Ormai mi sento proprio solo.
Il pessimismo dilagante generale mi pare sempre più forte e convinto ogni giorno che trascorre. D’altra parte, i numeri del drammatico contagio che sta investendo l’Italia, l’Europa e il mondo non sono certo banali e nessuno ha mai avuto l’intenzione di sottovalutarli. Semplicemente si cercava di vedere la luce in fondo a un tunnel che per molti pare ancora talmente lungo e buio da sembrare praticamente infinito. Non volevo che fosse così, ma sono rimasto ormai veramente tra i pochi che credono ancora che “andrà tutto bene” e ne saremo fuori in un lasso temporale piuttosto accettabile.
Mi spiego: sono convinto che per sconfiggere definitivamente la piaga inaspettata e improvvisa che si è abbattuta come la peggiore delle sventure sull’umanità intera servano ancora parecchi sforzi, energie e non si riesca a risolvere nel breve. Sarebbe sufficiente, però, essere in grado di mitigare fortemente un dramma al quale anche il mondo della scienza si è fatto trovare impreparato ed esterrefatto mostrando così il suo lato più umano. Non cerco colpevoli. Non si tratta di una “caccia alle streghe”. Non so se il covid-19 non abbia avuto una degna considerazione quando ancora, ahimè per Loro, colpiva solo la Cina e se si potesse reagire con misure preventive più efficaci. Non mi pare neanche il momento di analizzare il punto. Non voglio nemmeno trattare dei tagli alla sanità, ora in palese e innegabile sofferenza, o di quelli alla ricerca. Vorrei soltanto specificare che, essendo un problema di portata globale, non credo che su tutta la terra non si siano fornite le giuste risorse al mondo scientifico. In ogni caso, quando finalmente si riuscirà a superare il problema, di certo le coscienze ne usciranno scosse, la giustizia farà il suo corso e si lavorerà per migliorare le falle che il sistema generale ha palesato. Non ora, però. Non è il periodo.

Adesso bisogna collaborare per uscire dal dramma. Come possibile farlo? Sicuramente il primo passo è il rispetto delle norme pesanti che purtroppo lo Stato ha dovuto adottare per superare il problema. E’ quantomeno strano che, nel 2020, non si abbia altra soluzione a un virus se non quella di limitare il più possibile la nostra essenza di esseri umani cioè la socialità. #distantimauniti, certo. Guai a non onorare tale diktat perché ne va della salute pubblica, bene primario e costituzionalmente fondamentale. Ribadisco di nuovo che non si cercano colpevoli in quanto non è il momento e non ne ho neppure le competenze adeguate, ma consentitemi di sostenere che la scienza debba comprendere seriamente il suo lato umano tipico di qualsiasi disciplina. Quanto sta accadendo, è l’ennesima dimostrazione che la perfezione non esiste. Proprio per questo, urge non attaccare nessuno e non farsi cogliere dall’ira per quanto sta accadendo. Se errore vi fosse stato a opera di qualcuno, occorrerebbe comprendere che la nostra specie è fallace e può sbagliare.

Non mi stancherò mai di sostenere che la seconda opera da compiere per uscire dalla crisi è non perdere la speranza e non lasciarsi trascinare dal pessimismo cosmico. Lasciamolo alle magnifiche opere leopardiane. Appena l’epidemia colpì l’Italia, si parlò di “psicosi”. Ora questo termine è stato assolutamente accantonato e la realtà si presenta sempre più nuda e cruda. E’ necessario e indispensabile, però, avere fiducia nel futuro. Se si perde pure questa facoltà, nulla ha più senso. Nel finale del film disneyano La Bella e la Bestia, quest’ultima creatura vede il suo castello attaccato dagli abitanti del vicino villaggio condotti da Gastone che svolge il classico ruolo dell’antagonista. Belle ha ormai già definitivamente conquistato e trasformato l’arido cuore del suo amato dall’animalesco aspetto. Quando il rivale giunge di fronte a lui con il fine di liberarsene, la Bestia crede di aver definitivamente perduto la sua fanciulla così la reazione nei confronti di chi lo attacca si può descrivere con la passività più assoluta. E’ completamente in balia del nemico. All’improvviso, però, la ragazza si manifesta riaccendendo l’animo del protagonista che si “riprende in un amen”, combatte e sconfigge il nemico. Questo passaggio è molto utile per consentire anche a chi è in tenera età di comprendere che non bisogna mai abbandonare la speranza altrimenti si incontrerà una sicura sconfitta. Il virus verrà debellato. Punto. Si tratta solo di comprendere quale sia l’arma migliore per riuscirvi, ma questo è un compito che dobbiamo affidare ad altri. Qualcuno obietterà che tale certezza è assolutamente scontata. Vero, ma il vero atto di fede sta nel credere che ciò accadrà in un lasso temporale più breve di quanto ormai in maniera assolutamente pessimistica in molti pensano. Questa è una reale e concreta dimostrazione di forza e penso ne gioverebbe anche chi si trova in prima linea a sfidare l’emergenza. Mi riferisco chiaramente agli operatori sanitari, ai ricercatori, ai politici e a tutti quei professionisti che stanno proseguendo la loro attività e sostenendo l’Italia malata di questi giorni. Noi crediamo che ci farete uscire presto da questa situazione perché abbiamo stima e fiducia nei Vostri confronti. E’ un messaggio forte in grado di stimolare chi si trova in estrema e palese difficoltà. Perdonate la metafora azzardata. Dobbiamo essere per Loro ciò che Belle ha rappresentato per il suo amato. I vari falshmob sui balconi o manifestazioni simili possono avere un’utilità solo se intesi in quest’ottica. Vorrei essere piuttosto esplicito. Li trovo davvero stridenti con la sofferenza del Paese. Personalmente non sollevano il morale e non forniscono alcun contributo concreto se non, appunto, quello di far sentire la propria vicinanza a chi sta affrontando il coronavirus viso a viso.

Il terzo e ultimo ingrediente della personale ricetta contro il malsano ospite è l’unione verso un unico traguardo. Sento sovente parlare di orgoglio nazionale e di un’Italia che starebbe insegnando al mondo come si affronta l’emergenza. Non vi trovo nulla del quale essere fieri e nemmeno penso che in questo momento storico si possano impartire lezioni ad alcuno anche perché, purtroppo, non abbiamo ancora trionfato. Non voglio apparire demagogico, ma credo fermamente che sia il momento di trovare un equilibrio e una stabilità a livello mondiale senza vinti o vincitori e privi di un’inutile gloria personale che allo stato dell’arte non determina alcun vantaggio. Bisogna unire le forze e le intelligenze per attaccare il nemico e distruggerlo senza pietà.

Penso che l’Uefa possa avere intrapreso la via corretta. Riporto le parole di Ceferin, Presidente dell’Organo principale del calcio europeo, e ultimamente vituperato dai molti per alcune sue decisioni: “Siamo alla guida di uno sport che un gran numero di persone vive e respira e che è stato messo a terra da questo avversario invisibile e in rapido movimento. È in questi momenti che la comunità calcistica deve mostrare responsabilità, unità, solidarietà e altruismo.” Ancora: “La salute dei tifosi, dello staff e dei giocatori deve essere la nostra priorità numero uno e secondo questo spirito, la UEFA ha presentato una gamma di opzioni tali che le competizioni potessero concludersi in questa stagione in sicurezza e sono orgoglioso della risposta dei miei colleghi del calcio europeo. C’è stato un vero spirito di cooperazione, con tutti riconoscendo la necessità di sacrificare qualcosa per ottenere il miglior risultato” (Il Resto del Carlino). Trovo che sia un discorso ineccepibile. Denota grandi capacità di leadership dimostrando fiducia nella collaborazione e positività relativa al futuro che altri dirigenti hanno faticato maggiormente a palesare. Sulla stessa falsariga è pure il Numero Uno dell’ECA, Andrea Agnelli: “L'Europa sta affrontando la sfida più grande di questa generazione, che impatta a tutti i livelli sulla società, incluso il calcio. La sfida al nostro gioco è massiccia e come leader abbiamo la responsabilità di fare tutto quello che possiamo per proteggerlo nel lungo periodo, mitigando l'effetto del virus. La decisione di oggi testimonia l'unità e la collaborazione di tutti i partecipanti, nell'impegnarsi in un processo decisionale che ha gli interessi del calcio al primo posto". Poi "l'obiettivo ora sarà trovare soluzioni per concludere la stagione 2019-2020 nella maniera più pratica e di assicurare che il calcio, come la società, ritorni il più presto possibile alla sua naturale forma e al suo ritmo” (Corriere dello Sport). Al coro si aggiunge la rassicurante voce di Gravina, Presidente della Figc, ai microfoni di Tutti Convocati: “Era un auspicio condiviso da tutti quello del rinvio dell'Europeo. Adesso abbiamo maggiori possibilità per posizionare alcune date in maggio e giugno sperando sia sufficiente per la deadline del 30 giugno. Sappiamo che i campionati nazionali sono autonomi. Daremo priorità al nostro calendario. Non prendo in considerazione un piano di estrema crisi, mi preoccuperebbe per il nostro paese. Spingiamo sull'acceleratore dell'ottimismo. Lavoriamo su ipotesi del 2/05 e di completare i campionati, eventualmente sforando a luglio se non dovessimo farcela al 30/06” (Calciomercato.com). Vorrei concludere la carrellata di prestigiosi interventi con quello del Ministro dello Sport e delle Politiche Giovanili, Spadafora che al Tg1 è lapidario: “Il campionato di Serie A dovrebbe ripartire a inizio maggio"​ (Calciomercato.com).

Sembra incredibile. E’ vero. Non sono il solo a credere che “si possa fare” e che ciò potrebbe avvenire pure in un tempo relativamente breve. In un mare di pessimismo, ahimè confortato dai numeri, leggere certe parole è come accendere una torcia nel buio più pesto di una notte senza stelle. Grazie, veramente. Il fatto che giungano dopo una riunione che ha visto raccolte in videoconferenza le principali Istituzioni del pallone europeo in tutte le sue componenti consente di porre ulteriori riflessioni. La prima è relativa alla politica. Forse proprio dal calcio, sovente tacciato di guardare soltanto agli interessi economici, stanno giungendo possibili rotte da tracciare. Innanzitutto occorre guardare alla collaborazione. Ribadisco che, se i vari Paesi affrontassero il covid-19 con maggiore compattezza e unità, ritengo potrebbero sconfiggerlo in un lasso temporale certamente minore. Molti virologi sostengono che il coronavirus non conosca confini e se viene debellato solo a livello locale non può considerarsi battuto. La seconda, invece, è la positività.

L’Uefa, come il CIO per l’Olimpiade, prova a concentrarsi sul bicchiere mezzo pieno e non credo si tratti di tracotanza, supponenza o sottovalutazione del pericolo, ma soltanto di attento equilibrio degli interessi in gioco. #distantimauniti e #iorestoacasa hanno un senso fondamentale, ma soltanto se siamo ottimisti.



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