Un disastro mondiale dopo un altro, intervallato da un bel campionato Europeo e da una buona Confederation Cup che ci avevano illusi sulle reali potenzialità di un calcio e di un campionato che perdono sempre più quello smalto e quella caratura che consacravano l’Italia ai vertici del globo. Un commissario tecnico ed un presidente federale dimissionari lasciano in eredità la sconfortante sensazione che forse di meglio in fondo non si possa fare. Ecco allora il bisogno di tornare a crederci, di costruire qualcosa di buono cercando di capire dove investire le energie a disposizione, coordinandole alla ricerca di un possibile futuro migliore. Ecco l’arrivo del condottiero che lascia il suo cavallo bianco(nero) per l’amore della sfida e di un progetto affascinante. Se sui dizionari ci fosse una voce “Antonioconte” sarebbe probabilmente sinonimo di intensità, la stessa con cui la sua nazionale ha steso l’Olanda con due gol in soli dieci minuti di gioco al San Nicola, aprendo di fatto il nuovo corso con tutto l’entusiasmo del caso. Uomo di calcio qual è l’ex allenatore juventino ha raffreddato gli animi mettendo in chiaro come non si guarisca da un giorno all'altro e non a caso, nelle successive tre uscite ufficiali con Norvegia, Azerbaigian e Malta, la sua selezione ha inanellato tre vittorie non brillando come nell'esordio barese. Un primo bilancio non può che essere positivo: ritrovare l’entusiasmo per i colori azzurri è certamente il primo passo da compiere per sperare in un futuro migliore per il calcio italiano. Un calcio che ha bisogno di rilanciarsi attraverso il lavoro quotidiano dei settori giovanili, la cui valorizzazione e crescita deve necessariamente essere riconsiderata per competere sul campo attraverso la scoperta e la valorizzazione del talento fatto in casa, visto il confronto impari con le superpotenze mondiali misurato dallo spessore dei portafogli di magnati e sceicchi. Un calcio che troppo spesso cede allo strapotere degli interessi che vi gravitano attorno. Un calcio che si ammala di scandali tutti nostrani, dei giochi di potere di palazzo, della violenza di bande criminali che presumendosi tifosi tengono in ostaggio interi stadi, per altro fatiscenti. Un calcio per certi versi più interessato all'esasperante e polemico terzo tempo tra tweet al veleno e spocchiosi salottini che animano il lato più gretto della semplice gufata. Ci si dimentica che l’uno di fronte all'altro, in campo come nel più classico dei bar sport, si ha un avversario e non un nemico, perché “se Sparta Piange, Atene non ride” e in questa semplice idea si cela quell'innato concetto che è il rispetto reciproco che va aldilà di quello che può essere o rappresentare una fede calcistica. Un sistema calcio insomma malato e da riformare, che necessita di un urgente rinnovamento, alla costante ricerca di quella cultura e maturità sportiva che spesso invidiamo agli stadi di mezza Europa. Le più grandi realtà calcistiche dell’ultimo secolo, dall'Ajax degli anni ’70 al Milan di Sacchi al Barcellona di Guardiola, fino ad arrivare al “modello tedesco” (che proprio dopo un fallimento agli Europei del 2000 ha puntato forte sul rinnovamento del suo sistema calcistico incentrandolo sui vivai), non sono state figlie della fortunata combinazione di denaro e casualità. Forse il calcio italiano che è finito ad assecondare i palinsesti televisivi, i capricci di pseudo star patinate, gli interessi dei potenti, ha bisogno di distrarsi un momento da tutto quanto, per ricordarsi di essere tutto sommato il gioco più bello del mondo. Magari partendo proprio dal sostegno alla maglia azzurra ed al nuovo ct.