Se sei in cerca di angeli o demoni, vai in montagna.
"San Cassiano è, per chi non lo sapesse, un paesino di montagna, in Alta Badia, su un'altezza di oltre 1500 metri sul livello del mare, con Corvara, Colfosco e La Villa formano il gruppo di paesi della Badia. Questo è il mio rifugio, dove quando dovevo cercare angeli o demoni, mi rifugiavo sempre lì. Incastonato tra le Dolomiti, passeggiare in solitaria in quei posti, è un balsamo per l'anima. Quando sono in quei posti è possibile isolarsi per ore intere a contatto con la natura incontaminata dei Parchi Naturali di Puez-Odle e Fanes Senes Braies, degli altipiani di Piz La Ila e Pralongià, del Gruppo del Sella. L'anima fa pace con il corpo e quando sono lì, solo quando sono lì, riesco a camminare o restare seduto su qualche montagna a contemplare lo spettacolo che si apre ai miei occhi, non uso mai le mie inseparabili cuffiette.
Quando guardo le montagne ho i sentimenti delle montagne dentro di me: li sento, come Beethoven che sentiva i suoni nella testa quando era sordo e compose la Nona sinfonia. Le rocce, le pareti e le scalate sono un’opera d'arte. (R. Messnerr) Quando sono lì tutto si allinea in una sorta di equilibrio dell'animo, le cose vanno al suo posto dentro e fuori di me. Ci sono stato per delusioni d'amore, per scelte difficili di vita, prese o subite, o anche semplicemente per una vacanza di relax, e nonostante i soldi spesi per andarci, ogni volta torno più ricco. Qualsiasi problema, dubbio, ansia, pensiero, grandi o piccoli, per me, in quel posto trovano equilibrio.
E così stamattina incurante delle previsioni meteo, sono partito con le luci dell'alba e ho fatto una capatina nel "mio rifugio". Già la strada verso la meta è un qualcosa di buono da assaporare, come una sorta di antipasto per l'anima. Uscito dall'autostrada all'altezza di Belluno inizia la parte più bella, con le Dolomiti a fare da compagne di viaggio. Da marzo, quest'anno è stato bello tosto per il sottoscritto come per molti altri. La perdita del lavoro dopo ventisei anni, per un misto di cause tra cui il Covid-19, i mesi di cassa integrazione, la rinuncia alle vacanze estive, tra le altre cose, la fatica quotidiana a mostrare sempre un sorriso a chi ti sta accanto per non farli preoccupare, mostrandoti sereno e tranquillo anche quando dentro ti senti morire quando guardi i tuoi figli e la preoccupazione aumenta. Poi finalmente una nuova opportunità di lavoro, un nuovo inizio, una nuova speranza. Tante sensazioni, tante cose per la testa da riordinare, tanto stress accumulato nei mesi, e la necessità di andare in quel posto, nel mio rifugio, anche solo per mezza giornata.
Arrivato, appena sceso dalla macchina, un bel respiro profondo è d'obbligo, per caricare i polmoni. L'aria è frizzante e penetra subito nelle ossa, ci saranno meno di dieci gradi alle dieci di mattina, il cielo è coperto, ma va bene così, la montagna è lì con le braccia aperte che mi aspetta. Mando un messaggio a casa a mia moglie per tranquillizzarla che sono arrivato, dopo di che spengo lo smartphone. Vado nella bottega di alimentari del paese, prendo un po di speck, del pane e acqua, e via. Dopo un oretta di cammino immerso nella quiete, arrivo in una delle zone da me preferite. È un fianco di una montagna dove mi piace sedermi sull'erba e ammirare il paesaggio dall'alto. Nessun rumore artificiale. Solo il vento, i rami, le foglie, un piccolo ruscello dietro di me che scorre senza disturbare. Già sto meglio. Passa un vecchietto del posto, che avrà più o meno gli anni delle montagne e con gli occhi di chi ha visto e vissuto tutto il bello e il brutto della vita con un cenno antico d'altri tempi mi saluta. Io rispondo nel classico modo civile e industriale con un cenno del capo. Che vergogna. La montagna mi ha fatto capire che è da sciocchi mettere la vita in banca sperando di ritrovarla con gli interessi. Mi ha aiutato a non essere troppo tonto, anche se un po’ tonti si è tutti da giovani. Mi ha insegnato che dalla vetta non si va in nessun posto, si può solo scendere. (Mauro Corona) Sono qui per stare bene, non voglio tormentarmi l'animo, la vita mi sta dando nuove opportunità, ho nuovi progetti da portare avanti con la mia famiglia, voglio solamente ricaricare le batterie di sentimenti positivi.
Sto mangiando il mio primo panino con lo speck su una panchina, maledico di non aver preso una birra e passano due ragazzini con il loro padre, avranno avuto circa quindici anni e uno di loro ha il berretto della Juve. Sorrido, loro mi salutano, rispondo come avevo risposto al vecchietto, sentendomi molto meno in colpa, e il più piccolo dice, girandosi verso il papà, guarda papà anche quel signore è juventino. All'istante non capisco, poi mi rendo conto che indosso il piumino con lo stemma della Vecchia Signora. Si fermano anche loro a guardare il panorama dal quel punto, i ragazzi si allontanano un po', raccogliendo un ramo e giocherellando, mentre il padre siede per terra vicino a me, apre lo zaino e tira fuori dei panini e una birra. Forse vedendo nei miei occhi il desiderio di un sorso, ne tira fuori un'altra, dallo zaino termico e me la offre, ovviamente io da persona educata, timida e introversa... accetto immediatamente. Penso che un padre solo con due ragazzini in quel posto, sia uno dei tanti, ormai, padri separati o divorziati. Iniziamo con due parole di cortesia, poi la magia della montagna fa il suo lavoro. Lui aveva voglia e bisogno di parlare, e lo sentivo, aveva voglia e bisogno di parlare soprattutto con uno sconosciuto. Inizia a raccontarmi di sé, e del fatto che il suo 2020 era assolutamente più tosto del mio. Era un imprenditore di successo, nell'ambiente dell'immobiliare. Soldi a volontà, successo nel lavoro dove primeggiava da anni, una famiglia invidiabile, una casa di lusso. I suoi sforzi del passato avevano pagato ed era arrivato in cima. Come sempre, dalla cima, però, si può solo scendere, e il rimanervi per diverso tempo, ha il suo prezzo da pagare. Essere arrivati in cima, dice lui, che di nome fa Sergio, è bello e difficile, rimanerci è difficile e estenuante. Di colpo ti sembra che non sia più possibile un passo indietro, tornare nella normalità, vedere qualcun'altro primeggiare qualche volta al tuo posto, non lo concepisci più, e così inizia la lotta più dura. Io ascolto in religioso silenzio, e mi godo la birra. Mi racconta che le ore di una giornata non bastavano più, non esisteva più una vita oltre il lavoro, i soldi non potevano comprare ciò che l'ansia aveva tolto. Ciò che più gli faceva paura, non era tanto un passo indietro lavorativo, ma ciò che gli sarebbe potuto piovere addosso dai nemici, dai concorrenti, che dopo anni non aspettavano altro che un suo abdicamento. Non tollerava l'idea di tornare tra i comuni mortali, più che per gli effetti collaterali che altro. Poi il tracollo, netto, improvviso e totale. Degli investimenti sbagliati, degli errori di valutazione e l'arrivo del Covid-19, fanno fallire la sua attività, e cosa più importante e drammatica, si porta via la sua dolce moglie. Sì è ritrovato in un attimo davanti non ad uno, ma bensì due atroci incubi, con uno più brutto dell'altro. A questo racconto mi rendo conto che le mie lamentele appaiono assolutamente fuori luogo. Tutto da rifare, tutto perso, tranne i due figli a cui serve un padre in grado di tenerli ancora in piedi in questo mondo e senza l'aiuto della mamma. È dura, mi dice, con gli occhi fissi verso la montagna, ma a parte la mancanza della mia Lisa che è un vuoto incolmabile con il quale dovrò conviverci ogni giorno, il resto della vita, tutto sommato è tornato in una sorta di relativa normalità che poi così brutto non è. Abbiamo una casa più piccola, ho ripreso pian piano a lavorare, meno ore, sto più in casa con i ragazzi, e l'ansia è sparita. Ora guardo chi è in cima, ma non provo invidia, forse un giorno ci tornerò io in cima, oppure no, ma certamente sarà vissuto in maniera totalmente diversa, senza patemi e senza angoscia, è giusto che sia così.

Io non ho aperto bocca durante tutto il suo racconto, ho gli occhi lucidi e un senso di ammirazione verso questo uomo. Insieme guardiamo la montagna e la montagna guarda noi. La montagna non è solo nevi e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all'altro, silenzio tempo e misura.” PAOLO COGNETTI Poi si gira, mi guarda e dice... è un po' come la nostra Juve. Io non capisco, e lui replica, si come la Juve che è tornata in cima dopo diversi anni e non ne vuole sapere di scendere. Ci stanno provando tutti in tutti i modi, ma niente, lei resiste, e lo fa da nove anni. Per i tifosi, il problema vero non è tanto il non vincere, ma il subire tutto quello che verrà in quel caso di sconfitta. Il tifoso juventino non considera più il secondo posto, un piazzamento dignitoso, anzi, c'erano perfino quelli che non festeggiavano più lo scudetto e che la non vittoria in Europa cancellava tutto il resto. Come quando io non tolleravo di non essere il migliore, il primo in assoluto. Questo è sbagliato, è un male interiore che sta rovinando il meraviglioso momento storico che la nostra squadra ci sta regalando, e di conseguenza fa vivere male il presente. Cacchio, anche oggi parlo di Juventus, eslamo! Tutto avrei pensato, ma non di certo che una chiacchierata di questo livello con Sergio, potesse terminare parlando di Juve. Ma così è, in realtà la pochezza del calcio è una cosa, ma la passione dentro di noi è un qualcosa di straordinario. Sergio ha perfettamente ragione. Ogni anno l'ansia aumenta a dismisura, la voglia di vincere è stata scavalcata dalla paura di perdere. O vinci o hai fallito. Anni di scudetto e coppa Italia, quattro double, eppure per molti eravamo difronte ad una stagione se non fallimentare, sicuramente mediocre. Lo scorso anno con Sarri si parlava più della paura di non vincere che della voglia di costruire un qualcosa di diverso. Poi è successo un qualcosa che è andato oltre al lato tecnico. Quest'anno con Pirlo vedo gente estremamente preoccupata per come potrà andare le stagione, perché dopo nove anni alcuni ancora non hanno capito e metabolizzato il fatto che la sconfitta, il fine dei cicli fa parte di questo mondo. Società e dirigenti vengono criticati aspramente per non sapere mantenere o aumentare il livello della squadra, e non importa se vinci da uno, tre o nove anni, quando perderemo molti si saranno dimenticati di tutto e si chiederà la testa di qualcuno. Se fosse così semplice esisterebbe ancora il grande Milan o il Barcellona, eppure anche loro hanno incontrato la parola fine alla loro grandezza. Il nostro ciclo non ha visto il trionfo europeo, questo è vero, ma non può essere questo il dato che fa spostare l'ago della bilancia nel giudizio di questa società, la Champions è una competizione a sé che esula da qualsiasi programmazione.
Sono sereno, con Sergio i discorsi si sono spostati su altre cose meno serie. Ma l'idea di poter seguire quest'anno la Juve non da favoriti a tutti i costi, ma di poter essere una squadra delle tante altre, mette pace. La Juve è ripartita da zero, prima capiamo tutti che non siamo i favoriti, prima staremo meglio. L'Inter è forte ed è più avanti di noi, come lavoro, come progetto e come fame. Continuano un lavoro iniziato lo scorso anno, noi invece ripartiamo da zero ancora una volta. Questo è un dato di fatto che deve darci la tranquillità di vivere una stagione di fondamenta, di basi tecniche per un nuovo ciclo senza dover passare per molti anni bui come di solito acca. In Europa siamo una delle tante, distanti dalle prime quattro cinque squadre. Punto. Ciò non toglie che se la squadra saprà confermarsi ancora una volta, la decima, sarebbe un enorme soddisfazione.

Ora si è fatto tardi, Sergio e i suoi ragazzi se stanno andando, ci siamo salutati calorosamente, felici di esserci incontrati e lieti di aver avuto la possibilità entrambi di parlare delle proprie ferite con un "estraneo". Ciao Sergio, in bocca al lupo per tutto, stiamo in contatto, ma sopratutto stiamo sereni e godiamoci la nostra Juve con la serenità che, grazie alla montagna, abbiamo colto ci porteremo a casa. Sulle montagne si trova la libertà! Il mondo è perfetto ovunque, salvo quando l'uomo arriva con i propri tormenti.”