La trasferta di Bergamo, contro un'Atalanta negli ottavi di Champions, si presentava come una partita difficile. Gli orobici, infatti, avevano sì perso a Bologna, ma con l'attenuante di essere reduci dall'impresa di Donetsk, roba non da poco. Il giocatori del Milan, tuttavia, sono stati autori di una prestazione sconcertante, come se fossero un gruppo di nottambuli rincasati all'alba dopo una notte di bagordi e lussuria, buttati giù dal letto a secchiate d'acqua dopo un paio d'ore scarse di sonno.

Incassato il primo gol, il Milan ha preso a trotterellare svogliato per il prato verde di fronte a un'Atalanta che continuava a rispettare l'avversario, aspettandosi forse di subire da un momento all'altro l'impeto della cavalleria nemica.
L'assalto non è arrivato, ma i bergamaschi hanno continuato a temerlo per una bella fetta del secondo tempo, finchè l'equivoco non è stato fugato, quasi per caso, dal terribile 1-2 di Pasalic e Illicic. Sul 2-0 del croato, infatti, i rossoneri hanno rotto le file e lo sloveno ha messo in fuga le truppe nemiche con un'incursione che ha tolto loro ogni chance di ricompattarsi. Buon per il Milan, tuttavia, che la cavalleria bergamasca si sia limitata solo a saccheggiare l'accampamento nemico, segnando il 4° e 5° gol. Se gli orobici avessero deciso di inseguire, sciabola alla mano, i rossoneri in fuga disordinata, avrebbero massacrato i nemici in gran numero. Mi spiego, se avessero infierito con convinzione, i giocatori dell'Atalanta avrebbero segnato altri 3-4 gol almeno.

Ora, quando una squadra, al di là dei meriti o demeriti tecnici, non c'è, il discorso è molto molto molto ampio. E di certo la cosa non può essere dovuta a motivi tattici o tecnici, come al valore dei giocatori. Quantomeno, non può essere dovuto solo a quelli. Ma vediamo di spiegarci.

Quando i giocatori del Milan scendono in campo contro una squadra che ha tolto loro la Champions l'anno precedente ed è, giustamente, lodata da tutti per i suoi risultati in Europa, ci si aspetta che vogliano dimostrare qualcosa, se non altro mettendo dentro la stessa grinta del secondo tempo contro il Sassuolo (dove sono mancati i gol, ma se non le occasioni, se non altro). Invece il Milan non c'è stato nè a livello di concentrazione nè di grinta nè, perfino, di nervosismo. In poche parole, si sarebbe potuto anche perdere male, perchè non in grado di reggere il confronto, ma dopo aver provato anche l'impossibile ed essere usciti dal campo in 9 uomini per le espulsioni. I rossoneri, dal canto loro, hanno lasciato il prato verde come tanti zombi incapaci di realizzare quanto accaduto e ciò in quanto, per realizzarlo, avrebbero dovuto essere in campo con la mente e non solo con il corpo. Giocatori viziati che non si impegnano e non hanno a cuore la maglia? No, queste sono insulsaggini. La questione è invece più complessa e va analizzata.

Innanzitutto, la professionalità della squadra, a meno che i giocatori non siano tanti Baresi, dipende in primis dalla società e una società non si improvvisa. La società, fatta di struttura e dirigenti, non ignora i rischi di un calo di tensione alla vigilia della mini-sosta natalizia. Non ignora ed è la prima a mobilitarsi, perché la concentrazione non cali nei giorni precedenti al match. Gazidis si occupa di contabilità, marketing e finanza, sia pure ad alto livello, e il trio Maldini-Boban-Massara non ha un'esperienza rilevante a livello dirigenziale. Maldini e Boban hanno vissuto tali situazioni da giocatori e non è la stessa cosa, perché all'epoca avevano la personalità per restare concentrati, ma non tutti sono come loro. Se lo hanno creduto, hanno commesso un grave errore.

Quanto a Pioli, ora si sarà capito perché la sua carriera è stata costellata di sconcertanti alti e bassi, ovvero buoni risultati (come il 3° posto a Roma con la Lazio) e un certo numero di esoneri o dimissioni. Come Giampaolo non era un maestro di calcio, Pioli non è l'uomo giusto. Entrambi i tecnici sono due onesti e preparati professionisti i quali hanno, evidentemente, limiti tecnici, caratteriali e di personalità. Nel caso di Pioli, come responsabile tecnico della squadra, questi doveva accorgersi che nei giorni scorsi il gruppo aveva lasciato solo il corpo a Milanello, mentre la forma astrale dei giocatori, volteggiava negli spazi siderali delle ferie.

Il problema è che, se si hanno grandi ambizioni (e quella di qualificarsi per la Champions lo è), si deve avere un grande allenatore. Nel caso poi di una società da ricostruire, come il Milan, questo allenatore dovrebbe essere  qualcuno che abbia fatto grandi cose altrove e che sia, quindi, rispettato e temuto dalla società e dai giocatori. Non può essere nè un novizio che utilizza la società rossonera da nave-scuola (Inzaghi e Seedorf) nè un tecnico di medio livello (Mihajolvic, per quanto fossi un suo fan accanito, Montella, Gattuso, Giampaolo e Pioli). Lo stesso Gattuso, che ha tuttora molti ammiratori in rossonero, prima di arrivare al Milan ha collezionato un campionato vinto a Pisa e una sequenza spaventosa di esoneri e dimissioni, il crollo nel finale del campionato scorso rientra quasi nella norma.

Il Milan, insomma, si è consegnato legato mai e piedi a un'Atalanta incredula, ma questo ha pochino a che fare col livello tecnico dei giocatori, che resta complessivamente buono. Prendete l'atalantino Pasalic, ad esempio, che oggi ha assestato il colpo decisivo ai rossoneri, ma una volta era uno di loro e poteva essere riscattato per 10 milioni. Pasalic fu bocciato e ritenuto indegno di una spesa tutto sommato onesta, perchè da qualche anno al Milan sono tutti scarsi e non da Milan. In realtà sono società e allenatore che rendono bravi o scarsi i giocatori, perchè da sempre il segreto di un esercito sono i comandanti e la logistica.

Un giocatore molto criticato è, ad esempio, Paquetà, oggi assente. Forse Paquetà non è da Milan, ma forse è il Milan a non essere da Paquetà.