Diego Armando Maradona è un dio in terra, uno sportivo che va al di là della vita terrena, un qualcosa di estremamente celestiale solo a nominarlo è sempre stato un grande personaggio del mondo del calcio, simbolo della gente comune che lotta contro i potenti. Un grandissimo campione, un eroe per certi versi sia per i napoletani che soprattutto per gli argentini. Un uomo che solo a nominarlo scalda il cuore e gli animi dei tifosi di tutto il mondo. Lo conosciamo bene come calciatore anche se io ero troppo piccolo per poter ammirare le sue prodezze e di conseguenza non ho avuto la fortuna di poterlo conoscere e vederlo giocare. Mi son sempre chiesto, in verità, cosa la gente vedesse in questo giocatore, di campioni c’è ne sono stati tantissimi, soprattutto durante la sua epoca, ma mai nessuno è al suo pari, sono andato alla ricerca della motivazione per cui questo uomo, nonostante abbia smesso abbastanza presto con il calcio giocato a grandi livelli(non certo per età anagrafica ma lo spiegheremo dopo), riesca a emanare questa magia al solo pensiero. Non ho mai visto un giocatore per il quale la gente provi questo amore infinito quasi come fosse un dio. Mi son sempre detto: “ma come fa un uomo del genere per quello che ha fatto extracampo e per la vita cosi al limite che conduce, ancora oggi, ad essere così tanto amato dalle persone?”La risposta l’ho avuta, non dalla tv, non dalle parole sentite dai tanti ex compagni che hanno avuto la gioia di condividere con lui momenti indelebili, non dagli avversari che hanno avuto la fortuna di incrociarlo sul campo ma bensì dai napoletani. Ho avuto la possibilità durante le vacanze estive, negli anni passati, di incrociare diversi napoletani. Si sa sono un popolo che ama e vive per il calcio all’estremo, sono attaccatissimi alla loro squadra e alla loro città, nessuno si può permettere di andargli contro, nemmeno per scherzo. Tra le numerose discussioni di calcio che ho avuto la fortuna di poter fare con loro, nonostante sapessero che fossi Juventino, la loro più odiata rivale, appositamente, visto la mia grande curiosità, ho uscito l’argomento Maradona perché a tutti i dubbi che hai sul “pibe de oro” per uno come me che lo conosce soltanto attraverso i racconti, i video e le interviste rilasciate, chi meglio di un napoletano ti può rispondere. Bè capisci che per loro Maradona è un eroe, una divinità al limite tra il sacro e il profano e non lo intuisci soltanto da quello che ti raccontano di lui ma lo puoi, semplicemente, notare dai loro occhi. Quando dici Maradona i loro occhi si illuminano, sprigionano amore e sentimento verso quell’uomo che li ha fatti sognare ad occhi aperti. E quindi, nonostante i miei dubbi su quest’uomo siano notevoli, solo parlando con i napoletani ho capito perchè per loro mai nessuno altro al Mondo sarà più grande di Diego Amando Maradona e ho capito perché le persone lo amano così tanto ancora oggi, nonostante lui sia sempre stato genio e sregolatezza, nonostante i suoi eccessi, i suoi tanti fallimenti, l’essere stato vicino alla morte diverse volte, lui sa che può sempre contare sull’amore che la gente prova per lui. E’ forse questo che oggi gli permette ancora di continuare con la sua vita “spericolata”. E’ sempre stato un personaggio che anche da calciatore ha vissuto una vita al “limite” perché lui è un dio, un re che non ha bisogno di essere controllato, hanno anche detto di lui che un “mattone rettangolare poteva con i suoi piedi trasformarlo in una palla rotonda” pensate un pò. Possiamo quindi affermare che per la sua vita calcistica e soprattutto extracalcistica questo erigersi quasi ad una divinità non gli abbia fatto per nulla bene? Sul campione non si può discutere minimamente ma sull’uomo Maradona purtroppo parlano i fatti ma non credete che forse sia rimasto prigioniero del suo personaggio e che sia questa la motivazione che gli ha fatto vivere una vita al limite? Risponderemo dopo. Risulta superfluo parlare del calciatore e delle sue grandi abilità balistiche è stato il più forte di tutti i tempi (anche se non esiste la controprova con Pelè per questioni anagrafiche più che altro)lo dicono tutti, solo per l’aver vinto con il Napoli è sicuramente stato il più grande, ma dal lato umano Maradona ha più di qualcosa su cui dovrebbe meditare. Durante la sua vita è come se da un lato ci fosse stato l’innocente ragazzino dal fisico mingherlino nato in un povero sobborgo di Buenos Aires a Lanus nel 1960, e dall’altro il campione ingestibile, soggiogato dalla moltitudine di vizi e dalla sua vita mondana ma soprattutto dal suo più grande nemico, la cocaina che gli costò un finale di carriera in grande stile come solo un campione avrebbe meritato e che fece allontanare Maradona da Napoli come non mai. E sugli ultimi anni di carriera che mi voglio concentrare per mettere in evidenza le debolezze di quest’uomo ma non per denigrarlo, non mi permetterei mai, ma soltanto per provare a spiegare le motivazioni che lo hanno spinto a chiudere la carriera come non avrebbe certamente meritato, perché, come ho già detto, il calciatore non si può discutere ma il lato umano si e proverò a dire la mia ma per fare ciò è necessario ripercorrere le ultime tappe della sua carriera.

L’ultima partita con il Napoli e l’inizio della parabola discendente.

Il 24 marzo 1991 si chiuse definitivamente l’epoca d’oro del Napoli più vincente della sua storia poichè fu l’ultima partita in azzurro del Pibe de Oro, Diego Armando Maradona. Esattamente 29 anni fa l’argentino chiuse la sua carriera, definitivamente, con il Napoli scendendo in campo, per l’ultima volta in azzurro, nel corso di una pesante sconfitta per 4-1 allo stadio Marassi contro la Sampdoria che di li a poco più di qualche mese avrebbe festeggiato il titolo di campione d’Italia. Il gol della bandiera fu siglato su calcio di rigore proprio da Maradona. Un rigore che dovette segnare due volte, poiché l’arbitro Trentalange annullò il primo tentativo riscontrando delle irregolarità. Così Diego riprese la sfera e spiazzò nuovamente Pagliuca, fu anche ammonito durante quel match lamentandosi a fine gara poichè quell’ammonizione gli sarebbe costato un turno di squalifica contro l’Inter, nella partita successiva. Ma In realtà la squalifica che gli sarebbe arrivata sarebbe stata ben più lunga di un solo turno. Nessuno immaginava che fosse la sua ultima rete con la maglia azzurra dopo quasi un decennio di successi e di grande amore che il suo pubblico aveva sempre riservato per lui sin dal primo giorno del suo arrivo, anche quando fece di tutto per lasciare il Napoli ma questa è un'altra storia. Quella stagione non fu particolarmente esaltante per il Napoli infatti si chiuse con un scialbo settimo posto, nonostante il grande esordio condito con la vittoria della supercoppa italiana contro la Juventus, che diede l’inizio ad una lenta parabola discendente che porteranno, in seguito, la squadra partenopea, nel giro di pochi anni, a cadere nell’anonimato fino al suo definitivo fallimento. La carriera azzurra di Maradona fu interrotta bruscamente da un caso sospetto di doping, praticamente, il 17 Marzo dello stesso anno, fu infatti dopo un controllo antidoping che venne effettuato al termine della partita di campionato Napoli - Bari (1-0 con gol di Zola) che Maradona fu condannato, con la sentenza del 6 Aprile del 1991 ad una lunga squalifica, 15 mesi, poiché il responso mise in evidenza la sua positività alla cocaina. Nessuno anche in questa occasione poteva immaginare che quella contro il Bari sarebbe stata l’ultima volta che i napoletani avrebbero visto il loro idolo Maradona giocare al San Paolo. Avrebbe sicuramente meritato un addio migliore rispetto al triste esodo che gli giocò la sorte ma purtroppo quella sarà la fine di un sogno per un popolo che in Maradona aveva visto un simbolo della rinascita ed una nuova speranza nella lotta contro i potenti del calcio e nono solo. L’addio al Napoli di Diego Maradona si concretizzò con queste parole di sfogo dopo la sua positività:

So di aver fatto del male prima di tutto a me stesso e quindi alla mia famiglia, alle mie figlie. Credo che in futuro imparerò a volermi più bene, a pensare di più alla mia persona. Non mi vergogno però. Non ho fatto male a nessuno, salvo a me stesso e ai miei cari. Mi dispiace, sento una profonda malinconia, soltanto questo. Non voglio più essere costretto a giocare anche quando non sono in grado, a farmi infiltrare di cortisone perché devo essere in campo per forza per gli abbonamenti, per gli incassi, perché bisogna vincere a qualunque costo per lo scudetto o per la salvezza, perché in ogni partita ci si gioca la vita. A me gli psicologi stanno cercando di levarmi il vizio della cocaina, non quello di vivere“. Intervista lasciata al tg7

La cocaina mise fine alla carriera italiana del "pibe de oro". La favola del ragazzino delle capace di realizzare il suo sogno di bambino "di giocare un Mondiale e vincerlo" stava finendo tristemente. La parabola discendente di quello che per i più è stato il più grande calciatore di tutti i tempi fu compiuta. Quel 17 marzo segnò la fine del rapporto tra Maradona e Napoli sette anni di successi, di trionfi, di rivalse. Due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa Uefa e una Supercoppa Italiana, sette anni impossibili da cancellare segnò soprattutto il declino dell'uomo Maradona.

La parentesi al Siviglia e la “guerra” al Napoli.

Maradona dopo aver scontato la lunga squalifica di quindici mesi inflittagli per la sua positività alla cocaina, minacciò addirittura di lasciare il calcio giocato e di ritirarsi per vivere con la sua famiglia in Argentina. Infatti quando gli chiesero: “Adesso cosa farai si dice che hai le valigie pronte e per dove?” lui rispose: “Si ho le valigie pronte per l’Argentina e non giocherò forse mai più a calcio”. Non andò esattamente così, Maradona continuò a giocare soltanto che non lo fece più a Napoli. Apparve evidente che in quelle parole ci fosse dell’amarezza, un’amarezza causata delle tante voci che circolavano su Maradona e quindi sulla sua vita oltre ogni limite implicata in ambienti poco raccomandabili. Furono proprio quei fatti, quelle voci, che alimentarono in Diego, oltre alla pesante squalifica che ricevette in serie A, la voglia di lasciare Napoli. Un amore infinito verso quella città e quella gente dove non era soltanto un idolo, ma era un simbolo, un uomo del popolo che si era ribellato ai potenti e che dava la possibilità ad una città del sud di potersi riscattare contro il potere del Nord, tutto questo e non solo era Diego Armando Maradona per la città di Napoli. Ma Diego ormai era arrivato ad un punto di non ritorno e nonostante il suo contratto con la squadra partenopea scadesse nel giugno del 1993, lui non tornò mai più a Napoli e non si lasciò per nulla bene nemmeno con la società, dopo una lunga battaglia in cui venne, addirittura coinvolto, il principale organo del calcio mondiale la Fifa, per ottenere il suo passaggio al Siviglia. In realtà Maradona aveva già spinto per una sua cessione alla fine della stagione del 1989 dopo la vittoria del Napoli in finale di Coppa Uefa contro lo Stoccarda. Infatti Diego chiese la cessione a Ferlaino, storico presidente del Napoli d’oro, all’Olimpique Marsiglia per svariate ragioni, forte anche di un accordo che i dirigenti della squadra francese e il suo presidente Tapie avevano già raggiunto con l’entourage del giocatore argentino. Ma Ferlaino dopo la vittoria del primo scudetto e della coppa uefa non aveva la minima intenzione di lasciar partire il suo più grande campione nemmeno davanti ad offerte milionarie e fu così che, nonostante, il malumore di Maradona si continuò ad andare avanti insieme vincendo un altro scudetto storico. Ma dopo il rientro della squalifica la situazione era ben diversa Maradona non si vedeva a Napoli dall’Aprile del 1991 dopo la sentenza per doping e non aveva la minima intenzione di tornarci, nonostante il contratto in essere per altri due anni con la squadra partenopea. Fu così che comincia una grande lotta contro la società arrivò persino a chiamare in causa Havelange presidente della (FIFA), Blatter segretario (Fifa) Grondona (Presidente Federazione Argentina) e Matarrese (FIGC) per ottenere soddisfazione. L’estate del 1992 fu molto calda per Maradona e per il Napoli, iniziò una vera e propria querelle culminata con una grande guerra mediatica che coinvolse i vertici del calcio mondiale. Ma alla fine nonostante le resistenze di Ferlaino, il Napoli fu “costretto” a cedere Maradona al Siviglia per la cifra di 9 milioni di dollari a cui ne andavano aggiunti altri 5 dovuto dallo stesso Maradona al Napoli per compensare un anticipo sullo stipendio. Cifra che il Napoli avrebbe ricevuto solo per metà e che la stessa Fifa “abbonò” al Siviglia soltanto per permettere al campione argentino di rimettersi a lucido in Spagna in vista dei mondiali americani del 94 dove Maradona doveva essere la stella più splendente. Ma Siviglia non andò, propriamente, come tutti speravano nonostante i buoni propositi, infatti proprio quell’anno fu Carlos Bilardo a diventare il nuovo allenatore della squadra spagnola, il tecnico con il quale Maradona vinse il mondiale in argentina nel 1986 e fu proprio lo stesso Diego a spingere per Siviglia grazie a lui. Maradona non fu mai più quel giocatore tanto ammirato al Napoli, infatti era in evidente sovrappeso, completamente fuori forma e non era nemmeno da escludere che durante la squalifica non abbia fatto uso di sostanze stupefacenti e soprattutto di alcool. Nonostante le sue difficoltà a tornare in forma nello spogliatoio spagnolo divenne subito il punto di riferimento per molti giovani giocatori tra cui un certo Diego Pablo Simeone che quell’anno li venne prelevato dal Pisa. Maradona, al suo secondo ritorno in Spagna dopo la parentesi al Barcellona, non fece benissimo ed era soltanto un lontano parente del grande giocatore che era stato a Napoli, furono poche le giocate che incantarono gli spagnoli. Non si impegnò tantissimo e anzi litigò molto con la dirigenza del club e con il suo allenatore raccontando, lo stesso Bilardo in un intervista, che i due arrivarono alle mani proprio a casa di Diego. Tutti i suoi problemi iniziarono non solo per via della sua solita vita mondana irrefrenabile e per le sue notti brave in giro per Siviglia facendo le corse spericolate con la Porsche. Ma perché il club in un momento delicato della stagione gli chiese di giocare soltanto una delle due partite con la nazionale argentina che vedevano in programma una partita per il centenario della FEDERCALCIO contro i rivali del Brasile e una che metteva in palio il trofeo Artemio Franchi contro i vincitori dell’europeo, la Danimarca, e i campioni del Sudamerica l’Argentina. Fu li che i rapporti divennero tesi tra Maradona e il club e che spinsero lo stesso Diego a lasciare la Spagna a fine stagione nel 1993 ritornando in Argentina per una brevissima parentesi al Newell’s old boys.

Usa '94: il sogno americano di Diego infranto

Maradona veniva da una sufficiente stagione con il Siviglia e da un periodo di inattività dopo la breve parentesi con il Newell’s dopo aver disputato soltanto 5 partite, tra la fine del 93 e l’inizio del 94 , la cocaina comunque lo aveva consumato non solo dentro ma anche fuori nel suo fisico. era visibilmente fuori forma e in sovrappeso, ma la Fifa lo voleva come grande testimonial del Mondiale negli Stati Uniti d’America. Un mondiale per la verità molto ma molto mediocre, soprattutto per via del grande caldo e per l’orario in cui le partite venivano giocate, in un clima a dir poco desertico, Maradona doveva essere la stella più luminosa, il giocatore simbolo che doveva rilanciarsi, a 34 anni, dopo le umiliazioni che aveva subito a causa delle squalifiche per doping nel campionato italiano due anni prima. Questo dette grandi motivazioni “al pibe de oro” ma lui non lo faceva per la Fifa o perché doveva essere il simbolo del mondiale, ma lo faceva innanzitutto per la sua gente ma in particolar modo per il grande amore che aveva per la sua Albiceleste, che da sempre ha trascinato fin dalla prima presenza. Inoltre voleva rilanciarsi dopo la grande beffa subita nei mondiali di Italia 90 per via della sconfitta contro i finalisti della Germania Ovest per un rigore, a suo dire, inventato a due minuti dalla fine di quella storica partita. Fu così che per Maradona cominciò una corsa contro il tempo per arrivare in super forma a quei mondiali, perché non solo aveva la voglia di spaccare il mondo come sempre aveva fatto in campo ma voleva dimostrare a tutti che il vero Maradona non se ne era mai andato e che nemmeno un grande nemico come la droga lo poteva abbattere. Ma purtroppo non andò così infatti durante la seconda partita del mondiale contro la Nigeria (vinta tra l’atlro 2 a 1 dall’Argentina con una grande prestazione di Maradona)il sogno mondiale del grande campione venne infranto dalla mano di un infermiera che lo prese per mano e lo accompagnò verso il declino della sua carriera, il resto è storia!!!

Prigioniero di se stesso

La cocaina che aiutava a sorreggere il campione anche fuori dagli stadi fu quella che regalò una perenne fragilità emotiva al grande Diego Armando che lo porterà a spegnere lentamente la stella che stava brillando nel firmamento degli eroi, ma non cancellerà la fama che il campione si è conquistato con il suo talento. Per non deludere la sua gente cercò in tutti i modi di mantenere uno stile di vita da campione ma la crudele “macchina dei soldi” lo inserì in un tritacarne da cui ne uscì con le ossa rotte. Il grande Diego e il piccolo Armando, dentro di lui, non riuscirono a sconfiggere il “sistema” che inghiottì il grande campione rimanendo prigioniero del suo stesso mito.

Nel film documentario di Maradona del regista Emir Kusturica, Diego dice:

Pensa che giocatore sarei potuto essere se non avessi preso la cocaina. Che giocatore che abbiamo perso"

Napule è... Maradona

Sì ci siete cascati, era impossibile che non potessi omaggiare Maradona per quello che ha fatto nel mondo del calcio da grande campione quale è. Sono convinto che se il grande Pino Daniele avesse scritto Napule è dopo aver visto Maradona a Napoli avrebbe riservato un verso della sua splendida canzone anche a Diego dicendo che Napule è, tra le tante cose che rappresenta in quel brano, Maradona ne sono sicuro e de è per questo che voglio chiudere l’articolo con un omaggio alla carriera del campione e fargli tantissimi auguri di una pronta e veloce guarigione dopo la delicata operazione che ha subito recentemente. Diego tutto il mondo ti vuole bene ricordalo sempre!!!