Cantù. Ore 18 di un mercoledi della primavera 1992, in un mobilificio.
Immaginatevi una scena più meno così: Andrea (nome di fantasia) dice al suo amico: “E anche per oggi è finita. More, ci facciamo un aperitivo?” “No Andre, non posso proprio oggi, devo scappare all’allenamento.” “Ma dai, saltalo per una volta, e andiamo a berci qualcosa”.  “Eh magari, venerdi dai. Domani ho il provino con quelli dell’Hellas, ti ricordi?” “Ah ok, si ma non farti troppe illusioni amìs”.
Quello che non dovrebbe farsi troppe illusioni, si chiama Moreno. Di cognome, Torricelli. Il ventiduenne originario di Erba (Como), milita nella Folgore Caratese, in Interregionale (l’attuale serie D). Insieme ad altri cinque ragazzi, viene arruolato per un provino. In panchina, nell’Hellas, c'è il “Barone” Liedholm, insieme con il suo vice, veronese doc, l’ex interista anni ‘60, Mariolino Corso. In campo è stato messo come terzino. Deve marcare una leggenda del calcio gialloblù come Pierino Fanna.
A bordo campo c'è anche il direttore sportivo del Verona: Franco Landri. Il diesse non dice niente a fine partita. Ma ha un taccuino, e si appunta un nome: Torricelli, n.2. Il giorno dopo, il presidente della Juve, Giampiero Boniperti, riceve una chiamata dal dirigente del Verona. Subito resta molto perplesso, ma conoscendo Landri, si fida.
La vita di Moreno, nel frattempo, prosegue tra levigare mobili a Cantù nove ore al giorno più il sabato mattina, e partite alla domenica pomeriggio con la sua squadra. Il campionato di Serie A sta per terminare. Prima del rompete le righe, la Juve organizza un paio di amichevoli. A casa Torricelli arriva una chiamata. La Juventus lo convoca per un match contro la ProVercelli. Vogliono vedere di che pasta è fatto questo giovanotto. L’emozione è tantissima, ma appena scende in campo tutto svanisce.
Finisce la partita.
Giovanni Trapattoni ne rimane folgorato. Lo vuole anche per le prossime partite. Un altro paio di amichevoli disputate in maglia bianconera e la stagione si conclude ufficialmente. Moreno sarebbe già soddisfatto cosi. Ma, in cuor suo, spera che il sogno si possa trasformare in realtà. Intanto, si licenzia dalla fabbrica, sapendo che prima o poi qualche società professionistica, anche di serie C, avrebbe chiamato. Quel qualcuno ha chiamato ancora a casa Torricelli. Ma non una squadra di terza serie. Giampiero Boniperti, il presidente juventino, lo convoca a Torino. Il cuore del giovane brianzolo batte forte. Sa che la sua vita sta svoltando. E pensare che un telegramma, spedito all’indirizzo sbagliato, avrebbe potuto seppellire per sempre quella speranza. Torricelli firma il suo contratto da professionista. Una firma avvenuta in modo tutt’altro che nobile: sul cofano di un’auto a Villar Perosa, storica residenza degli Agnelli. Lui firma in bianco. Già è una cosa indescrivibile essere lì. Percepirà 80 milioni di lire. Ben 78.800.000 in più rispetto alla sua paga di falegname. Si, è decisamente la svolta. Moreno è ufficialmente nell’olimpo del calcio.

Il suo campetto non sarà più il  “XXV Aprile” di Carate Brianza da 3.000 posti, ma l’imponente stadio Delle Alpi di Torino, che ne contiene quasi 70.000. Le trasferte non saranno più a Saronno, Abbiategrasso o Corbetta; ma a Napoli, Roma e Milano.

Chi si aspettava che la favola del dilettante operaio dopo una stagione finisse in una bolla di sapone, si sbaglia di grosso. Torricelli diventa il titolare fisso già dalla seconda di campionato. E sarà cosi per i successivi 6 anni. Alla guida con il Trap prima, e Marcello Lippi poi. Grinta, corsa, progressione, potenza fisica, sacrificio. I piedi lasciamoli agli altri. Queste sono le doti che si porta dietro in tutti questi anni Moreno. Dal 1993 al 1998 ha vinto di tutto. E non è un modo di dire. Ha vinto anche un nomignolo, che poi l’accompagnerà per tutta la vita: “Geppetto”. Firmato da Roberto Baggio. Non uno qualunque. L’apoteosi la raggiunge nel 1996, quando il terzino bianconero è stato, a detta di tutti, il miglior giocatore della partita vinta in finale di Champions contro l’Ajax. E giustamente si merita la Nazionale. L’Europeo lo vive in prima persona, ma scenderà in campo una sola volta. Nella gara più sfortunata, quella contro la Germania, che sancisce la misera uscita dalla competizione. Partecipa anche ai Mondiali 1998, ma li vivrà solo dalla panchina. In mezzo qualche amichevole e una gara di qualificazione agli Europei del 2000.  L’avventura in maglia bianconera si conclude nel 1998. Dopo 153 gare ufficiali, Moreno si sente un “sopportato” dalla società, e viene messo sul mercato a sua insaputa. Un colpo al cuore. Arriva una lauta offerta dal Middlesbourgh. Ma il denaro, per Moreno, non è assolutamente la priorità. Preferisce vivere serenamente con le persone che gli vogliono bene. E con chi, se non con il vecchio Trap? Moreno avrà sempre un debito di riconoscenza per l’uomo che ha creduto fortemente in lui da una realtà totalmente diversa a cui era abitutato.
Lo acquista così la Fiorentina di Cecchi Gori. I tifosi viola, inizialmente, storgono il naso quando apprendono la notizia. “Uno juventino da noi? Ci mancava anche questa, maremma maiala”. Ma Moreno ci mette poco a convincerli. Le sue doti, già citate prima, non svaniscono. E i fiorentini vi ci si affezionano. La ferita juventina pian piano svanisce con i mesi. E lui dimostra di essere guarito definitivamente il 13 Dicembre 1998. Big match al “Franchi” contro l’odiata Vecchia Signora. Al minuto 13 del secondo tempo, Batistuta segna. Delirio a Firenze. A Torricelli è rimasto ancora un pò di rancore per il modo in cui è stato scaricato. Scarica tutta la tensione e gli ultimi residui di rancore in una corsa di 30 metri verso il compagno per abbracciarlo, e nel filmato si può notare tutto il suo sfogo negli occhi spiritati di gioia che urlano tutta la rabbia che aveva accumulato. Nella Fiorentina, il primo anno sfiora uno scudetto, che sarebbe stato il giusto coronamento con il Trap in panchina. Nei tre successivi anni, ha la soddisfazione di vincere la Coppa Italia 2001.
Torricelli vorrebbe chiudere la carriera in viola, ma purtroppo il finale, come nella Juve, non è quello desiderato. Questa volta, però, per cause di forza maggiore. Alla fine della stagione 2001-2002, la società, indebitata fino al collo, fallisce. Moreno lascia così l’Italia. Tenta l’avventura in terra spagnola, a Barcellona. Sponda Espanyol. Due salvezze in altrettante stagioni. Ma la Toscana gli è rimasta nel cuore. E così si accasa ad Arezzo, in serie B. Salvezza in tasca e scarpini appesi al chiodo.
E’ ora di dedicarsi maggiormente alla famiglia e alla carriera di allenatore. Inizia con le giovanili della Fiorentina, e successivamente tenta l’intrigante avventura in Lega Pro tra Pistoiese e Figline.
Purtroppo, i finali di Moreno, non sono sempre come lui vorrebbe. E questo è il più amaro di tutti. Nel 2010, l’adorata moglie Barbara scompare prematuramente a causa della leucemia. Il grande cuore, e la forza d’animo di quest’uomo, si manifestano in tutta la sua umanità: lascia il calcio, per dedicarsi completamente alla crescita dei loro tre figli
Perchè, per essere campione, non significa avere per forza i piedi fatati.