Erano poco più di bambini, ragazzini, tutti uniti da quel sogno che molti prima di loro avevano inseguito e a volte raggiunto. Molti campioni di ieri e di oggi sono passati di là. Un luogo lontano anni luce dalle strutture italiane, ma pieno di magia, pieno di speranza. Si perché da quelle parti, o giochi a pallone o rischi di sparire senza quasi che nessuno se ne accorga, nella miseria nella povertà o nel crimine più buio. Quei ragazzi, con il loro borsone pieno di calzini, mutande, scarpette e speranza stavano dormendo e quasi sicuramente stavano sognando il loro debutto nel calcio dei grandi. Stavano sognando quando le loro scarpette avessero calpestato un manto in erba di uno stadio pieno colmo di tifosi. Sognavano che ce l'avrebbero fatta, non sarebbero tornati per strada ad elemosinare o a subire chissà quale violenza.

Stavano sognando tutti insieme, e i loro genitori erano tranquilli, li sapevano in un luogo sicuro, lontano da tutto il brutto e cattivo che c'è fuori. Anche i genitori stavano sognando un futuro roseo e felice per i loro figli, sognavano che, no, i loro figli non avrebbero fallito, sarebbero diventati giocatori professionisti e si sarebbero salvati. 

È proprio nel pieno di questi sogni, l'incubo si è materializzato nella sua crudeltà più aspra e incomprensibile. 

Dieci sognatori, tra i quattordici e diciassette anni, mentre stavano dormendo, in ritiro in una struttura del centro sportivo di Rio De Janeiro, quella della gloriosa società del Flamengo, sono stati sorpresi dal fumo e dalle fiamme di un incendio divampato nella struttura, forse a causa di un corto circuito, che non ha lasciato scampo ai poveri ragazzi. Qualcuno è riuscito a scappare, qualcuno se l'è cavata con qualche piccola ustione, ma per dieci di loro non c'è stato scampo. Fumo e fiamme hanno stroncato la loro vita e o loro sogni. Ora le lacrime, il cordoglio di tutti gli sportivi e dei giocatori brasiliani che prima di questi sfortunati ragazzi, avevano dormito su quei lettini. Ma la realtà è che quei ragazzi se ne sono andati, e hanno lasciato i loro sogni li, incompiuti su quei lettini, dove qualcuno c'era già stato e qualcun'altro ci sarà in futuro a riprovarci. 

Ora, ce li immaginiamo, in un prato verde più bello più alto, dove possano giocare a calcio per sempre, nella serenità che avrebbero meritato qui in terra, ma sappiamo che a volte il destino ha un percorso, un progetto molto diverso e spesso incomprensibile alla ragione umana, ma l'unica cosa a cui possiamo aggrapparci, è soprattutto aggrapparsi i loro genitori e famigliari, è la fede e la speranza che ora, quei ragazzini, non smetteranno più di sognare e di rincorrere felici un pallone da calcio.