La finale di Coppa Italia tra Atalanta e Juventus segna, dopo oltre un anno, il ritorno del pubblico allo stadio. Poco più di quattromila persone occupano gli spalti del Mapei di Reggio Emilia. Certamente ancora troppo pochi anche se, rispetto ai mille ingressi concessi ad inizio stagione e soprattutto ai seggiolini vuoti, ormai divenuti triste e abituale cornice alle partite di calcio, quelle quattromila presenze rappresentano almeno un inizio di ritorno alla normalità.
Il trofeo in palio ha un valore opposto per le due squadre che si affronteranno. Rappresenta per la Juventus una sorta di premio di consolazione, al termine di un’annata comunque deludente, qualunque esito avrà la volata per un posto Champions che si deciderà domenica prossima. Per l’Atalanta sarebbe invece il coronamento tangibile di un percorso di crescita portato avanti negli anni da una società che ha saputo costantemente migliorarsi, aumentando, stagione dopo stagione, il livello dell’organico, dello staff tecnico e delle strutture.

Complice la squalifica di Alex Sandro, Pirlo decide di giocarsi la finale con il suo ormai famigerato schema “liquido”, a quanto pare ancora non definitivamente accantonato nonostante le risposte per nulla incoraggianti fornite dal campo. Tra i pali tocca a Buffon. Cuadrado, De Ligt, Chiellini e Danilo compongono la linea difensiva. In mezzo al campo agirà la coppia formata da Bentancur e Rabiot. Chiesa parte dalla, per lui, scomoda fascia sinistra, mentre McKennie viene di nuovo sacrificato dentro l’ormai nota botola nascosta tra la fascia destra e la trequarti. In avanti toccherà a Kulusevski il compito di assistere Cristiano Ronaldo. Assente dell’ultima ora, Bonucci, alle prese con un fastidio al ginocchio, prende posto in panchina per supportare i compagni insieme a Pinsoglio.
L’Atalanta di Gasperini risponde con quella che è stata la formazione più utilizzata nel corso di questa stagione. La linea difensiva a tre che proteggerà la porta difesa da Gollini è composta da Toloi, Romero e Palomino. A centrocampo, spazio a Freuler e De Roon al centro, con Hateboer e Gosens sulle due fasce. In avanti Zapata riferimento verticale, supportato da Pessina e Malinovskiy che si muoveranno lungo la trequarti offensiva

Adidas sceglie una notte prestigiosa per presentare ai tifosi quella che sarà la maglia della Juventus per la prossima stagione. Dopo tre anni di esperimenti tra il fallimentare e il rivedibile, tornano finalmente le strisce bianconere come le abbiamo sempre conosciute e dalla quali speriamo di non separarci mai più. Il pubblico dona almeno in parte una sensazione di ritrovata normalità.  “Fino alla fine forza Juventus” torna dopo oltre un anno ad alzarsi potente dalla curva occupata dai tifosi bianconeri. Quello può essere definito il grido di battaglia del popolo juventino, sovrasta la melodia del triste inno della Lega, diffuso dall’impianto audio dello stadio, mentre le due squadre fanno il loro ingresso in campo. Con le formazioni allineate sul terreno di gioco, arriva il momento per tale Annalisa di proporre la sua versione de “Il Canto degli Italiani”. La cantante è brava, l’inno nazionale regala sempre emozioni sincere ma la scelta di eseguirlo senza musica lascia qualche perplessità. Non ha il solito effetto trascinante. Ennesima conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che certe “americanate” andrebbero serenamente lasciate in esclusiva agli amici d’oltreoceano. Concluso finalmente il lungo cerimoniale, il fischio dell’arbitro Massa decreta l’inizio della finale

La partita scorre ad alti ritmi fin dall’avvio. E’ l’Atalanta, come prevedibile, ad iniziare più forte. De Ligt e Chiellini, nelle battute iniziali, soffrono la prepotenza fisica di Zapata. Nei primi cinque minuti, l’attaccante colombiano confeziona due occasioni importanti per la sua squadra. Prima, dopo essersi scrollato di dosso De Ligt, dalla linea di fondo, offre a Palomino il pallone per portare in vantaggio i bergamaschi. La conclusione del difensore, da posizione molto favorevole, è incerta, fuori misura e si spegne contro le gambe di Buffon che, per sicurezza, interviene comunque sulla traiettoria che sembra fuori dallo specchio della porta. Un paio di giri di orologio e Gosens dalla sinistra pesca Zapata in area. Il colombiano sfrutta Chiellini come perno per girarsi e concludere a rete. La palla passa non distante dal palo con Buffon che sembra fuori causa. Il buon avvio dell’Atalanta conforta le previsioni di molti addetti ai lavori che, prima della partita, avevano indicato la squadra di Gasperini come favorita di questa finale. 
Subito alto anche il livello dei contrasti e dello scontro fisico. Si accendono alcuni confronti in diverse zone del campo. Bonucci in panchina è carico, fatica a stare fuori dalla sfida. L’Atalanta mostra le solite trame veloci ed efficaci rivolte a sfruttare l’ampiezza del campo e porta un pressing costante per contrastare l’avvio della manovra bianconera, costringendo la Juventus a mostrare diverse indecisioni nel momento di rilanciare l’azione. Freuler esce vincitore da un rimpallo in piena area con Bentancur e, da posizione defilata, calcia verso la porta di Buffon mandando il pallone non troppo distante dal palo. La partita si sviluppa prevalentemente nella metà campo difensiva bianconera. Intorno alla metà del primo tempo, si accende una protesta da parte atalantina per un contrasto in area tra Pessina e Rabiot. Massa indica chiaramente che l’intervento del centrocampista francese non è falloso. Pessina protesta. Il Var conferma la decisione del direttore di gara. I replay dell’episodio si prendono la scena, in alcuni momenti anche interrompendo le immagini in diretta. Il telecronista Rimedio prima rimanda tutti i telespettatori alla moviola di Saccani durante l’intervallo, poi inizia subito a sbilanciarsi circa il possibile rigore negato ai nerazzurri che, da quel momento, almeno fino al termine del primo tempo, diventerà la pietra angolare del racconto del bravo giornalista.

La Juventus, pur tra tante difficoltà, tiene il campo e, per quanto possibile, regge abbastanza bene anche il confronto fisico, soprattutto con Bentancur e Rabiot che a centrocampo alzano la diga, impedendo ai nerazzurri di trovare quelle combinazioni tra le linee che, nel corso della stagione, hanno rappresentato una delle armi offensive più efficaci a disposizione degli uomini di Gasperini. In avanti però la squadra di Pirlo, almeno nella prima mezz’ora, non si vede. La Juventus, nonostante l’intraprendenza di Kulusevski, apparso fin dai primi minuti ben presente dentro la partita, non arriva praticamente mai al tiro. Ronaldo, idealmente il centravanti della squadra, si defila spesso sulla sinistra, sfrattando Chiesa da quella zona di campo che proprio non riesce ad esaltare le sue caratteristiche. Come spesso accade, l’ala lascia quella posizione alla ricerca di pezzi di terra favorevoli per sprigionare la sua forza esplosiva, senza però trovarli. Il numero 22 si vede sempre più spesso a destra e al centro ma, da quel continuo movimento, non riesce a ricavare altro che tocchi all’indietro e una certa confusione. In assenza di un vero centravanti, McKennie è di fatto il riferimento centrale della manovra, chiamato ad occupare l’area di rigore nel momento in cui la Juventus si presenta dalle parti di Gollini. Costretto a giocare spalle alla porta, l’americano viene limitato in quella che è la sua caratteristica principale, l’inserimento senza palla tra le linee. Cuadrado sulla destra, alle prese con lo scomodo Gosens, non riesce a proporre con continuità la sua azione di spinta, mentre Danilo, sulla corsia di sinistra, non mostra la stessa confidenza che esibisce nel suo ruolo naturale.
Il bravo Rimedio, nonostante una partita viva e intensa, ha il chiodo fisso del contrasto tra Pessina e Rabiot. Non riesce ad attendere l’intervallo, come aveva annunciato qualche minuto prima, e comunica ai telespettatori che, secondo il moviolista Saccani, quel contrasto avrebbe potuto portare alla concessione del calcio di rigore. Nonostante i tentativi di insinuare la solita polemica, la partita si permette di continuare ad essere più interessante ed avvincente di un banale contrasto tra due giocatori. Con buona pace di quello che una volta era il servizio pubblico.
La Juventus passa alla mezz’ora. Lo fa in maniera improvvisa. Cuadrado, in contrasto, ha la meglio su Gosens, lanciando l’azione bianconera. McKennie intercetta la respinta della difesa atalantina e di testa innesca la corsa di Kulusevski. Lo svedese cerca Ronaldo al limite dell’area. Il portoghese però non ha un aggancio felice e si lascia contrastare da Romero. Sul rimpallo generato dallo scontro tra i due calciatori, è di nuovo McKennie ad arrivare per primo sul pallone ed è lucido nel servire Kulusevski. Il resto lo fa lo svedese che dipinge, con il suo interno sinistro, una traiettoria che si spegne nell'angolo più lontano, lasciando Gollini senza alcuna possibilità di intervenire. La Juventus passa in vantaggio. I bergamaschi protestano per l'intervento con cui Cuadrado ha recuperato palla e avviato l'azione che ha portato alla rete. Intervento duro ma nettamente sul pallone, giudicato regolare da Massa e confermato anche dal var. 

Il gioco riprende. La tensione si alza. Aumentano gli attriti tra i giocatori e le proteste dei bergamaschi verso il direttore di gara. Per alcuni minuti, ad ogni fischio, un giocatore vestito di nerazzurro si rivolge in maniera dura nei riguardi dell'arbitro. Dalla curva bergamasca torna, dopo oltre un anno, a sentirsi il ridicolo coro “ladri, ladri” con cui, chi è stato costretto a subire oltre un secolo di dominio quasi incontrastato, sfoga l’eterna frustrazione.
Il vantaggio bianconero dura però soltanto dieci minuti. Freuler vince un contrasto su Rabiot all’altezza della trequarti della Juventus, serve l’accorrente Hateboer sulla destra che, con un tocco di prima intenzione, libera Malinovsky al limite dell’area. Il tifoso davanti alla tv intuisce immediatamente cosa sta per accadere. Il tiro secco dell’ucraino passa nell'unico spazio rimasto libero dopo gli interventi in scivolata di De Ligt, Bentancur, Chiellini e Cuadrado e si infila in rete battendo un incolpevole Buffon. Il gol esalta l’Atalanta e quasi intimidisce la Juventus che si abbassa sotto la spinta degli avversari. Si avvicina la fine del primo tempo e, ancora una volta, il bravo Rimedio in telecronaca si sente in dovere di ricordare ai telespettatori quel contrasto tra Rabiot e Pessina che, secondo lui e secondo il moviolista Saccani, avrebbe potuto portare alla concessione del calcio di rigore in favore dei nerazzurri di Bergamo. Comincia a diventare fastidioso.

La Juventus arriva al fischio che chiude la prima parte della gara senza concedere altre occasioni ai suoi avversari e senza subire altri danni. Nel corso dell'intervallo, sulle solite chat di whatsapp, non si respira un grande ottimismo, nonostante, nei vari messaggi, venga riconosciuto alla squadra di Pirlo di essere almeno riuscita a tenere testa alla straripante fisicità dei rivali. Avanza il dubbio più grande, quello che ci portiamo dietro da alcune stagioni. Sarà in grado la Juventus di reggere anche i secondi quarantacinque minuti a questi ritmi? È opinione comune che  il destino di questa finale passerà attraverso la risposta che la squadra sarà in grado di offrire. 
Il collegamento con lo stadio ritorna proprio nel momento in cui, sotto una pioggia che inizia a scendere in maniera significativa, la due formazioni, con gli stessi undici con cui hanno cominciato l'incontro, fanno il loro ritorno in campo. La gara riprende e, ancora una volta, il telecronista ricorda il contrasto tra Pessina e Rabiot. A questo punto, arriva anche la colorita risposta del tifoso davanti alla tv, fin lì rimasto molto tranquillo e pacifico nonostante la fastidiosa insistenza di Rimedio. 

L’approccio al secondo tempo della Juventus è incoraggiante fin dalle prime battute. La squadra alza il baricentro e va a spegnere il palleggio dell’Atalanta sul nascere. La Juventus quasi non permette ai suoi avversari di uscire dalla metà campo giocando il pallone in maniera pulita e inizia a presentarsi con insistenza nell’area nerazzurra. E’ McKennie, al quale Di Gennaro, seconda voce in telecronaca, continua ad aggiungere una “z” nel cognome, a portare il primo pericolo verso la porta di Gollini con un colpo di testa, su un lungo cross di Cuadrado, che scivola sul fondo non distante dal palo. La replica degli uomini di Gasperini è affidata ad una punizione radente di Malinovsky che innesca una serie di rimpalli davanti alla porta di Buffon. Romero da pochi passi ha l'occasione di battere a rete ma trova, sulla strada verso la rete, il muro alzato da De Ligt. Sullo slancio il rude difensore argentino frana sulla caviglia dell'olandese, costringendolo a ricorrere alle cure a bordo campo. La partita non conosce soste. E’ la Juventus a riproporsi in avanti. Rabiot libera la sua falcata nella metà campo avversaria e apre all’indirizzo di Chiesa. Il numero 22 dal vertice dell’area punta Hateboer e affonda. Sul cross arriva per primo Kulusevski che con la punta del piede impegna Gollini in una complicata parata a terra. 
Nonostante i dubbi, anche legittimi, sulla tenuta atletica della Juventus, è invece l'Atalanta a dare la sensazione di un calo d’intensità. I bianconeri provano a capitalizzare il buon momento. Chiellini, in anticipo su Malinovskiy, trova Ronaldo in piena area di rigore. Il portoghese, di prima intenzione, con il tacco, regala la giocata più preziosa della sua partita smarcando Chiesa solo davanti alla porta. Il bianconero controlla e calcia a colpo sicuro. L'esultanza per una rete che sembra ormai segnata, viene invece strozzata dal palo che respinge lontano il pallone e l’occasione più grande di tutta la partita. L'episodio sfortunato accende sinistri pensieri nella mente del tifoso davanti alla TV. Somiglia ad uno di quegli eventi che lasciano credere che gli dei stiano rivolgendo altrove il loro sguardo.

Gasperini interviene nel tentativo di restituire linfa e vigore alla sua squadra. Lasciano il campo Malinovskiy e Pessina, rilevati da Muriel e Pasalic. Sulla panchina opposta, sembra pronto ad entrare Dybala. Chiesa, che ha avuto una serata fino a quel momento difficile, viene indicato come l’indiziato ad uscire. La Juventus comunque insiste nella sua azione. Coglie il momento complicato dell’Atalanta e cerca di capitalizzare lo sforzo offensivo. Su un cross lungo di McKennie, che attraversa tutta l’area, Chiesa brucia Hateboer, controlla il pallone, risale fino al vertice dell’area, portando a spasso il terzino olandese, e serve Kulusevski al limite dell’area. Lo svedese spalle alle porta, pressato da De Roon, controlla rapido e di sinistro restituisce a Chiesa un pallone con i giri giusti. Per la seconda volta nel giro di pochi minuti, l'attaccante bianconero si presenta davanti a Gollini. Questa volta non ci sono pali ad impedirgli di realizzare la rete che riporta in vantaggio la Juventus. L’autore del gol è sommerso dall’abbraccio dei compagni in campo e di tutti quelli della panchina, guidati nell’esultanza da Pinsoglio e Bonucci. Ancora una volta, potente, “fino alla fine forza Juventus” si alza dalla curva occupata dai sostenitori juventini.

Nonostante il gol del vantaggio, arrivato quando mancano ormai meno di venti minuti al termine della finale, Pirlo non cambia la sua scelta. Esce Chiesa, che in panchina riceve un secondo abbraccio da parte dei compagni e dello staff, al suo posto entra in campo Dybala. L’Atalanta accusa il colpo. Appannati dal notevole sforzo fisico profuso fino a quel momento, gli uomini di Gasperini accusano un calo di lucidità. I nervi iniziano a cedere. Vedono fuggire via una partita nella quale erano indicati da parte di stampa ed addetti ai lavori come favoriti, anche con discreta sicurezza. L’allenatore atalantino tenta di forzare il destino della finale rivoluzionando l’assetto tattico della sua squadra. Richiama in panchina Hateboer, Gosens e Toloi e manda in campo Ilicic, Djimsiti e Miranchuk. Pirlo risponde immediatamente, rafforzando la linea difensiva con Bonucci, talmente carico nel corso della partita da poter dimenticare per qualche il minuto il problema al ginocchio pur di aiutare i compagni a portare a casa la coppa. Gli lascia il posto Kulusevski, il migliore in campo. Autore di una prestazione piena e compiuta fin dai primi momenti di gioco, sia in fase offensiva, dove, soprattutto nel secondo tempo, è riuscito a incidere svariando su tutto il fronte offensivo e mettendo in mostri ampi sprazzi di quel talento che gli viene riconosciuto, sia in fase difensiva, abbassandosi sulla linea di centrocampo per aiutare Bentancur e Rabiot a contrastare le pericolose verticalizzazioni dei bergamaschi. Giocatore, come già detto in passato, dal potenziale infinito che bisogna soltanto fare attenzione a non rovinare. Il resto lo metterà lui. 
Nonostante le sostituzioni, la partita non cambierà più padrone. La Juventus gestisce il finale, sprecando in contropiede un paio di opportunità per chiudere definitivamente la questione. Ultimi minuti di tensione, scontri e proteste tra i giocatori in campo e tra gli staff in panchina. Toloi, da pochi minuti sostituito, viene espulso. L’Atalanta prova ad alzare qualche pallone in area ma non ricava nemmeno una mischia che possa trasmettere un sentore di pericolosità. Trascorsi i quattro minuti di recupero concessi, l’arbitro Massa fischia la fine di una partita bella ed avvincente. Vince la Juventus che conquista la quattordicesima coppa Italia della sua storia, la quinta negli ultimi dieci anni. Un trofeo che, almeno in parte, alleggerisce il peso di una stagione comunque al di sotto delle aspettative. Mentre inizia la festa bianconera in campo e sugli spalti, Andrea Agnelli e John Elkann, accompagnato dai due figli, lasciano il loro posto in tribuna e scendono sul prato per congratularsi con la squadra. Particolarmente suggestivo il lungo abbraccio tra il Presidente di Exor e Buffon che, con la finale appena disputata, chiude la sua eterna carriera in bianconero. Il portiere riceve da Chiellini la fascia di capitano. Toccherà a lui alzare la coppa. Ancora una volta. L’ultima.

Sulle reti di quello che una volta volta era il servizio pubblico, va in scena un mesto post partita in cui si celebra, giustamente, l’Atalanta, sfortunata protagonista di una grande finale. L’illusione di raccontare il funerale della Juventus  si è scontrata contro una vittoria bianconera che, a malincuore, anche i bravi conduttori definiscono tutto sommato meritata. In trasmissione spicca l’assenza del giornalista di punta del servizio pubblico, probabilmente impegnato a concepire un altro dei suoi illuminati tweet. Sul fuori onda andato in scena nel momento del passaggio da Raiuno a raisport, stendiamo invece un compassionevole velo pietoso.