La nostra società Juventus, come tutte le grandi realizzazioni dell'umanità, ha alle sue origini una leggenda. Se sia un fatto vero la fondazione della Juventus ad opera di studenti del Liceo Massimo D'Azeglio su una panchina di un parco non ha nessuna importanza, perché l'evento ha tutte le caratteristiche e le suggestioni di una leggenda di fondazione. Nel nome scelto, un nome latino, che nel suo significato definisce la stagione più bella della vita, risiede gran parte del suo fascino perché con questo suo nome la società appena nata si pone da subito come riferimento di studenti e soprattutto di giovani, intesa la gioventù come stagione della vita e come condizione dello spirito. Un tocco prezioso all'interno della leggenda è dato dalle maglie a strisce bianconere ricevute dal Notts County. Maglie che forniscono elementi di genuinità, di distinzione e di antichità che nobilitano la società, collegandola fin da subito alle migliori espressioni del mondo del calcio. Non prende il nome della città, la pur bellissima Torino, perché non vuole essere ridotta ad una questione di campanile. Per questo motivo, e quando con l’arrivo degli Agnelli diventa la squadra che ha alle spalle la Fiat, la Juventus attira irresistibilmente tra i suoi tifosi anche quella parte di operai provenienti dal sud, che trovano in essa il riferimento identitario nella nuova realtà in cui ormai vivono stabilmente.
Con la notorietà derivante dai successi e per le caratteristiche di partenza descritte, che collocano molto lontano l’aspetto campanilistico, diventa facilmente la squadra dell’unità d’Italia e il numero dei suoi tifosi si allarga a dismisura.

Tenere presente quanto sopra fa capire bene la differenza che deve intercorrere tra noi e gli altri. La Juventus non è una società che volgarmente si appropria del nome di una città, in alcuni casi anche ignorando le realtà che già vi operano, come è successo a Roma dove, benché già ci fosse a livelli importanti la Lazio, un gruppo di persone si appropria del nome della città già caput mundi e piano piano succede che i loro tifosi credano di essere gli eredi dell’Impero e i suoi cronisti i nuovi Tito Livio. In modi diversi purtroppo accade anche da noi perchè il peggio fatalmente tende sempre a riprodursi. Perciò è sempre opportuno, immuni dalle faziosità eccessive e dalla voglia di prevaricare che derivano dall’avere orizzonti ristretti, considerare e rispettare chi merita (attenzione: solo chi merita) perché il nostro essere parte significa essere parte di un tutto, cosa che è invece preclusa a chi non ha avuto la nostra storia e nasce già legato ad aspetti campanilistici, meneghini, romani o di rivendicazione sudista. 

In questo quadro è necessario un chiarimento su uno slogan che corrisponde alla nostra realtà ma che può prestarsi ad equivoci. Quando si dice che per la Juventus “vincere è la sola cosa che conta” non significa che vogliamo vincere a qualsiasi costo, ma che puntiamo sempre alla vittoria e già il secondo posto è una sconfitta. Una società siffatta ha attraversato tutta la storia del calcio vincendo tantissimi scudetti, coppe nazionali ed internazionali e dando sempre l’ossatura più o meno numerosa alle nazionali che hanno vinto i mondiali. Ha attraversato anche periodi meno buoni mantenendo sempre un legame fortissimo con i tifosi e un forte fascino sugli appassionati di questo sport, al punto anche di trasformare in un bellissimo giro d’Italia, molto apprezzato da tutte le città visitate, l’ingiustizia subita con la retrocessione in serie B, mentre rapinatori milanesi, mossi dall’invidia per le nostre stelle sulla maglia, ci hanno tolto (credono di averci tolto) due scudetti. La rapina subita dalla squadra di Buffon, Del Piero, Nedved, Camoranesi, Trezeguet (e Ibrahimovic, Cannavaro, Emerson, Vieira ecc… guidati in panchina da Fabio Capello), rapina condotta manu militari per conto di squadre nettamente inferiori da investigatori così accorti da non sapere per esempio che Mediaset e Milan appartenevano alla stessa persona, ha provocato una rifondazione che ha portato ad un dominio mai visto nella storia del calcio e che tende a diventare decennale. E’ chiaro che i tanti scudetti vinti, avendo avuto come avversarie squadre diverse (Inter, Milan, Roma, Napoli, Lazio, Fiorentina ecc…), hanno creato di volta in volta nelle menti più deboli dei tifosi della squadra sconfitta astio sempre infondato e creato un fronte del mugugno che a volte sapientemente sobillato si trasforma in aggressione verbale e diventa molto spesso insopportabile. Nella denigrazione svolta col chiacchiericcio si distinguono campioni improvvisati di dialettica e di scienza calcistica che spiegano per esempio che l’Inter ha perso lo scudetto di quest’anno perchè “Gagliardini ha sbagliato un gol a porta vuota” in non so quale partita, incuranti che la stessa cosa capitò ad Emre Can contro il Sassuolo e in un ambito più generale è capitato pochi giorni fa ad Adama Traoré in una partita di Premier League. Ci sono stati solo due casi di squadre che si sono dimostrate avversari assolutamente competitivi e che potevano, allo stesso modo, vincere o perdere contro di noi: il Torino di Pulici e Sala e la Roma di Falcao e Pruzzo. Vincevamo noi o vincevano loro in competizioni equilibrate e spettacolari che restano nella migliore storia del calcio. Poi a parte il primo degli ultimi nove campionati, con la lotta meritatamente vinta contro il Milan di Ibrahimovic, non c’è mai stata vera incertezza. Ci avviamo probabilmente al nono scudetto consecutivo e quello che resterà nel ricordo delle difficoltà affrontate sarà, oltre purtroppo alla grave emergenza sanitaria che abbiamo vissuto, il chiacchiericcio di chi ha avuto la scelleratezza di porre il postulato della vittoria certa dell’Inter, ripiegando poi, persa subito la carta di riserva Napoli, su una improbabile Lazio che, gratificata durante la stagione da una serie di successi dovuti anche a diverse straordinarie circostanze favorevoli, alla fine ha comunque visto svanire il sogno di porre fine allo strapotere juventino. 
Strapotere che terminerà quando i tempi saranno maturi e quando avverrà lo accetteremo con serena tranquillità.