Non sono trascorsi molti giorni dal brutto "passo falso" in terra ungherese. Non è  nemmeno trascorso molto tempo da quando il Milan, battendo il Sassuolo, ha vinto il suo diciannovesimo scudetto e, ultimo dato, non è ancora arrivato alcun acquisto da riempire le pagine dei giornali, poichè CDK arriverà a Milano solo domani, Origi e Pobega, sono infortunati e il solo Adlì ha giocato, ma ancora con poco minutaggio. Eppure questo Milan, ottimamente allenato da Mister Pioli, che supera il Marsiglia per due a zero, impressionando per la personalità e per il totale controllo della partita, dove la cornice di un pubblico eccezionale e una rivalità, più "costruita" che storica, ricordando la serata infausta dei fari spenti e il presunto doping, nella finale vinta dai francesi, unica squadra di quella nazione ad averla vinta, presagiva difficoltà totalmente evitate. Questa squadra, Campione d'Itala. Questi giocatori, molti dei quali giovanissimi, sono da tre anni costantemente a raccogliere risultati ed ad esibire calcio, con rarissime eccezioni, in tutti i campi, non solo nazionali. Insomma questo Milan continua a stupire, ma ancora oggi, non raccoglie i "favori" di critici e addetti ai lavori, più affascinati da Juventus, Inter e anche Roma e da qualche giocatore di nome e blasone, piuttosto che da una squadra vera e concreta che basa sul suo gioca la propria forza, affidandosi all'organico e non certo al singolo.

Ho visto tanto calcio, specialmente del Milan, e il pressing attuato a metà del secondo tempo, con tre rossoneri a circondare l'avversario, a strappargli il pallone, senza fare fallo, mi ha improvvisamente riportato indietro di oltre 30 anni. Quel Milan, allenato dal Mago di Fusignano, Arrigo Sacchi, ha espresso il calcio più bello ed entusiasmante, anche se meno vincente di quello allenato da Carletto Ancellotti e a livello nazionale di Fabio Capello, capace di vincere quattro scudetti nel suo quinquennio sulla panchina rossonera. Un Milan che diede inizio ad una serie entusiasmante di successi, proiettandolo in cima alla classifica Mondiale, composto da talmente tanti campioni, molti dei quali destinati alla panchina, che averli oggi, faremmo i salti di gioia. Ma il primo anno di Sacchi seppe abbinare le qualità di giocatori straordinari, dove i due olandesi, Van Basten e Gullit, ne erano l'immagine più limpida, ad un gruppo di italiani, bravi, bravissimi e normali, che seppero interpretare in modo perfetto le indicazioni del Mister. Rileggendo i nomi dei giocatori che facevano parte di quella rosa, che seppe vincere lo scudetto al primo tentativo, superando il Napoli di Diego Armando Maradona, Giordano e Careca, nettamente favorito, più di  Carlo Ancelotti, Franco Baresi, Alessandro Costacurta, Paolo Maldini, Filippo Galli, Giovanni Galli, i due olandesi già citati, Mauro Tassotti, Roberto Donadoni, Alberico Evani, Daniel Massaro e Pietro Paolo Virdis, che per anni saranno protagonisti assoluti, sono gli altri, quelli che il nome è scivolato nel dimenticatoio ad aver contribuito in modo ugualmente determinante. Giulio Nuciari, Walter Bianchi, Mario Bortolazzi, Massimiliano Cappellini, uno straripante, Angelo Colombo, Graziano Mannari, Roberto Mussi, Rufo Emiliano Verga e Francesco Zanoncelli.

Dall'anno successivo con l'arrivo di Rijkaard, preferito giustamente a Borghi il Milan diede inizio al suo ciclo, fatto anche più di campioni che di prestazioni. Capello lasciava Papin in tribuna e Savicevic in panchina. Ha perso tutte le finali, tranne una, la più difficile, contro il Barcellona, proponendo un calcio difensivista, inventando Desailly, davanti alla difesa, vincendo in Italia e perdendo all'estero. Poi ci ha pensato Ancellotti a rimettere le cose in ordine. Che squadra, che gioco, che divertimento. Un solo rimpianto, la finale persa con il Liverpool, ma non tanto per la sconfitta, immeritata ai rigori, ma perchè ciò impedì di tenere Crespo, arrivato in prestito dal Chelsea, giocatore stupendo. Dopo anni trascorsi nell'anonimato, vedendo vincere gli altri, oggi il Milan attraverso il gioco, attraverso la scelta di giocatori in grado di interpretare le partite in modo moderno e a ritmi ben più alti di quelli proposti dal nostro campionato, ha scelto una via ben precisa che non è quella  di affidarsi ai nomi noti e affidabili, del calcio mondiale, troppo costosi, ma "costruendo giocatori". Piaccia o meno, i risultati sono sotto i nostri occhi. Certo i Krunic, i Salamandra e i Messias, accendono meno le fantasie di tifosi e critici, rispetto a giocatori già ricchissimi e spesso più interessati al conto in banca che alle loro prestazioni in campo, ma se alla fine contribuiscono a vincere le partite, quale è la scelta migliore? Sono passati pochi giorni dall'opaca prestazione in terra ungherese, il Milan torna a proporre il suo calcio, vince e si diverte, forse per molti non è sufficiente per essere in grado di vincere lo scudetto, ma questo ad Agosto non è per nulla grave.