La programmazione serale delle nostre emittenti televisive sono improvvisamente cambiate, niente telefilm o programmi soliti, ma dirette giornalistiche sulla situazione internazionale ed il clima di guerra che si intravede nella zona dell'Ucraina. I telegiornali hanno subito trasmesso in prima serata la dichiarazione di Putin, che ha voluto dichiarare come avvenuta l'annessione da parte della Russia delle repubbliche del Dombass, con il riconoscimento della loro separazione dall'Ucraina.  

La città più importante del Dombass è Doneck (si provincia Donesc) conosciuta in Europa per la squadra di calcio dello Shaktar, appunto di Doneck, spesso presente nelle competizioni della Champions League.  
Il discorso di Putin è molto lungo, come se volesse imbonire i telespettatori Russi, siglando in diretta l'annessione delle repubbliche separatiste. Ascoltando il discorso, sembra un insieme di accuse alla Nato, agli Stati Uniti, e con atti di accusa che indicano il nemico nelle formazioni naziste che secondo lui stanno impedendo lo sviluppo della democrazia in Ucraina ed altre zone dell'area.

Il linguaggio chilometrico sembra una sorta di spiegazione di tutte le controversie che hanno prodotto, secondo le sue deduzioni, il precipitare della situazione. Traspare nelle sue parole la nostalgia per l'Unione Sovietica, come se il passaggio a nuove democrazie sia stato un disastro per tutti, e l'Europa sia un nemico con forti contraddizioni antidemocratiche, che con accuse continue alla Russia, la rende vittima di tentativi di destabilizzazione della vita civile e sociale dei cittadini che Putin stesso rappresenta. Di fatto ha rinnegato gli accordi di Minsk, dove inizialmente nel 2014, si era arrivati ad un cessate il fuoco, il ritiro delle armi pesanti e la consegna reciproca dei prigionieri. Ma gli accordi furono rivisti nel 2015 con l'intervento, oltre che di Ucraina e Russia, anche di Francia e Germania. Qui è stata aggiunta una parte politica, con l'avvio di un dialogo per l'autogoverno delle regioni di Doneck e Lugansk. Per il riconoscimento di uno status speciale, si è provveduto ad una  riforma costituzionale ucraina, che permetteva la nuova transizione, al fine di accordare la protezione delle diverse comunità linguistiche.  
Un altro passo importante la possibilità di compiere il passaggio con il decentramento dei poteri alle regioni di competenza. Se guardiamo bene, è simile ad alcune realtà che viviamo in Italia, come Alto Adige, Friuli e Valle D'Aosta. 
Il problema che è seguito agli accordi raggiunti è stato il fatto che il cessate il fuoco non è mai avvenuto, e che si continua a sparare in quelle zone, con fino ad oggi almeno 14.000 morti, per non parlare di feriti, sfollati e assembramenti nei confini di profughi disperati, che hanno perso tutto. 
Putin è tornato a battere il ferro della secessione, e dopo avere annesso la Crimea, ora cerca di prendere anche il Dombass, accusando le nazioni dell'OCSE di trasportare l'Ucraina verso l'Europa, inquinando la cultura e gli accordi commerciali dell'impero russo. Andando indietro nel tempo, le analogie con Saddam Hussein sono inquietanti. Ormai sembra un leader alla frutta, con sempre meno seguito nella sua patria. 
Ormai sembra che lo seguano solo i suoi ex compagni del KGB, inseriti nei punti chiavi del potere, ma al di fuori di costoro, il fermento popolare sale. Perché? Il perchè lo si deduce dal PIL della Russia, che dovrebbe essere simile a quello degli Stati Uniti, ed invece raggiunge a malapena quello della Spagna, ossia meno dell'Italia.
Si dirà, ha grandi giacimenti di petrolio, gas naturale, materie prime ferrose e carbonifere, e la Russia è un importante esportatore di prodotti citati, ma deve importare i manufatti. Praticamente come accadeva ai tempi dell'URSS, quando le donne sovietiche impazzivano per un paio di calze di seta, perché non c'era nessuno in grado di produrle. Oggi non ne siamo molto distanti.

La Russia deve mantenere un esercito immenso, con armi costosissime e che richiedono una continua ricerca tecnologica per stare al passo dell'occidente, probabilmente non sono  neanche in grado di sapere a quale livello stanno nazioni come gli USA o persino la Gran Bretagna. Il dubbio è forte, e quindi cercherà di circoscrivere le azioni militari nell'area più ristretta possibile, poichè un coinvolgimento totale sarebbe la fine per tutti, e la sua soprattutto. Per questo, la parte di spesa per la popolazione si è molto ridotta, e c'è chi rimpiange il comunismo, visto che allora in qualche modo mangiava, mentre oggi i beni scarseggiano.
E se le nazioni occidentali metteranno in pratica le sanzioni contro Putin, la situazione interna peggiorerà, con forti ripercussioni sulla popolarità e la stabilità del suo Governo.
Si valutano diverse azioni, come il blocco delle importazioni dalla Russia, delle esportazioni di diversi prodotti manufatti, e del blocco dei capitali all'estero in possesso delle banche e che sono riconducibili a interessi governativi russi ed anche di aziende primarie. Il ricatto di Putin di chiudere il gasdotto, sembra che possa spaventare di più Putin che l'occidente. Gazprom sta soffrendo molte perdite di incassi, e la borsa di Mosca sta crollando. Stiamo aspettando la prossima mossa di Putin, che dopo avere sguainato la spada, ora cerca il fodero dove riporla, pulendola più che può del sangue che la imbeve. 

Ma quello che Putin non può fermare è l'esplodere della nuova esigenza di espandere i confini sociali e gli orizzonti di benessere che i cittadini dell'est Europa attendono da troppo tempo. La Russia è circondata da paesi che l'odiano, sia per motivi militari che di antipatia etnica. Le repubbliche baltiche sono tra queste. A sud  c'è l'Ucraina, dove ha potuto sfruttare un referendum del 95% a suo favore, ma al di fuori di queste repubbliche, gli ardori diminuiscono. I confini dell'Ucraina si estendono alla Polonia, la Moldavia, la Romania, la Repubblica Ceca, la Bielorussia di Lukaschenko, forse l'unico leader che lo appoggia, ma che si trascina molti problemi in casa. Il vento del cambiamento e di nuove proposte di vita sociale e politica, senza l'ombra dell'orso sovietico soffia forte. L'espansione della comunità europea attrae tutti i popoli, che intravedono in questa transizione la risoluzione di molti problemi vitali. Tra questi, un nuovo ordine economico, un mercato efficiente del lavoro, la libertà di espressione politica, la protezione della forza finanziaria della BCE, che non è poca cosa.
Putin non è della Nato che deve temere, ma della nuova espansione sociale e democratica della nostra cara Europa. Il progresso, soprattutto culturale, non si può fermare.