"Ma porta male... si fermi... dove va?".

Questo mi strillò Remigio, portiere del condominio, quella mattina, prima domenica di giugno, quando il sottoscritto tra poco più di due ore avrebbe modificato radicalmente la propria condizione di vita, o meglio di stato, passando da quella di celibe a quell'altra di coniugato.   "...ma Remigio ero curioso di vedere la mia fidanzata alle prove con l'abito da sposa, si tratta solo di 1 minuto....
-....ahh, ma come glielo devo dire, porta male!!!...piuttosto vada che deve arrivare il fioraio e debbo sistemare a festa tutte le scale........
- ok, vado...mi raccomando...le renda belle queste scale!!...
- ...stia tranquillo!!"

           Correva il giugno 1974, l'Italia era sconvolta dalla lotta al terrorismo e da terribili fatti di sangue come la strage di Piazza della Loggia a Brescia e l'attentato sul treno Italicus. La situazione politica era molto contorta ed in estate ci fu persino un tentativo, se pur fallito, di un golpe militare ad opera di Edgardo Sogno e i suoi militanti con il proposito di instaurare in Italia un regime autoritario. 
Solo un mese prima del nostro matrimonio gli elettori italiani furono chiamati ad esprimersi con  un referendum sulla legge Fortuna- Baslini meglio nota come legge sul divorzio
Questo era il clima che regnava in quell'anno in Italia, ma io e mia moglie, impegnati da diversi mesi ad occuparci dei preparativi delle nozze e della nostra futura casa, non l'avevamo per nulla avvertito.

Partimmo il giorno seguente alle nozze con la mitica 500 color aragosta alla volta di Genova, dove ci imbarcammo sulla bella e nuova "Cabo San Sebastian" che il giorno appresso ci sbarcò a Barcellona. Visitammo in tre giorni tutta la città con i suo monumenti, la Sagrada Familla, la Plaza con l'Arena e il folcloristico (ma purtroppo cruento) spettacolo della corrida, e poi la sera il passeggio tra le Ramblas con cene nelle tipiche hostarie della Catalogna a base di paella e sangria.
Non soddisfatti seguimmo le indicazioni dell'agenzia di viaggi cui il nostro albergo si appoggiava, la quale ci confezionò un pacchetto viaggio di altri 3 giorni alle Baleari, a Palma de Majorca, andata con un volo della Iberia e ritorno in nave. Seguì un'altra vacanza nella vacanza, ricordi di un mare e di un sole splendido! 
Il ritorno in Italia lo percorremmo con la 500, altri 1300 km facendo soste ad Arles in Camargue dove pernottamento in un castello medioevale circondato da boschi e cavalli, e poi facemmo tappa sulle Alpi Marittime a 60 km da Nizza, dove andammo a recar visita, dietro suo invito, ad uno zio di papà Renato, Santino che si era stanziato trent'anni prima in quel paesino sperduto tra i monti, quando emigrò in Francia assieme ad altri amici e finì in quel posto, come carpentiere per costruire case, conobbe una ragazza, Marie, la sposò, ne ebbe tre figli e tornò in Italia una volta sola, per la mia Prima Comunione. Questi parenti ci trattennero a casa loro per alcuni giorni tra pranzi con sugo di cinghiale (zio Santino era un abile cacciatore) e passeggiate nei boschi alla ricerca di funghi e lamponi. Ci sentimmo trattati come fossimo principi, il mattino della nostra partenza si presentò perfino il sindaco con tanto di bandiere francese ed italiana, facemmo un solenne brindisi accompagnato dalle note della Marseillaise e dell' Inno di Mameli, e poi con strombazzate di tutte le auto attorno alla fontana del paese e mentre io e mia moglie salutavamo con le mani alzate sopra il tettuccio della 500, il curato di quel delizioso borgo suonava a festa le campane di quella pittoresca chiesetta alpina.

Terminò dopo 15 giorni quella meravigliosa luna di miele, tornammo a Roma dove quel lunedì mattina il lavoro ci attendeva. Io ero impiegato in un centro assistenza elettrodomestici e mia moglie disegnava le ristrutturazioni di esercizi commerciali presso uno studio di architettura.   Terminò velocemente anche quell'estate ed iniziò una nuova stagione 1974/75, ma qui i fiori di arancio erano terminati per lasciare il passo all'erba verde e rasata dei campi di calcio. 

In quella stagione il nostro Milan, fermo a 9 scudetti, è all'affannosa ricerca del decimo che gli conferirebbe così la prima stella sulla maglia rossonera, ma dovremo purtroppo attendere altri cinque anni per poterla saldamente cucire. 
Quella stagione 1973/74 non fu per noi molto fortunata, la Juventus vinse il suo 16mo scudetto, noi raggiungemmo solo il quinto posto e perdemmo la finale di Coppa Italia con la Fiorentina, in compenso vantavamo una rosa di soli giocatori italiani: Albertosi, Tancredi, Anquilletti, Bet, Maldera, Sabadini, Turone, Benetti, Biasiolo; Rivera, Bigon, Calloni, Chiarugi, Allenatore Gustavo Giagnoni, l'unico straniero dopo 9 anni di militanza era tornato nella sua Germania, il grande Karl Schnellinger. 
Gianni Rivera a fine stagione ebbe un contrasto con l'allora presidente Albino Buticcchi, poichè quest'ultimo ipotizzò uno scambio con il torinese Sala e Gianni per protesta non si presentò a due allenamenti, di conseguenza venne messo fuori rosa e lui avrebbe meditato di abbandonare il calcio quando nella stagione seguente ebbe un ripensamento che lo portò all'acquisto di quote di maggioranza del club collocando temporaneamente quale presidente del Milan Bruno Pardi.  

Passano quattro anni, nasce Manuel, ora ha tre anni, è domenica 8 ottobre ed il Milan è ospite all'Olimpico della Roma che da 13 anni in casa non batte i rossoneri. E' la seconda giornata di campionato che quell'anno iniziò il primo di ottobre, ed essendoci quella domenica un evento commerciale che vedeva impegnata mia moglie alla Fiera di Roma, io che con l'amico Paolo avevamo già preso i biglietti per assistere alla gara, chiesi a mio padre se avesse potuto per quel giorno festivo stare a pranzo con noi per poi spupazzarsi il nipotino, nemmeno terminai la frase che praticamente era già a bussare all'uscio della porta di casa.
Assistemmo ad una bella partita, che il Milan vinse meritatamente per 3 a 0 ma i gol furono frutto di altrettanti episodi fortunosi, il primo un autogol di Giovannelli poi attribuito a Maldera e gli altri due su calci di rigore, uno molto discutibile, realizzati da Chiodi. Il nostro allenatore era Niels Liedholm che porterà questa squadra dopo 8 mesi allo scudetto della stella, cui seguiranno gli scarpini appesi al chiodo di Gianni Rivera, ma nasceva proprio in quella partita all'Olimpico un altro mito del nostro calcio allora diciottenne e che sarà il nostro leggendario capitano, poi definito "un marziano della difesa in campo" che è Franco Baresi.


Mentre sto scrivendo queste righe ascolto dalla radio che il Milan ha pareggiato il vantaggio del Napoli con un bel gol realizzato da Jack Bonaventura con una sua prodezza, una rasoiata di destro dal limite dell'area all'incrocio dei pali dove nulla può Meret proteso con un plastico tuffo sul suo palo. San Siro in delirio, un gran giocatore, sfortunato, da brividi pensare se non lo avesse perso per quel lungo infortunio il nostro Gattuso lo scorso anno, dove saremmo ora, altro che 14 punti in 13 gare ( perfetto per centrare la B senza spareggi) saremmo forse già in Europa rimettendo nella cesta dei panni da lavare la bega della pseudo- esclusione dalle Coppe per motivi di FPF, ed ora, forse, non staremmo qui a piangerci addosso con questa classifica, con un futuro grigio-nero e con tre allenatori a libro paga.
Ora la sto rivedendo sul Pc ed è veramente una bellissima rete, frutto di una bella azione manovrata rapidamente, forse è la più bella di questo ormai quarto di stagione mai così arido per il Milan, e ad innaffiarlo ci voleva proprio, oltre al diluvio di San Siro, anche il nostro vero talento tutto ITALIANO che è Bonaventura ( avviso per Boban-Maldini: occhio ora a Rajola, tornerà alla carica !).
Di questa gara si possono trarre aspetti positivi come appunto il gol ed altre belle conclusioni a rete, ma purtroppo ancora una volta dobbiamo ringraziare Gigione che ha salvato la nostra porta in un paio di occasioni, una clamorosa sul finale di partita negando ad Insigne la vittoria. Non pervenuto Piatek, un pistolero a cerca di taglie ma forse non sa che anche lui è a sua volta ricercato, e soprattutto il centrocampo dove Biglia dovrebbe essere il vero "pizzaiolo" a fornire pizze calde per i nostri attaccanti e invece è impalpabile, è come se giocassimo sempre con un uomo in meno. Ed è una fortuna che abbiamo affrontato il Napoli peggiore della stagione, perchè altrimenti avremmo perso, tanto per cambiare... ho perso il conto delle asticelle!!!     
In ultimo è da sottolineare che ancora una volta il Milan si comporta come fosse un ruotino di scorta (velocità max 70 km/h) ha una tenuta atletica di 60/70 minuti massimo cui segue sempre un matematico calo (ruotino sgonfio), concedendo troppi palloni agli avversari o addirittura un crollo, causa scoppio del ruotino, andando fuori strada (gara) distruggendo l'auto ( e cioè l'incontro ed il risultato). Questa è materia di assiduo lavoro settimanale per il Prof. Pioli e tutto il suo staff atletico con una costante supervisione di tutta la nostra dirigenza.

Milan-Napoli è finita 1 a 1 e rivedendola noto i volti dei giocatori segnati da spennellate di colore rosso e al mio nipotino, che chiede spiegazione a riguardo, dico che non sono segni per imitare gli indiani Apaches o Sioux, ma è una protesta volta a rappresentare segni di violenza che purtroppo tanti uomini brutti e cattivi usano nei confronti delle donne
La sua risposta è uno scuotimento di testa e così prosegue: "...ma io pensavo che fossero segni per vincere meglio...
-....no, no perchè li avevano anche i giocatori del Napoli...
-....ahhh!!...m'immaginavo ora capitan Romagnoli dissotterrare l'ascia di guerra e tutti all'assalto per battere il Napoli!!
- ...eh...caro Matteo, è qui il nostro intoppo, il Milan non ha più l'ascia di guerra...!!
-...e allora nonno speriamo che ce la porti Babbo Natale!!......
- eh sì, dai a Natale ti voglio regalare la nuova maglietta di Ibrahimovic!!...".



Tornai dallo stadio con il mio amico Paolo verso le 18, il sole volgeva al tramonto, mio figlio Manuel era stato con il nonno Renato alle giostre ed era tutto intento a raccontarmi quale automobilina avesse scelto per fare i suoi giri, io estraggo dal mio zaino una palla a strisce rosse e nere e cominciamo a giocherellare sul corridoio con piccoli passaggi tra noi quattro e questo giochino dura diversi minuti, quando papà mi fa un cenno guardando l'orologio, comprendo che s'è fatta l'ora del ritorno, e approfittando di un momento di spalle voltate di Manuel alla ricerca della palla, il nonno se n'era uscito piano piano senza far rumore. 
Manuel avvertì quel minimo refolo di vento che la porta nel socchiudersi aveva provocato, corse incontro alla porta che riuscì stendendo tutto il suo braccino ad aprire e chiamò a gran voce per interminabili minuti: "Nonno, nonno, nonno Renato!!!
Sì calmò solo dopo un'oretta quando arrivò mia moglie con un giocattolo in mano, la abbracciò quasi a soffocarla e mia molglie chiese a Manuel cosa avesse fatto quel pomeriggio. Il bimbo non ripetè tutto il racconto della giostra, ma chiese solo quando sarebbe tornato nonno Renato.   

Rimase affezionato a suo nonno tutta la vita.



Un caro abbraccio.

Massimo 48