Parliamoci chiaro: non se ne può più. Non se ne può più dei soldi che non arrivano, dei decreti che non finiscono, delle regole che cambiano, dei politici che parlano, delle task force e delle mascherine tarocche e... del campionato di calcio sospeso sull'orlo dell'abisso.
Più si va avanti, più si ha l'impressione che in questa tragicommedia del Covid tutti abbiano bisogno di abbassare il sipario per indossare una maschera diversa. Lasciamo da parte la nostra vicenda di cittadini, solo ieri legati alle gentili concessioni di un tizio impomatato che ci concedeva di fare la spesa o di vedere mammà e oggi liberati come criceti impazziti dentro un centro commerciale.
Siamo partiti dalla Lega che voleva giocare a porte aperte e da Zhang che chiamava "pagliaccio" Del Pino. Siamo passati attraverso il sentiero stretto di Spadafora per arrivare ai playoff di Gravina. Abbiamo gioito insieme a Tommaso Labate e Cesare Pompilio dell'abbraccio tra Dybala e Rugani, per esorcizzare il contagio, e poi, tremanti come un membro del CTS, abbiamo seguito col cuore in mano la loro lunga positività.
Alle marachelle lusitane di Ronaldo hanno fatto eco le partitelle agresti della Lazio. Dagli strali di Diaconale per finire il campionato a tutti i costi siamo arrivati alla paternale di Lotito per abbassarli i costi, quantomeno i suoi. Dalle confessioni belghe di Lukaku sulle febbri di Appiano ai tamponi negativi della truppa d'assalto di Conte. Dell'immunità di gregge della perfida Albione, alla quarantena sbattuta in faccia all'Europa del calcio, la stessa che riempiva gli stadi mentre il virus covava e colpiva. Un giorno i protocolli erano lacunosi, il giorno dopo inapplicabili e quello dopo ancora meritevoli di attenzione. Ostacoli che miracolosamente diventano rampe di lancio per una nuova normalità. Abbiamo visto calciatori in famiglia rilassati e felici, ebbri di podcast e dirette Instagram, e siamo arrivati a Tommasi che reclama compensi a nove zeri per qualche giorno di tapis roulant via Skype. Skype e non Sky, di cui invece si sono perse le tracce, sparita come uno studente fuori sede di fronte all'ultima rata.
La speranza ce la daranno i parrucchieri, che hanno riaperto nonostante le chiome di Burioni e Johnson fossero ormai parte dell'epica più che della storia: ma sarà dura fare meglio di Conte, non l'ex capitano juventino trapiantato a Milano, ma il Winston Churchill pugliese, impeccabile nei suoi tagli allo specchio alla Edward Mani di Forbice.
Chissà se mai si ripartirà e chissà se mai si finirà. Guido Rossi avrebbe risolto subito: a lui bastarono tre saggi e un magistrato resistente per decidere di far vincere la sua squadra del cuore, terza classificata.
In fondo, ci furono molte meno moine di oggi, in cui siamo inchiodati all'ultimo lacerante dubbio: dove giocherà il primo luglio Petagna?
Blog: Un teatrino buffo che ci offende

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