Tanti nomi, tante geometrie, tanti ingredienti, tante speranze. Conte, Sarri, Ancelotti, Gasperini, Fonseca: modi diversi di allenare la rosa a disposizione con l'obiettivo di trasformarla in un 'prototipo' di successo.
Tante peculiarità, concetti di gioco e strategie differenti applicati a collettivi diversi ma con la medesima mission: giocar bene e vincere.
Lo disse anche il maestro Arrigo Sacchi: "Se una squadra gioca bene può aver più chance di vincere". Ebbene sì, il gioco dell'evergreen Carletto Ancelotti negli anni sembra convincere sempre a livello qualitativo e quantitativo. Il tempo passa, lo stile resta. Geometria, stratategia, occasioni da gol, quantità in mezzo al campo e qualità davanti. Un modello di calcio che rispecchia la filosofia vincente e convincente di un maestro allenatore, che ha vinto tanto con il Milan e che continuerà a vincere anche in futuro.
Ne siamo convinti. Maestro Carletto Chapeau!
Il nome una garanzia per tifosi e giocatori che possono contare sulla forza di avere al proprio fianco un ottimo padre di famiglia. La sua diligenza, la sua caparbietà, la sua gioia nel vincere e convincere, nell'espletare al meglio le proprie funzioni, nel creare e custodire nuove sensazioni, nuove emozioni. Probabilmente il buon Carletto un giorno potrà raggiungere una delle massime aspirazioni per tutti gli allenatori: diventare la guida della propria nazione.

E allora tracciamo un parallelo tra Carletto e il suo collega Roberto Mancini, attuale ct azzurro.

Meglio Roberto Mancini o il tanto amato "Carletto" Ancelotti? 
E' questo il nodo da sciogliere, che vede protagonista la panchina della Nazionale azzurra e quella del Napoli. Identikit assai differenti per mission comuni. Per il bene degli Azzurri. Amori a prima vista, personalità e tattica tutt'altro che similari al servizio di club che ambiscono a palcoscenici prestigiosi. Carlo "Carletto" Ancelotti è un tecnico stimato praticamente da qualsiasi tifoso, Juventus permettendo. L'ha detto anche il presidente del Coni Malagò prima della firma di Mancini in Nazionale: "A chi non piacerebbe avere Ancelotti in panchina?". A parte qualche vecchio screzio con i tifosi bianconeri che lo aveva colpito al cuore, con il celebre motto sicuramente non piacevolissimo "Un maiale non può allenare", Carlo Ancelotti sembrava essere inizialmente l'identikit giusto per rilanciare l'entusiasmo e la passione dei tifosi della Nazionale azzurra, assai delusi per la mancata qualificazione all'attuale coppa del mondo in Russia. 
Mancini pareva essere in partenza un gradino sotto sotto vari punti di vista, stando ai giudizi della critica e dell'opinione pubblica. L'ex tecnico dell'Inter rispetto ad Ancelotti aveva meno chance, forse un po' anche per un carattere che talvolta lo ha penalizzato nel corso della sua carriera sportiva. E invece il Mancio di Jesi ha sovvertito ogni pronostico, andandosi a sedere su una delle panchine più importanti al mondo.  Ancelotti o Mancini, i numeri parlano chiaro e in comune ci sono una quantità industriale di trofei ottenuti.
Discorso Champions League a parte (Ancelotti un gradino sopra al Mancio sotto questo aspetto), Roberto ha fatto bene in ogni panchina su cui ha allenato: certamente ha sempre avuto formazioni piene e strapiene di campioni e di giocatori dall'incredibile forza fisica, oltre che dotati di elevato tasso tecnico. 
Nel contempo il Mancio non ha mai alzato al cielo trofei del calibro della Champions League; ma va bene così, come rivelato dallo stesso Mancio "è un onore allenare la Nazionale del proprio Paese". Opinione comune è che a mettere insieme le diverse componenti del puzzle azzurro, da selezionatore più che da vero allenatore, non è semplicissimo. Vedi il caso Ventura, imperatore in terra granata e "pecora nera" nella cerchia azzurra. Passando al capitolo "esperienza in campo internazionale", l'ex milanista Carlo Ancelotti sembra avere un'altra marcia rispetto al "rivale" interista Roberto Mancini. Lo stesso Mancini, in tempi non sospetti - lo vogliamo ricordare - confessò che l'Inter vinse la Champions League probabilmente anche grazie al suo lavoro, come a voler dire che un pizzico di esperienza internazionale gliela dobbiamo riconoscere tutti.
Per carità, gliela dobbiamo sicuramente concedere. 
Di sicuro tutti i tasselli - tifosi, federazione, dirigenti e organi sportivi - dovranno remare dalla stessa parte per il bene del paese e della Nazionale azzurra, che deve assolutamente risorgere dalle sue ceneri. Come un'araba fenice. E il Mancio lo sa bene. Soprattutto i club, che spesso sono accusati di ostacolare il passaggio dei propri tesserati alle loro rispettive Nazionali.
Anche in casa Napoli lo sanno bene. Ma sanno anche che con un signore sotto il profilo umano e professionale come Ancelotti, il grande obiettivo non pronunciabile per scaramanzia (la parola magica inizia con la s e termina con la o) potrebbe prima o poi diventare realtà. "Ancelotti ha un gioco vecchio, ormai passato remoto". Lo disse José Mourinho qualche anno fa. Dichiarazioni che suonano ancora oggi con una tonalità particolare. Non tutti sono d'accordo, i dati parlano chiaro. Ancelotti nel 2007 ad Atene, in occasione della vittoria del Milan per 2-1 contro il Liverpool, schierava 4 terzini e 3 centrocampisti con Seedorf e Kakà a far da contorno al piatto forte chiamato SuperPippo Inzaghi. Lo stesso modulo che ha saputo spesso adottare nella piazza napoletana, proseguendo quello che di buono è stato fatto in questi anni da un altro grande allenatore come Sarri, pronto a sostituire Conte al Chelsea. 
Più tattica e meno forza fisica per Ancelotti rispetto a Mancini. Il Mancio, stando ai numeri, predilige giocare con pedine di grande forza fisica e sotto questo punto di vista la nostra Nazionale non è molto attrezzata. Mancio ci sta provando, spesso schierando un centrocampo basso con Jorginho playmaker. Speriamo tutti di no, ma secondo alcuni questo  aspetto di non secondaria importanza (qualità e tattica a discapito della forza fisica di 'manciana' memoria) potrebbe diventare letale nel medio-lungo periodo per il tipo di Jesi, che dovrà dunque trovare delle alternative credibili e concrete. Come d'altronde sembra voler fare negli ultimi mesi appunto. 

Sulla stessa lunghezza d'onda, l'alternativa è la parola d'ordine in casa Napoli. A mister Sarri non piaceva questo termine, tanto da essere accusato da patron De Laurentiis di non utilizzare nel modo giusto la panchina. Occorre essere sinceri, anche Ancelotti non è stato mai un amante del turnover, ma sicuramente riesce ad alternare meglio gli uomini a disposizione, fattore che ha inciso nella scelta di De Laurentiis di portarlo a Napoli. Come dire, con Ancelotti un giocatore come Giaccherini non si permetterebbe mai di criticare il proprio allenatore. In aggiunta Ancelotti con la sua quiete riesce a far star tranquilli i propri giocatori, facendosi amare dal gruppo e da tutta la tifoseria, da buon padre di famiglia. A tal proposito, il carattere del Mancio - talvolta "spigoloso", per così dire, con alcuni compagni di squadra e giocatori allenati -  sarà un fattore importante, se non indispensabile, per far crescere sempre di più i giovani di oggi che saranno i protagonisti del domani. Il Mancio sa lavorare molto bene con i ragazzi e sa farsi voler bene, senza ombra di dubio riesce a spronare il gruppo e a ricevere il meglio da ogni singola pedina. 
Al Mancio piace la forza fisica, meglio ancora un gioco propositivo, fresco. Idem per Carletto, che punta ancor più sull'equilibrio di squadra. Proprio quell'ingrediente che gli ha permesso di vincere ad esempio due Champions con il Milan. Mancio vs Ancio, padri di famiglia a confronto.
Identikit differenti per importanti obiettivi comuni.