Correva l'anno 1954, quel primo ottobre capitò di venerdì,  io nella mano di mia madre ero in fila all'ingresso della scuola elementare Niccolò Tommaseo in Via Ostiense a Roma (ora trasformata nella Facoltà di Economia e Commercio dell'Università RomaTre). Faceva ancora caldo, non più afoso come la torrida canicola tipica delle metropoli ma comunque l'aria risultava già scaldata da un tiepido sole mattutino che lasciava presagire l'avvento della famosa ottobrata romana. 
Alle 8.30 in punto suonò la prima campanella della mia vita e tutti i bambini salutarono le proprie mamme, qualcuno con il volto rigato da qualche lacrima, ma nemmeno il tempo di cercare un fazzoletto che la Preside iniziò a chiamare ad uno ad uno i vari scolari per formare le nuove prime classi.   
Ovviamente a quei tempi i maschi, tutti solennemente in pantaloncini corti, grembiule blu e fiocco bianco, erano separati dalle femmine tutte solennemente con scarpe e calzini corti bianchi, grembiule bianco e fiocco rosa.   
Mi stavo innervosendo quando dopo buoni cinque minuti sentii il mio nome, ero capitato nella 1^ C  ed il bidello Sig. Nando ci accompagnò al primo piano in un'aula ben illuminata, eravamo una ventina e prima che ci accomodassimo, Nando riempì i calamai di tutti i banchi con l'inchiostro blu scuro con quel penetrante odore, sarà il nostro amico/nemico per i prossimi tre anni, seguì la pulizia della lavagna con il cancellino ed il riempimento della vaschetta porta gessetti, un rituale che si ripetè tutti i santi giorni di scuola.  
Poi prendemmo posto in ordine di altezza, io in prima fila e via via tutti gli altri dietro. 
Rimanemmo qualche minuto in perfetto silenzio come se fossimo ad un teatro nell'attesa che venisse aperto il sipario. 
Tutti azzardavamo delle ipotesi, chi sarà mai la nostra futura maestra? Giovane, anziana, sposata, bionda o mora? 
L'eventualità che fosse un maestro l'avevamo esclusa, per quegli anni gli insegnanti elementari erano principalmente femmine, ma in breve la nostra curiosità venne appagata. 
Entrò con un solare: "Buongiorno ragazzi" una signora alta, distinta, smilza, con i capelli grigi morbidamente annodati sulla nuca con un grazioso chignon, poteva dimostrare una cinquantina di anni, indossava una camicetta di pizzo immerlettata fino al collo, una gonna grigio scura lunga fino a metà caviglia, indossava un paio di occhiali con la montatura pressoché invisibile, ci parve di vedere Mary Poppins!
Quando iniziò a parlare, con un suo accento vagamente emiliano, ci chiamò in ordine di apppello ed instaurò un colloquio, una sorta d'intervista tra storielle, battute, e risate, arrivammo al suono della campanella di uscita senza che ce ne fossimo accorti.  Era e rimase la nostra maestra per i primi tre anni di scuola elementare, si chiamava Emma Dal Pozzo.     
Ci insegnò a scrivere, a parlare, a non litigare, a rispettare gli altri sempre in qualsiasi situazione, ad essere sempre educati, ad aiutare la mamma in casa nelle faccende e soprattutto ad essere rispettosi e tolleranti.  In seguito venimmo a sapere che non aveva figli ed era rimasta vedova dopo pochi anni dal suo matrimonio. Forse per questo chiese ed ottenne dal Provveditorato il suo trasferimento nella capitale.  Nutriva per noi tutti un affetto quasi morboso, a volte superiore a quello delle nostre mamme.
All'ora di ricreazione apriva la sua borsetta e ci offriva dei deliziosi biscotti preparati da lei stessa e li accompagnava versandoci dal suo thermos la cioccolata calda, che non essendoci per tutti, ogni giorno premiava i primi 5/6 che avessero compilato meglio i compiti assegnati il giorno prima, insomma era riuscita ad instaurare un clima di studio, ma anche di sport tra noi che ci ha reso il trascorrere di quei tre anni leggero e piacevole, non avremmo mai più ritrovato in vita nostra una insegnante competente, premurosa, semplicemente esemplare come la maestra Emma. 

L'altro giorno nella cantina di casa della mia povera mamma, nel rovistare tra le varie cianfrusaglie intento a cercare un semplice apri barattoli, dentro una vecchia valigia ho ritrovato l'abbecedario, uno strumento basilare per imparare a leggere (a quei tempi), ha l'aspetto di un libro un po' spesso con una brossura di color rosso che si apre e all'interno ci sono tante tesserine con le lettere dell'alfabeto associate ad un oggetto, A = Arancia  B=Banana  C=Casa e così l'alunno imparava a leggere e scrivere con questo attrezzo, ne parlò anche Collodi nel suo Pinocchio, ma con la maestra Emma lo usammo solo per una settimana e poi sparì dalla circolazione, è rinvenibile con buona dose di fortuna in qualche mercatino, e chi trovasse questa "chicca" vivrebbe sicuramente una giornata speciale!

Dunque nel 1954 ho sei anni, frequento la prima elementare e vivendo nella capitale sono circondato da quasi tutti i miei compagni che tifano per la Roma.
Io, da salmone come son sempre stato, comincio a simpatizzare per i colori rossoneri e vengo a spiegare quale fu la scintilla che mi mosse a questa scelta.                   
Mio cugino Beppino, accanito tifoso giallorosso a metà dicembre mi portò allo stadio Olimpico per assistere al match del girone di andata di campionato Roma-Milan. 
I rossoneri erano in testa alla classifica, ma persero quella gara per 2 reti ad 1. Io ebbi modo di conoscere da vicino Cesare Maldini, il nostro futuro capitano prelevato quell'anno dal Presidente Andrea Rizzoli dalla Triestina, e poi il capocannoniere Gunnar Nordhal (27 gol), ed il portiere della Nazionale Lorenzo Buffon, e l'uruguaiano Alberto Schiaffino ed infine l'allenatore ungherese Bela Guttmann che, nonostante il Milan fosse campione d'inverno e tra l'altro rimase primo in classifica per tutto il campionato (34 giornate) venne sostituito dal Presidente il mese successivo quando la squadra perse consecutivamente le prime due gare del girone di ritorno. Al suo posto arriverà e condurrà il Milan alla conquista del suo 5^ scudetto l'allenatore uruguaiano Hector Puricelli che addirittura festeggiò una giornata prima della fine del torneo battendo la Spal con un secco 6 a 0.   
Ma in quegli anni gli allenatori ungheresi e tutto il calcio magiaro godeva di gran fama, avendo proprio nel '54 l'Ungheria conosciuto il suo massimo splendore essendo arrivata seconda dietro la Germania Ovest alla quinta edizione del campionato mondiale di calcio, o Coppa Rimet, svoltosi in Svizzera. Solo due anni prima la nazionale magiara si era fregiata dell'oro olimpico ad Helsinki ed era riuscita a battere per due volte l'Inghilterra per 6 a 3 a Wembley e con uno schiacciante 7 a 1 in casa. L'autore principale di queste straordinarie performances fu il calciatore Ferenc Puskas nato calcisticamente nella Honved di Budapest nel 1958 per poi finire al Real Madrid tre anni dopo e diventare una leggenda del calcio europeo del dopoguerra. Quando morì nel 2006 ci furono solenni funerali di stato alla sua memoria, le sue ceneri riposano nella basilica di Santo Stefano a Budapest.   
Insomma per tornare a noi, nonostante quella sconfitta con la Roma, rimasi da quel giorno un nuovo piccolo tifoso rossonero, forse tra i pochi a quei tempi che vivevano nella capitale.

Siamo in un caldo pomeriggio di estate di quell'anno, per gioco mi dilettavo a seguire una banda di ragazzetti di qualche anno più avanti del sottoscritto che tutti i pomeriggi di estate amava trascorrere del tempo sulle sponde del fiume Tevere ricoperte di tanta vegetazione e soprattutto di folti canneti. Casa nostra distava circa mezzo km. dal fiume e così era diventata una meta fissa in quei pomeriggi caldi, senza scuola. Ce ne andavamo in quel posto dove costruivamo delle piccole capannine con le canne del fiume, tipo tende indiane e poi naturalmente eleggevamo il capo tribù che dichiarando guerra al suo rivale iniziava una fitta sassaiola per la conquista della capanna nemica. Non c'è che dire un manuale di arte bellica messo sapientemente in pratica.
Molto tempo dopo venni a sapere che l'idea era stata partorita da Virgilio, un nostro amico il cui nonno era stato pluri medagliato in varie missioni della guerra d'Africa.  Ma quel giorno con nostro grande stupore, trovammo assiepati tra i filari di canne, un mare di persone,  di camioncini,  di attrezzature, di faretti, cavi elettrici, macchine da presa sparsi dappertutto, e proprio dove il Tevere forma un'ansa tra Valco San Paolo e la Magliana, lì dove i fiotti dell'acqua mulinano nella marrana, un signore mezzo nudo brandendo un coltello tra i denti urlava: ..."alligatore americano?!?...Nando Moriconi te se magna....tiè....tiè!!"

         
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