Nel calderone in cui bollono partite di Champions, di campionato e delle nazionali occorre abbassare il fuoco e definire le priorità tra competizioni. La Champions League è la più importante competizione calcistica per club. È indubbio. Nella gerarchia delle fonti del calcio, è sicuramente una fonte primaria per attrazione e per introiti. Per questo, l’importanza di questa competizione deve essere preordinata rispetto alle altre. In sostanza, i campionati nazionali dovrebbero allinearsi alla Uefa per un buon esisto di qualsiasi proposta venga da essa. Questa è una condizione preliminare In un momento in cui l’ombra di un nuovo lockdown si avvicina, il calcio dilettantistico rischia di fermarsi e gli stadi hanno ancora un limite di mille spettatori. 
La Uefa ha più domande che risposte: come si fanno i tamponi in Ucraina piuttosto che in Francia? È giusto che a Rennes, la squadra di casa sia supportata da cinquemila spettatori tutti vicini, mentre la Lazio all’Olimpico solo mille spettatori? Se lo Stato in cui devo disputare una partita va in lockdown, come recuperiamo la partita? Le domande possono rimbalzare tra i paesi, ma non troveranno pace in un periodo di incertezza. Per questo la Uefa dovrebbe richiedere alle diverse nazioni, che condividono la Champions, di sottostargli. Nel far questo, credo che debba innanzitutto ridefinire il calendario e il formato della competizione. I calendari dei top team sono ancora pieni di partite come se non ci fosse una pandemia globale in corso. Aggiungiamo le partite delle nazionali e l’Europeo da recuperare, vediamo che i giocatori sono sempre in campo, senza mascherina e a contatto con gli avversari. In queste condizioni, l’obiettivo pre-calcistico di concludere la Champions League attuale senza alzare il numero di contagi e nel rispetto di un mondo che si sta fermando, si fa arduo.

La mia soluzione in merito prevede di ritornare alla Champions a due gironi. Le prime due qualificate dei gironi, si qualificano un altro girone da quattro squadre. Si andrebbero a creare quattro gironi da quattro squadre, al posto degli ottavi di finale e quarti di finale. Ogni girone si potrà svolgere in un arco temporale di dieci giorni con tre partite per squadra (solo andata) e in una sede scelta ad hoc in base al rispetto delle norme di sicurezza e alla situazione dei contagi. Sarebbe un ritorno alla vecchia Champions League che è durata sino al 2002-2003. Così facendo, in una decina di giorni, si generebbero piccole bolle in città sicure evitando quattro partite (ottavi e quarti) spalmate nel tempo con tanto di aerei e rischio di contagiare le squadre del proprio campionato. Inoltre ogni bolla (quindi ogni girone) potrà svolgersi in un periodo diverso così che la copertura televisiva sia la più ampia possibile. Credo che questa situazione sia plausibile anche perché in passato, le vincitrici della Champions, dovendo disputare il mondiale del club e arrivando quasi sempre in finale, trascorrevano già dieci giorni lontani dai loro campionati nazionali. 
Infine rimarrebbero da giocare semifinali e finali. Qui riproporrei una bolla finale come quella fatta nella precedente edizione a Lisbona in cui poter disputare le due semifinali e la finale. Questo formato potrà non piacere ai puristi della Champions, che vorrebbero la formula classica che mantiene le tanto amate statistiche in alterate, ma devono ricordarsi che vivono in un periodo storico particolare, dove offrire condizioni di sicurezza rimane la priorità.
Dobbiamo ringraziare che possiamo accendere la tv e vedere una partita di calcio, sì, vuota e senza pubblico, diversa e per certi versi odiosa, ma è il modo migliore per attendere il triplice fisco di questa pandemia.

Lorenzo Spreti
#vaialmastersport