L'illusione di non rivedere mai più Pirlo sulla panchina della Juventus, dopo la disfatta interna contro il Milan, dura giusto il tempo di una notte, durante la quale si sono rincorse voci di vertici societari, sfociati addirittura in una lite tra Nedved e Paratici, andati in scena per decidere l'immediato futuro dell’allenatore della Juventus. La scelta della società, a questo punto ormai definitiva, è stata di concludere con Pirlo questa fallimentare stagione. E così, come in un incubo senza fine, ritroviamo ancora una volta quello che può essere definito il peggior allenatore della storia della Juventus, in conferenza stampa alla vigilia della partita contro il Sassuolo, ripetere la solita cantilena che ogni tifoso bianconero è costretto a sopportare da inizio anno. Racconta di approcci sbagliati e di errori individuali che hanno compromesso le partite, di una squadra “arrabbiata, anzi incazzata” che deve ancora credere nell’obiettivo Champions. Alla stessa maniera delle conferenze stampa, la stagione è scivolata via nel piattume più totale, partita dopo partita, rimodulando al ribasso soltanto il traguardo finale. Prima lo scudetto, al quale il Mister dichiarava di credere anche dopo la sconfitta interna con il Benevento, adesso la Champions League. Il timore, visto un andazzo che non induce nel tifoso particolare ottimismo, è che la prossima volta, davanti ai giornalisti, Pirlo parlerà di blindare il piazzamento in Europa League.

Si va dunque a Reggio Emilia per affrontare il Sassuolo, nello stadio in cui il prossimo mercoledì i bianconeri contenderanno all’Atalanta la Coppa Italia, ultimo trofeo rimasto a disposizione per rendere appena un minimo meno amara l’annata. La lista dei convocati non presenta defezioni e, visto quanto accaduto contro il Milan, questa circostanza, paradossalmente, contribuisce ad aumentare il timore dei tifosi circa le scelte che potrebbe operare il Mister.
In porta gioca Buffon, che in settimana ha annunciato il secondo addio, questa volta definitivo, alla Juventus. Personalmente preferisco considerare quello di tre anni fa, con il tributo di tutto lo Stadium e di tutti i tifosi, il vero saluto tra il portiere e il mondo bianconero. Queste ultime due stagioni, in cui si è vista una sorta di stanca e malinconica controfigura del grande portiere che fu, sarebbe forse meglio dimenticarle per non rovinare, neppure parzialmente, il ricordo di un uomo che quindici anni fa, da campione del mondo e favorito nella corsa al pallone d’oro, accompagnò la Juventus nell’anno più difficile della sua storia, guadagnandosi l’eterno rispetto e la riconoscenza di ogni juventino. Davanti a quello che è stato il numero uno dei numeri uno, Pirlo schiera una linea difensiva composta, da destra verso sinistra, da Danilo, De Ligt, Bonucci e Alex Sandro. Centrocampo a quattro formato da Arthur e Rabiot in mezzo, con Chiesa e Kulusevski sulle fasce, rispettivamente destra e sinistra. In attacco, dopo i tristi dieci minuti finali avuti a disposizione contro il Milan, torna titolare Dybala che farà coppia con Ronaldo.  

Il paladino del calcio del popolo De Zerbi, che la prossima stagione quasi sicuramente volerà in Ucraina per realizzare i sogni dei bambini tifosi dello Shakthar Donetsk, risponde con il suo solito 4231, nel quale, davanti alla porta difesa da Consigli, schiera una linea di quattro difensori composta da Toljan, Marlon, Ferrari e Kiriakopoulos. A centrocampo spazio per la coppia titolare formata da Locatelli ed Obiang, mentre in avanti il giovane Raspadori sarà supportato dal trio di trequartisti composto da Berardi, Traorè e Boga che agiranno alle sue spalle.
Con l’animo reso ormai sereno dalla sopraggiunta rassegnazione, il ginocchio ancora dolorante e la tensione prossima allo zero, il tifoso bianconero prende posto davanti alla tv senza avere la minima idea di cosa aspettarsi e di cosa dover chiedere ad una squadra che nelle ultime giornate ha dato ampia prova di non avere più molto da dire. 

La Juventus, nei primi minuti di gara, è una squadra in evidente difficoltà che soffre la velocità di manovra e il pressing degli avversari e che, soprattutto, dimostra di non essere ancora venuta fuori da quella spirale negativa che, partita dopo partita, l’ha trascinata a fondo, fino al quinto posto in classifica. L’impostazione da dietro, soffocata dalla pressione avversaria, si rivela incerta, sviluppandosi attraverso troppi passaggi laterali tra portiere e difensori che rendono fin da subito eccessivamente complicato e rischioso l’inizio dell’azione. Dall’altra parte, il Sassuolo si muove veloce sul campo, agile nelle gambe e libero nella testa. Confeziona nei primi cinque minuti due buone opportunità per passare in vantaggio vanificate prima Traorè, che dall’interno dell’area di rigore non trova la porta, calciando alto il cross arretrato di Toljan, poi da Berardi, che, dopo una veloce triangolazione con Raspadori, con un sinistro a giro dal limite dell’area manda il pallone di poco sopra la traversa della porta di Buffon.
La Juventus fatica a proporsi con efficacia e convinzione nella metà campo avversaria, abbozza qualche tentativo di ripartenza senza però creare vere opportunità di tiro. Dybala arretra per offrire un tocco di qualità all’inizio dell’azione, Ronaldo, che fin dalle prime battute appare determinato, concentrato, vivo, sfrutta il movimento  verso l’interno del campo di Kulusevski per partire dalla sua zona di sinistra. L’area di rigore resta però vuota. Senza Morata è evidente la mancanza di un riferimento centrale su cui appoggiare la manovra. Un calcio d’angolo battuto corto da Arthur per far crossare Dybala con il destro, non si capisce bene a quale scopo, è tutta la produzione offensiva della Juventus nella prima parte di gara. In fase difensiva la squadra di Pirlo soffre. Senza alcuno schermo da parte del centrocampo, dove solo Rabiot offre un minimo di filtro, la difesa bianconera si trova esposta agli attacchi rapidi portati dagli uomini di De Zerbi, andando in difficoltà nel fronteggiare avversari che arrivano indisturbati fino al limite dell’area. L’affanno, unito alla ricerca dell’uscita da dietro con la palla, provoca il disimpegno errato tra Rabiot e Bonucci, sul quale Raspadori si intromette, recupera palla e salta il capitano della Juventus che, in piena area, non può fare altro che stenderlo. L’arbitro Giacomelli fischia il rigore e la decisione non lascia dubbi. Sul dischetto si presenta Berardi. Tira forte ma a mezza altezza e senza angolare abbastanza. Buffon intuisce l’angolo e aggiunge un’altra fotografia all’album dei ricordi. Non avrà il fascino del rigore parato a Figo nella semifinale di ritorno contro il Real Madrid nel 2003 ma, nello sviluppo della partita, l’intervento di Buffon sarà determinante.
Lo scampato pericolo questa volta scuote la Juve che cerca di alzare il baricentro e di proporsi con maggiore insistenza nella metà campo avversaria, iniziando a portare una pressione più decisa all’impostazione da dietro del Sassuolo. Ronaldo in pressing isolato invita la squadra a venire avanti, costringendo all’errore la difesa neroverde. Dalla rimessa conquistata, la Juventus arriva per la prima volta alla conclusione verso la porta avversaria con un sinistro di Kulusevski respinto da Consigli. Si alza il livello dello scontro fisico e dell’intensità. Ne fa le spese Arthur che, penalizzato da due gambette troppo corte che lo rendono assolutamente inadatto a giocare in un centrocampo a due, fatica a coprire ampie porzioni di campo. Rabiot praticamente è da solo. Per quanto possa non piacere e ormai sia inviso alla maggioranza dei tifosi, Bentancur rimane l’unico vero interditore a disposizione di Pirlo. Impossibile fare a meno dell’uruguaiano se si sceglie di giocare in questa maniera. Senza di lui, in mezzo al campo si riapre la stessa voragine dentro cui è stata inghiottita la partita di domenica contro Milan.
Nonostante qualche interruzione di troppo, la sfida scorre veloce. Locatelli controlla male un pallone all’altezza della linea di metà campo e lo perde sulla pressione di Arthur e Chiesa. L’ala trova Rabiot che si propone libero sulla trequarti avversaria e apre la sua falcata verso la porta. Rimbalza via il tentativo di contrasto di Locatelli e, dal limite dell’area, lascia partire un diagonale di sinistro che, dopo aver accarezzato il palo, si infila in rete. Poco prima della mezz’ora la Juventus, dopo aver rischiato in più momenti di andare sotto, passa in vantaggio. A volte basta solo tirare in porta.
Subìto il gol, il Sassuolo si ripropone in attacco, andando al tiro altre due volte, prima con Traorè, che conclude alto dopo l’ennesimo errore in disimpegno della Juventus, questa volta commesso da De Ligt, e poi con Obiang, che dal limite costringe Buffon alla parata a terra. Le occasioni da rete si inseguono rapide da entrambe le parti. Ronaldo, con un destro violento che impegna Consigli, inizia a prendere confidenza con la porta. Il gol è questione di minuti e arriva allo scadere del primo tempo. La difesa decide finalmente di non correre ulteriori rischi e di lanciare lungo in avanti. Ferrari di testa contende il pallone a Ronaldo. Ne viene fuori un rimpallo, con la palla che vola nel cerchio di centrocampo. Rabiot arriva prima di tutti e di testa, di prima intenzione, lancia il portghese. In soli due tocchi, Ronaldo salta Marlon con un tunnel e di sinistro batte Consigli, segnando il gol numero cento con la maglia bianconera. Un gol bello e difficile realizzato con la massima naturalezza e che conferma che il calcio forse è meno complicato di quanto la nuova generazione di manager in cravatta e panciotto pretenda di spiegare. Quando non si può a uscire in palleggio dalla difesa, invece di rischiare l’osso del collo alla ricerca di un’azione improbabile, basta lanciare lungo e andare a contendere la palla in avanti. Mal che vada, gli avversari dovranno comunque impostare la nuova azione dalla loro metà campo invece che ritrovarsi già apparecchiato il tiro in porta.

Il primo tempo si chiude sul doppio vantaggio per la Juventus. Una timida soddisfazione accompagna l’intervallo dei vari gruppi di whatsapp, anche se  stavolta, al netto di una leggera esultanza per i due gol segnati, le chat restano quasi silenziose. I risultati che arrivano dagli altri campi, le comode vittorie di Atalanta e Milan, contro il Benevento e l’imbarazzante Torino, non contribuiscono ad accendere l’entusiasmo. Alla possibilità che la Juventus possa comunque raggiungere il quarto posto non crede più nessuno. Rimane forse un’ultima possibilità, con la sfida di domenica prossima tra Fiorentina e Napoli. Si tratta però più di una flebile speranza, legata alla suggestione e al ricordo di quello scudetto perso dalla squadra di Sarri a Firenze tre anni fa, che di una reale possibilità. La Fiorentina non ha più nulla da chiedere al campionato, difficile credere che possa fermare un Napoli che forse in queste ultime giornate attraversa il periodo di forma migliore dell’intera stagione.  

Le due squadre tornano in campo per la ripresa del gioco senza alcun cambiamento. La seconda parte della sfida si apre con una bruciante accelerazione di Chiesa. Partito dalla sua metà campo, il forte esterno conclude la sua azione con un tiro che impegna Consigli. La partita si mantiene su ritmi elevati. La Juventus continua a soffrire in mezzo al campo, dove gli inserimenti dei giocatori del Sassuolo non incontrano praticamente opposizione. Pirlo dalla panchina non interviene per correggere un problema evidente fin dai primi minuti. De Zerbi, invece, attorno al decimo minuto, tenta di forzare il destino ed effettua un triplo cambio molto offensivo, inserendo Lopez, Defrel e Chiriches al posto di Obiang, Traorè e Toljan. Le scelte dell’allenatore neroverde vengono subito premiate. Marlon verticalizza per Raspadori. Al limite dell’area, senza alcuna opposizione, il giovane attaccante scambia in velocità con Lopez e, liberato al tiro, batte Buffon con una conclusione rasoterra. Il Sassuolo accorcia quindi le distanze, sfruttando l’evidente falla nella zona centrale del campo dello schieramento juventino.
Il gol subìto sveglia Pirlo che questa volta non aspetta che accada l’irreparabile per sistemare la squadra. Toglie Arthur e inserisce Bentancur. La Juventus, come prevedibile, beneficia del cambio. Trova un nuovo equilibrio che le permette di arginare le iniziative neroverdi e, in ripartenza, di colpire la squadra di De Zerbi, ormai sbilanciata in avanti dopo le sostituzioni offensive operate dal tecnico. Infatti, quello che il Sassuolo con il nuovo assetto ha guadagnato da punto di vista tecnico tecnica, lo perde sul piano dell’equilibrio e della fisicità. Bentancur inizia subito la sua opera di contrasti e palle recuperate. Assieme a Rabiot, permette  alla Juventus di prendere il sopravvento il mezzo al campo. L’azione di copertura diventa più efficace, complice la buona serata di Danilo e Sandro che tengono a freno la vivacità di Boga e Berardi. In particolare, da menzionare un intervento in chiusura dello stesso Sandro su Berardi. Le occasioni per colpire in ripartenza diventano frequenti. Ogni volta che la Juventus parte in contropiede si presenta al tiro. Chiesa, servito da Ronaldo, con un destro a giro manca di poco l’incrocio dei pali. Il gol è questione di minuti e arriva intorno al ventesimo. De Ligt interrompe una trama avversaria e serve Ronaldo, venuto incontro per offrire un punto di appoggio. In tre passaggi la Juventus arriva in porta. Ronaldo, Rabiot, Kulusevski. Lo svedese lanciato in campo aperto, con un tocco di sinistro a tagliare il campo, libera Dybala davanti alla porta. L’argentino mantiene la freddezza, rallenta il passo e con il destro scavalca Consigli in uscita. Tre a uno per la Juventus e centesimo gol in bianconero anche per Dybala.
Il Sassuolo prova ancora a rispondere ma, completamente sbilanciato, lascia varchi pericolosi nei quali i giocatori della Juventus affondano. Ogni ripartenza è una palla gol. Dybala impegna Consigli con un sinistro dal limite che chiama il portiere alla deviazione in angolo. Un nuovo contropiede in tre passaggi, Rabiot, Kulusevski, Ronaldo, manda il portoghese in uno contro uno con Chiriches. Ronaldo salta secco il difensore romeno e, con l’interno destro, cerca l’angolo lontano colpendo la base del palo. 

La partita si avvia alla conclusione senza riservare ulteriori sorprese. Arrivano gli ultimi cambi per Pirlo, al quale questa volta va riconosciuto di non aver tardato troppo la contromossa dopo le sostituzioni di De Zerbi, accontentandosi di subire un solo gol prima di intervenire sistemando la squadra e riportando una partita che stava scivolando verso un inevitabile pareggio, sul binario più favorevole. La ultime mosse del tecnico bianconero sono di carattere conservativo e richiamano in panchina Dybala e Chiesa, sostituiti da McKennie e Cuadrado. 
La partita non ha più nulla da raccontare. Un paio di conclusioni di Berardi, abbondantemente larghe, e un ultimo contropiede concluso da un colpo di testa di Rabiot che termina a lato chiudono la sfida. La Juventus ottiene una buona vittoria, che però arriva troppo tardi e servirà a poco, al termine di una partita approcciata con evidente timore ma poi, una volta sbloccata, condotta anche con una certa sicurezza. Mettere i giocatori nel proprio ruolo, schierare una formazione con un modulo chiaro, semplice, senza cervellotici meccanismi “liquidi” di transizione e di scalate sicuramente ha aiutato la squadra. Bisogna riconoscere che le situazioni, soprattutto in avvio di gara, sono girate in maniera favorevole ai bianconeri. Gli errori di mira di Traorè e di Berardi, il rigore parato da Buffon, hanno permesso alla Juventus di non passare in svantaggio e avere il tempo di entrare in partita senza subire danni. Molto bene Ronaldo, autore di una partita solida ed efficace dal punto di vista emotivo e tecnico, coronata con un gol, bello e difficile, che ha orientato la sfida verso Torino. Forse la chiacchierata a Maranello con John Elkann e Andrea Agnelli, tanto criticata da stampa e tifosi, ha avuto su di lui un effetto benefico più di quanto avrebbe potuto fare un allenamento alla Continassa agli ordini di Pirlo. Sarebbe interessante sapere cosa si sono detti.

Naturalmente non basta una partita per dichiarare la Juventus fuori dal periodo di crisi. Quella vista a Reggio Emilia, al netto della presenza di Arthur, improponibile in una mediana a due, è però una base di partenza sulla quale ragionare. Una base che andrebbe rivista su un periodo medio lungo per trarre valutazioni più accurate.
Non abbiamo però più tempo a disposizione. Lo abbiamo letteralmente “liquefatto”...