Che sia colpa della società, di Conte o dei giocatori, una cosa è certa: qualcosa non va in casa Inter. Lo dicono i numeri, quelli non mentono mai, lo dicono soprattutto le prestazioni e i risultati. E se ad un inizio altalenante in campionato ci sono tuttora i modi e i mezzi per recuperare, la campagna di Champions sembra ormai ai titoli di coda.

Stiamo parlando di un fallimento preannunciato. Potremmo partire addirittura dal famigerato patto di Villa Bellini, quello del confronto tra il presidente Zhang, che ha voluto fortemente il tecnico ex Juventus e una dirigenza, rappresentata dal duo Marotta - Ausilio, che qualche dubbio forse aveva già iniziato a nutrirlo.

Il tempo degli alibi è finito. L'emergenza sanitaria legata al Covid sta condizionando ogni singolo giocatore, così come il calendario e gli infortuni. La verità è un'altra: Conte è riuscito a peggiorare un'Inter che aveva finito in crescendo la stagione scorsa sfiorando addirittura il successo in Europa League.

La breve pausa estiva è stata probabilmente sottovalutata, con un Eriksen in casa a prendere polvere ed alcuni equivoci tattici che hanno visto nella figura di Vidal il salvatore della patria, mai davvero incisivo e decisivo da quando ha varcato i cancelli di Appiano. Nessun salto di qualità insomma.

Persino la strategia mediatica del Conte 2.0 non ha funzionato. Forse perchè trovare dei difetti a questo gruppo sarebbe irrispettoso: la rosa nerazzurra è competitiva fin da subito per lo scudetto e quantomeno per raggiungere gli ottavi di Champions League. I finti sorrisi hanno vinto sulle cose non dette, su quei sospiri che ci fanno credere che questa storia d'amore stia per giungere al termine. La storia dell'Inter impone dei comportamenti diversi dentro e fuori dal campo.

È paradossale, ma la stagione dell'Inter potrebbe essere già stata compromessa a meno di tre mesi dal suo inizio. Le deludenti prestazioni nel derby, nei match interni contro Parma e Torino e la lezione subita ieri sera rendono il quadro già drammatico. L'unica medicina possibile sarebbe un filotto di vittorie in campionato da qui a Natale, prospettiva difficile da immaginare se analizziamo questa crisi più in profondità.

Partiamo dagli interpreti. L'Inter rinuncia al giocatore sulla carta più tecnico e con più esperienza del suo centrocampo, si affida a vecchi schemi e raramente prova qualcosa di veramente nuovo e innovativo. Il 3-5-2 che stiamo osservando non è certo quello di un'Atalanta che sprizza gioco e bel calcio, nonostante non sia al top della forma. Il tempo e le scelte hanno dato ragione a un tecnico che è già passato dalle parti di Appiano. La dipendenza da Lukaku è diventata patologica e i continui infortuni di alcune pedine di certo non aiutano.
Considerata la bocciatura di Pinamonti, l'Inter non ha un vero vice Lukaku, come dimostrato dall'adattamento di Perisic (altro enigma a tinte nerazzurre). Hakimi e Vidal stanno togliendo qualcosa più che aggiungerlo, Gagliardini è diventato improvvisamente indispensabile e Barella, a poco più di vent'anni, non può portare sulle spalle il peso delle ambizioni stagionali. 

Da dove ripartire? Probabilmente da un nuovo piano tattico, da scelte che facciano rima con forma e funzionalità dei giocatori. Non è vietato far riposare Vidal, si può e si deve contare di nuovo sul talento di Sensi, è fondamentale comprendere che in questo campionato così particolare l'Inter ha grosse possibilità di arrivare per prima al traguardo finale.

Serve ricordarsi che questa maglia non è per tutti e che, il giorno dopo la scomparsa di Maradona, il calcio è fatto anche di patti e di impegno, di sacrifici e di voglia di stupire. L'amore per la maglia non è contrattabile, il desiderio di superare l'avversario dovrebbe essere insito nell'animo di chi partecipa al gioco per mestiere. 
Niente accade per caso e per l'Inter si profila una nuova grande occasione: ribaltare il pronostico e dimostrare a se stessa che è di nuovo grande.