Sfatiamo innanzitutto un mito: non è vero che il calcio femminile non porta soldi e ricche sponsorizzazioni. Tutt'altro. Ne sanno qualcosa in Francia, in Inghilterra, in Germania, nei Paesi scandinavi, dove il football rosa è in fortissima espansione (grazie anche a nuove e illuminate politiche giovanili scolastiche). Per non parlare degli Stati Uniti, dove il Pink Soccer è quasi più in voga di quello maschile (i nomi di Alex Morgan e di Sydney Leroux vi dicono qualcosa?), o del Giappone, dove le calciatrici sono delle vere star. In Italia invece no. Siamo ancora all'Età della Pietra. Le nostre squadra sono dilettantistiche, e non solo perché formalmente dipendenti dalla LND, la Lega Nazionale Dilettanti. Le nostre calciatrici, pensate, non possono neanche essere comprate o vendute! La FIGC non investe nulla: appena 3 milioni di euro all'anno per l'intero movimento (per capirci: in Inghilterra se ne spendono 20). Non esistono accordi con le televisioni, le partite non sono trasmesse da nessuno (fatta eccezione per qualche raro e isolatissimo caso). Di conseguenza, gli sponsor non sono interessati. Cosa potevamo aspettarci, d'altronde, da una Federazione nella quale Belloli, il Presidente della LND, si espresse, qualche mese fa, in questi termini: "Basta, non possiamo dare soldi a queste quattro lesbiche!"? Questo signore, dopo l'infelice frase, fu rimosso dal suo incarico. Ma il problema rimane. Insomma, dalle nostre parti non si vede la luce in fondo al tunnel. A meno che, Andrea Agnelli non decida di investire anche nel calcio femminile, creando una Juventus rosa. Un maggior coinvolgimento della squadra più importante d'Italia farebbe da traino per l'intero movimento. Lo stesso Agnelli, anni fa, disse più volte di avere in mente la creazione di una vera e propria Polisportiva bianconera. Come già accade nei grandi club europei. Il Psg femminile è un brand che fa gola a tanti sponsor e investitori. La Juve in Rosa non sarebbe da meno. Perché non provarci?