soltanto una Germania unita poteva costituire un valido baluardo contro il bolscevismo. Quando rientrò in Italia, assunse la Segreteria di Stato ed è in questa veste che egli concluse il concordato con la Germania di Hitler ed è per questo che le sue idee sono state considerate troppo filo tedesche.
Strinse rapporti diplomatici anche con gli Stati Uniti; ebbe modo di conoscere il Presidente Roosevelt e fece in modo che fosse presente, all'interno dello stato, una rappresentanza vaticana. Il 20 ottobre 1939, quando la guerra era già scoppiata, pubblicò la Sua prima enciclica con cui denunciava la causa del malessere del mondo che aveva causato la guerra. Egli individuava nella pretesa degli stati di considerarsi autonomi da ogni legge divina. Durante lo scontro bellico si trovò in mezzo a posizioni diverse. Da un lato provava una forte simpatia per il presidente americano Roosevelt, ma dall'altro non dimenticava come le potenze dell'Asse Roma-Berlino potessero costituire l'unica forma di difesa contro l'avanzare del bolscevismo in Europa, nonostante le aberrazioni sotto gli occhi di tutti.
È per questo motivo che, finita la guerra, si cominciò a parlare della responsabilità del Vaticano nei confronti delle dittature naziste, fasciste e franchiste e soprattutto del fatto che di fronte allo sterminio degli Ebrei, il papa avesse reagito con il silenzio. La polemica sorse soprattutto durante gli anni '60: alcuni ritenevano che "la quiete" di Pio XII costituisse una grave forma di responsabilità politica e morale, mentre altri sostenevano che era uno strumento assai idoneo per proteggere il soccorso che concretamente la chiesa prestava ai perseguitati dai regimi dittatoriali. Infatti, Pio XII incoraggiò la creazione di organismi assistenziali che facevano capo direttamente o indirettamente alla Santa Sede e che portavano aiuto ai prigionieri, alle popolazioni civili, ai bisognosi. Furono visibili anche le iniziative prese dal Papa per difendere Roma dai bombardamenti. La popolazione, dopo la liberazione, gli attribuì il titolo di "Defensor Civitatis".

Contemporaneamente, però, infuriò la polemica a proposito della condotta tenuta dal Pontefice in occasione della deportazione degli ebrei del ghetto di Roma. Durante la guerra, numerosi furono i messaggi radiofonici del Papa che delineavano gli aspetti della società post-bellica incentrata sull'antimaterialismo, sulla civiltà cristiana, su di un nuovo ordine morale e sociale di cui la Chiesa avrebbe dovuto costituire il baluardo difensivo. Terminata la guerra, si preoccupò di far fronte all'ascesa del comunismo; la sua azione ebbe riflessi ovunque, soprattutto in Italia. La "scomunica ai comunisti" è il nome con cui è conosciuto, a livello popolare, un decreto della Congregazione del Sant'Uffizio pubblicato il 1º luglio 1949. Approvato da Papa Pio XII, il decreto dichiarava illecita, a detta della Congregazione, l'iscrizione al Partito Comunista Italiano, nonché ogni forma di appoggio ad esso. La Congregazione medesima dichiarava, inoltre, che coloro che professavano la dottrina comunista erano da ritenere apostati, quindi incorrevano nella scomunica.

Si dice che studiare la storia sia importante per rimediare agli errori commessi nel passato, la verità però è che le modalità con cui si presentano questi "errori" sono sempre diverse e adeguate alle varie epoche: che siano battaglie o genocidi, le aberrazioni umane ci sono e ci saranno sempre. Probabilmente ciò si verifica perché solo cambiando la mente delle persone si potrebbe ottenere una positiva evoluzione sociale; indipendentemente dal tema o dal contesto si presentano sempre due grandi schieramenti ai quali aderire, c'è sempre una proposta e un'opposizione, il partito di destra e il partito di sinistra; a vagare in mezzo a queste ondate di idee, c'è regolarmente qualcuno che si astiene dal prendere una decisione.
Aprire la mente è una cosa fattibile. Specialmente negli ultimi decenni, sono stati raggiunti obiettivi nel rendere normali situazioni precedentemente discriminate. In ogni caso niente sarebbe stato possibile se non ci fosse stata la volontà di far sentire la propria voce al mondo intero, anche solo nel tentativo di sradicare uno stereotipo. Dovrebbe venire naturale, ed essere un desiderio di chiunque, poter esprimere una personale ideologia e dare il proprio contributo dovrebbe fare parte dell'indole umana, avere delle intenzioni ben precise e un piano da soddisfare. Invece non è così, molta gente viene catturata dall'abulia, forse perché non crede più nelle facoltà intellettuali che possiede e si arrende, sopportando qualsiasi condizione. Probabilmente la rassegnazione è il più importante presupposto per far nascere l'ignavia ed è esattamente questo, l'acquiescenza, ad essere fondamentale per coloro che hanno il potere. Dante, già nel Medioevo, lo aveva reso noto, catapultando coloro che riteneva infingardi nell'Antinferno, destinati ad inseguire un'insegna in eterno e quindi, secondo la legge del contrappasso, fare ciò che avevano evitato per tutta la loro esistenza.

Certamente vi è una differenza sostanziale tra l'ignavo medioevale e quello odierno. La società comunale di Dante rendeva indispensabile la collaborazione attiva dell'abitante, di conseguenza l'uomo che non manifestava le proprie preferenze veniva notato, ripudiato e isolato rispetto a chi era partecipe. Al giorno d'oggi, invece, l'indolente rimane comunque un protagonista silenzioso ma all'interno di ambienti ormai abbarbicati nella società che inducono queste personalità a continuare ad essere negligenti. Ma c'è sempre un secondo lato della medaglia, ciò vuol dire che esiste l'abulico che decide di permanere inespressivo ma anche chi si vede quasi costretto ad esserlo: un esempio eclatante lo si ha all'interno delle mafie. Queste associazioni riescono a vivere proprio grazie alla paura di molti, provocata tramite minacce e ricatti che hanno un'alta possibilità di concretizzarsi. Pertanto la scelta rimane tra una vita di silenzi o una ribellione mortale. Per questo sono in tanti che continuano a tacere pur di proteggere la propria incolumità e quella dei propri cari. Tale decisione, nel momento in cui diventa un comportamento reiterato, anche se parzialmente giustificabile, va da un lato a influenzare e plasmare la vita di un'intera società e dall'altro permette a una maggioranza, assolutamente e totalmente negativa, di assumere sempre più potere. Dunque è deduttivo pensare che se l'intera massa di infingardi prendesse posizione, arrivare a una rivoluzione sociale sarebbe semplice e, in particolare con i mezzi odierni, piuttosto immediato. Forse nel 1300 era ammissibile l'ignavia date le poche conoscenze e i sistemi oligarchici, ma oggi no. Chi non si esplicita possiede e sa di avere,nel suo piccolo, grande valenza. Per questo è un egoista, perché sta scegliendo di ostacolare la democraticità, un aspetto che dovrebbe essere alla base dell'umanità.

"Lottate, ragionate col vostro cervello, ricordate che ciascuno è qualcuno, un individuo prezioso, responsabile, artefice di se stesso, difendetelo il vostro io, nocciolo di ogni libertà. Libertà è un dovere, prima che un diritto è un dovere".
Oriana Fallaci aveva ragione. Si ha l'obbligo morale, per poi "conoscere le certezze dello specchio. E il fatto che da quelle non si scappa", come cantava il Liga.
Del resto, gelosi, biliosi, vanitosi, piccini non pensano che ai propri interessi personali. In fondo, bisogna sempre considerare, soppesare che esistono uomini di parole e uomini di parola.
Una vocale può cambiare il mondo.