Ieri sera al termine della sfida tra Manchester United e Juventus mi sono reso conto, forse per la prima volta, del trascorrere del tempo.
Perché spesso al bar con gli amici o in famiglia usiamo la parola “cambiamento” per intendere un qualcosa che si stacca dalla realtà della vita quotidiana, quasi un oggetto astratto che si muove in un mondo troppo diverso per lasciarsi andare alla prima innovazione.
E così, in un’epoca dove l’evoluzione tecnologica, artistica e musicale ha trovato il massimo appoggio, è venuto a cambiare anche il messaggio del calcio; sì, perché la sfida di ieri sera ad Old Trafford non può essere considerata una partita.

Premesso che la Juventus è una grandissima squadra in grado di poter arrivare in fondo alla Champions a testa alta, è anche vero che i Red Devils non hanno fatto nulla per provare quantomeno a raggiungere il pari. Dopo il gol di Dybala, infatti, i padroni di casa hanno optato per i lanci lunghi, che agevolavano non poco Chiellini e compagni.
I ragazzi di Mourinho non sono riusciti a tenere in mano il pallino del gioco, ma soprattutto non hanno disputato una gara degna del blasone del loro club.
Il Man United merita altro e in una notte stellata di metà settimana, per usare un segmento poetico, partite così sono inammissibili. Perché contro questa Juventus si può perdere, ma la dignità e la voglia di stupire con spinte offensive degne di nota non devono mai mancare; i Red Devils invece sembravano abbandonati ad un qualcosa di più vasto da raccontare, e anche Old Trafford si è arreso ai tifosi juventini, che cantavano a squarciagola per celebrare le gesta dei loro eroi. 

La prestazione del Manchester United porterà inevitabilmente a fare delle riflessioni profonde, che partiranno dall’allenatore e arriveranno ai giocatori. Ma l’unico personaggio esente da colpe è José Mourinho. Il portoghese anche ieri sera, durante il battibecco con i tifosi della Juventus ha mostrato il numero tre sulle dita, quasi a voler ribadire la sua superiorità in qualunque ambito, dalla stampa al campo. Il tutto mentre i suoi ragazzi venivano umiliati dai giocatori di Allegri con un lento possesso palla che a 10 minuti dalla fine ha costretto i tifosi di casa ad abbandonare lo stadio. Una scena mai vista, lo dice la storia. L’Old Trafford che conosco io, ma che molto probabilmente ricordano tutti, era uno stadio che non aveva niente da invidiare al Bernabeu e al Camp Nou, perché in quell’impianto sognare diventava un obbligo e spesso le illusioni si trasformavano in realtà profonde, magiche e impossibili da imitare. Adesso, invece, nella penuria più totale l’unico degno di nota è il tecnico dei Red Devils, che conscio delle difficoltà, riesce comunque a tirare fuori il suo caratterino, quello dei tempi interisti, quando aveva tutti contro tranne i tifosi.

Un’era sta per finire anche se in realtà non è mai iniziata. Perché i primi responsabili di questa squadra sono coloro che propongono i calciatori; la difesa fa acqua da ogni parte, il centrocampo non ha qualità e non riesce a fare filtro, mentre l’attacco è individuale e privo di ogni schema. Mourinho il carattere lo mette, ma se i calciatori non onorano la maglia e non rispettano il blasone del club, è inutile puntare il dito contro lo special one. È giusto che dall’alto qualcuno intervenga per portare a Manchester giocatori veri, in grado di far tornare a brillare Old Trafford. Adesso il teatro dei sogni è diventato il teatro dell’invidia di Shakespeare, ma dalle delusioni è obbligo ritornare più forti di prima. La palla passa a chi di dovere.