Mi sarebbe piaciuto tanto parlare di Juventus-Inter, della serie A, della Champions che questa sera ci regalerà anche Valencia-Atalanta, ma purtroppo non riesco a farlo.
In questo momento non sento il grande stimolo di guardare all’aspetto tecnico, al calcio giocato. Spero di potere compiere tale attività davvero presto perché si tratta dello sport più bello del mondo e, ancora di più in questi giorni, il vero appassionato sente il peso della sua mancanza. D’altronde il periodo di forti privazioni può rappresentare anche un grande insegnamento ad apprezzare una realtà prima sottovalutata. Quando tornerà, e lo farà, saremo tutti certamente più grati rispetto a ciò che ci dona continuamente. La partita serale di pallone con gli amici, l’aperitivo, la cena al ristorante... Tutto avrà un sapore diverso e sicuramente più gradito. Mi fermo qui onde evitare di ricadere in una sterile e vuota demagogia che troppo ho udito negli ultimi giorni. La ritengo assolutamente insensata e direi fastidiosa, quindi, non voglio annoiare il lettore propinandogli una pillola amara che già deve ingurgitare troppo spesso.

#iorestoacasa è sicuramente il messaggio che deve passare, ma deve trasparire nel modo corretto. Troppe volte e in tante maniere è stato spiegato il motivo per cui nei prossimi giorni dovremo rimanere tra le mura domestiche. Giustamente, il problema è stato giustificato con la mancanza degli spazi per ospitare i tanti ammalati all’interno dei nosocomi del nord Italia. Sovente si è sentito parlare di terapie intensive oberate, di situazioni devastanti che distruggono l’animo umano. Credo che sia stata completamente errata la comunicazione. D’altronde il messaggio giungeva soprattutto da addetti ai lavori che sono scienziati e non necessariamente esperti nella trasmissione di notizie. Come spesso accade, solo davanti alla prospettiva finale, l’uomo riesce ad avere quel colpo di genio che può veramente indicargli la retta via. Qualcuno ritiene che l’input giunga da Dio, altri hanno visioni diverse. Ciò che conta è il risultato. Credo che ieri sera si sia davvero arrivati a comprendere che queste grandi privazioni attuali hanno un immenso valore. Non che il problema degli ospedali e delle terapie intensive non fosse determinante, ma mancava di quella speranza che risulta fondamentale per convincere le anime relativamente alla giustizia del comportamento loro “imposto”. Gli esempi dei risultati ottenuti in Cina già indicavano la via, ma l’Asia è Terra lontana e noi abbiamo una cultura differente. Non era, quindi, un messaggio sufficientemente potente per essere compreso. La luce è giunta da Vò Euganeo. E’ come se questo Paesino dal nome particolare che si presta già di suo ad acclamazioni poetiche avesse acceso la lampadina nel cervello di molti.
La notizia, signori, è che lì la situazione è migliorata. Sono state sufficienti poco più di 2 settimane di “quarantena” per contenere l’insano, sgradito e malefico ospite. Vò, e speriamo di non scordarci mai questa Località, sta vincendo la sua battaglia tanto che paradossalmente ora pare una delle zone più sicure della Nostra Magnifica Penisola. Allora sì che ci si convince della sensatezza del sacrificio. I Grandi Luminari della scienza e le Istituzioni mi consentano di affermare che avrebbero dovuto da subito fornire una guida più speranzosa.
Comprendo molto bene che la mancata conoscenza di un virus nuovo e infernale potesse lasciare poca sicurezza a questi Uomini, ma un minimo di positività in più sarebbe stata gradita. Invece si sono trascorsi 15 giorni di inviti alla calma senza una motivazione effettiva. Anzi, si è assistito a provvedimenti e informazioni che tutto palesavano fuorché una situazione di tranquillità. E’ come se le mani avessero compiuto atti diversi da ciò che affermava la voce. Vò, e a quanto pare anche il lodigiano, sono la guida. Se loro stanno riuscendo nell’impresa, con la stessa linea potremo trionfare anche noi. Ho fiducia che quando tutto questo sarà finito ci ricorderemo di alcuni grandi insegnamenti. La Scienza è fondamentale, ma non le si può chiedere l’infallibilità. La forza della Speranza e la positività guidate da un’importante logica sottostante hanno una potenza inaudita.

Come recentemente ha fatto anche il mio Collega Matteo1999, vorrei ringraziare Calciomercato.com perché nella confusione di questi orribili giorni è riuscito a trattare l’argomento fornendo sempre notizie puntuali, precise, veritiere e rigorose. Penso che sia la base del miglior giornalismo. A tutto questo si aggiungono importanti editoriali che si possono condividere o meno, ma sono scritti in maniera assolutamente educata e competente. Bravi davvero. Non era un’opera facile nel caos generale che il nostro amato pallone, per colpe non sue, ha dovuto patire.

Lo ammetto. Vado controcorrente ma lo ribadisco: a mio parere la serie A avrebbe potuto continuare a giocare.
Voglio motivare questa affermazione che mi rendo conto potrebbe essere considerata scorretta da molti e non desidero proprio far trasparire una personale sottovalutazione del problema. Non è così e mi pare che il lungo preambolo abbia già chiarito il punto. Il coronavirus è un dramma incredibile che ci ha improvvisamente catapultati in una situazione che la nostra generazione, e per molti anche quella dei genitori, non ha mai vissuto. Ci troviamo a essere, ahinoi, protagonisti di pagine di storia che in futuro studieranno e che ricorderanno come un momento davvero buio per la società. Appurato questo, ribadisco ancora il concetto per il quale la salute deve essere un bene primario da tutelare e ciò deve valere logicamente anche per i calciatori. E’ inutile nascondere che vi sia stato un bag del sistema. Mi pare palese e sotto gli occhi di tutti. Non credo che la situazione sia drasticamente modificata da domenica notte alla successiva mattinata. Se alle 2 i giocatori avrebbero potuto disputare le gare a porte chiuse come sottoscritto da un dpcm, è assolutamente fuorviante pensare che la loro sicurezza potesse essere messa a repentaglio soltanto qualche ora dopo. Tutto questo è confermato pure dall’ultimo decreto giunto in ordine cronologico che è stato sottoscritto dal Premier giusto ieri sera. Non si può non notare, infatti, che l’atto parla chiaro: “Gli impianti sportivi sono utilizzabili, a porte chiuse, soltanto per le sedute di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, riconosciuti di interesse nazionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e dalle rispettive federazioni, in vista della loro partecipazione ai giochi olimpici o a manifestazioni nazionali e internazionali. Resta consentito esclusivamente lo svolgimento di eventi e competizioni sportive organizzate da organismi sportivi internazionali all’interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse”. Lampante. Se Aristotele e i suoi sillogismi non mi tradiscono, direi che non essendo un pericolo allenarsi o disputare le competizioni europee, non lo sarebbe stato neppure giocare la serie A. Dopo quanto accaduto domenica con il duro botta e risposta tra la Lega Calcio e il Ministro dello Sport, credo che nessuno voglia replicare la medesima situazione a distanza di qualche ora. In quel caso, il dpcm emanato nel weekend consentiva il regolare svolgimento delle gare del nostro massimo campionato a porte chiuse ma Spadafora, ai microfoni di Novantesimo Minuto, ha sostenuto di aver concesso una simile opportunità nella speranza che il senso di responsabilità fermasse poi il torneo. Insomma, un messaggio che definirei abbastanza particolare. E’ impossibile ricadere in un medesimo misunderstending. E’ quindi assodato che per il Governo i giocatori possono proseguire la loro attività in assoluta sicurezza. L’interpretazione personale che fornisco alle parole del Primo Ministro durante la conferenza stampa andata in onda ieri a reti unificate mi pare indirizzata più che altro a motivare la sospensione della serie A con un messaggio che anche il mondo del calcio deve mandare alla Nazione. Del tipo: “siccome non si è stati troppo diligenti nel rispettare le indicazioni e qualcuno ha evidentemente sottovalutato il problema, dato che il calcio è notoriamente importante all’interno del Nostro Paese e non si ferma mai, bloccandolo viene lanciato un segnale davvero decisivo”. E’ come se il Premier avesse concesso al pallone una funzione sociale assolutamente primaria. Lo comprendo e capisco anche chi sostiene che questo sport, in un momento simile, stoni come i vetusti strumenti di un vecchio campanile. In effetti è così. Non c’è la voglia di gioire che rappresenta l’essenza di tale gioco. Detto questo, avrei attribuito all’assoluto protagonista del romanzo popolare della cultura italica uno scopo diverso. Consentendo al campionato di proseguire a porte chiuse, si sarebbe lasciato a tutta la popolazione duramente provata da numerose restrizioni la possibilità di godersi 2 ore di svago. Il quesito lo aveva posto pure Sarri… In questo modo si sarebbe potuto stimolare l’appassionato, e l’Italia è piena, a rimanere in casa ancora più volentieri e si sarebbe pure fornito un segnale importante anche alle altre categorie di lavoratori che nonostante tutto proseguono la loro attività perché non hanno diversa chance. Così facendo, ed è inutile negarlo, si sarebbe persino potuto guardare al lato economico e alle esigenze di club che comunque rappresentano un patrimonio indispensabile per l’italica finanza.

Sono state operate scelte diverse e si accettano. Giustamente queste sono state effettuate dal Governo proprio a tutela dell’ultimo aspetto sottolineato. Giungendo l’ordine dall’alto, il pallone cerca di salvaguardarsi, quantomeno dal punto di vista giuridico, dai vari possibili reclami che potrebbero arrivare. Sulla scia di quanto accaduto a Vò, con la speranza e la fiducia che dal 3 aprile si possa tornare in campo, ora è necessario comprendere come risolvere il problema dei calendari. Durante Tiki Taka, andato in onda ieri sera, mi pare che Auriemma abbia paventato questo tipo di ipotesi: richiedere all’Uefa uno slittamento dell’Europeo di qualche settimana per poter concludere il campionato durante il mese di giugno e, dopo un breve periodo di riposo, iniziare la competizione itinerante in agosto. Una tale soluzione garantirebbe pure la possibilità di concedere ancora maggior tempo per sconfiggere il virus e la kermesse continentale potrebbe subire meno rischi. E’ chiaro che occorrerebbe guardare con estrema attenzione anche alle Olimpiadi in modo da non creare un accavallamento tra le manifestazioni. Un ulteriore dilemma sarebbe collegato alle Federazioni Straniere. Molte di queste, infatti, consuetudinariamente iniziano i loro tornei proprio nell’ottavo mese dell’anno. Mi rendo conto che si tratti di un puzzle con tanti difficili incastri, ma l’Italia non ha alcuna colpa per una tragica situazione che le è piovuta addosso all’improvviso come il più infido dei nemici. L’Europa potrebbe mostrare la propria sensibilità e magnanimità con un gesto molto complesso, ma allo stesso tempo davvero importante. Un’alternativa potrebbe essere quella di giocare, in Italia, ogni 2 giorni per recuperare il tempo dedicato alla fondamentale guerra al virus e giungere pronti alle date stabilite dall’Uefa. Non chiudete così la stagione! Si trovi il modo di terminarla quando il problema del coronavirus sarà risolto.


So di essere forse troppo ottimista, ma non riesco a pensare di cancellare ogni attività sportiva senza l’idea di poterla recuperare il prima possibile. Il calcio, come tutte le altre attività dello stesso genere, rappresentano un collante sociale di primaria importanza. Sono una valvola di sfogo fondamentale e donano insegnamenti di vita e serenità. Sono parte integrante e decisiva della nostra storia. Mantengono un impressionante numero di famiglie. Non si può trattarli come l’ultimo dei problemi.