La decisione era stata presa quando ancora il tempo incerto non invogliava certo ad acquistare i 4 biglietti del settore ospiti "Distinti nord-ovest"... il mio amico Gentian desiderava da tempo portare i figli Matias e Axel a vedere i Milan. La partita all'Olimpico con la Roma era quindi l'occasione giusta, vista la vicinanza con Terni, la nostra città, anche la mia partecipazione non era in discussione.

Una settimana prima della partita acquistammo i tagliandi, per la cui custodia era designato il sottoscritto; l'impazienza del piccolo Axel per il suo "battesimo" di milanista allo stadio era sempre più palpabile man mano che l'evento si avvicinava.

Qualche giorno prima a Gentian veniva in mente un perfido tentativo di scherzo, nei confronti del figliolo, dicendogli che i biglietti erano stati da me distrutti per una sbadataggine, ma il ragazzo - consapevole del mio tifo per il Milan - non ci cascò neppure per un attimo... e fece bene: era più facile che io perdessi le chiavi di casa che quei tickets...

Così domenica alle 15,30 (l'ora solare era tornata proprio quella notte) dopo aver parcheggiato a circa un chilometro dallo stadio, ci incamminiamo verso l'impianto. La giornata è estiva, soleggiata e fa caldo, pur essendo quasi la fine di ottobre; non conoscendo l'ingresso riservato al nostro settore, abbiamo chiesto informazioni: due tifose della Roma ci hanno invitato a seguirle per un breve tratto di strada, indicandoci poi l'ultimo tragitto che dovevano seguire per entrare nell'impianto. 

Durante quest'ultimo percorso passiamo tre varchi presidiati da agenti di Polizia che ci controllano i biglietti, documenti e ci perquisiscono. Ho un binocolo inserito in una fondina appesa alla cintura, che ovviamente - ad evitare ogni equivoco- esibisco d'iniziativa; simpaticamente uno degli agenti mi rivolge una battuta su quanti colpi avessi caricato...

Alle 16.10 lo stadio è ancora pressoché deserto di pubblico, mostro il mio biglietto ad un steward, che sorprendentemente ci invita a scegliere liberamente il posto, indipendentemente da quello indicato sui nostri biglietti!
Scegliamo quattro seggiole che hanno una buona vista del campo e sono comunque in prossimità dell'uscita. Sappiamo che non è una partita a rischio di incidenti, ma vista la presenza con noi dei ragazzi la prudenza non è mai troppa.

Il fascino dello Stadio Olimpico, i suoi colori, la perfezione del manto erboso, i due tabelloni, il gioco di luci, il riscaldamento delle squadre ci aiutano a ingannare l'attesa della partita; nel frattempo il settore si va riempiendo sempre più: all'esterno dello stadio, scortati dalle volanti giungono decine di pullman carichi di tifosi rossoneri.

Molti gli esponenti del tifo organizzato partiti da Milano, che entrano festanti e rumorosi nel settore riservato agli ospiti e che viene rapidamente gremito; ora è impossibile restare seduti, gli ultras seguono la partita rigorosamente in piedi...
Per consentire al piccolo Axel di poter avere visuale libera, chiediamo alla persona che gli sta davanti di invertire il suo posto con quello delle sue amiche, certamente di statura notevolmente inferiore. Quando il tifoso si volta e nota Axel, si presta di buon grado. E poi parlano male di questi ragazzi ultras...

Le formazioni, i giochi di luci e la discesa in campo dei calciatori rappresentano le ultime fasi preliminari prima dell'inizio della partita. Allo sventolio delle bandiere giallorosse in tre quarti dello stadio, rispondono i vessilli rossoneri del nostro piccolo, ma rumorosissimo spicchio di stadio.

I 95 minuti della partita, recupero compreso, scivolano via tra speranza e ansia, gioia e disperazione, imprecazioni ed esortazioni e cori; tanti cori cantati, urlati a squarciagola uno dietro l'atro, ritmati dal rumore di un tamburo, che chissà come è entrato allo stadio. 

Anche noi quattro in questo lasso di tempo ci comportiamo da ultras: cantiamo inni a perdifiato, di cui impariamo in fretta le parole; ecco ora alziamo le mani al cielo e la facciamo vibrare; poi intoniamo i cori più popolari, quelli carpiti alla TV; poi tendiamo le braccia in avanti come a benedire i calciatori; i nostri applausi non sono mai casuali e isolati, ma seguono una  precisa sequenza tra cori e battito mani.

L'andamento della partita non ci è favorevole, ma noi abbiamo applaudito, inneggiato, incoraggiato i nostri; oltraggiato, insultato e spedito a quel paese i nostri rivaliSiamo stati degli Ultras perfetti senza sapere quando e come lo siamo diventati.

Al triplice fischio dell'arbitro Orsato istantaneamente all'unisono il tifo milanista tace e uno strano silenzio avvolge quella fettuccia di impianto, mentre il resto dello stadio è un tripudio di vessilli giallorossi innalzati nel cielo di Roma e migliaia di voci si uniscono al canto di Venditti, diffuso dagli altoparlanti.

I calciatori del Milan sembrano indecisi se avvicinarsi a noi, quel gruppo di tifosi che per due ore consecutive non ha smesso un istante di incitarli, ma sembrano avvertire che quei tre fischi arbitrali hanno di colpo cambiato le cose.
Ora il tamburo tace, non si avvertono più applausi né cori; qualche fischio isolato e neanche insistito, li dissuade definitivamente dal farlo e quindi si fermano alla tre quarti campo e da lì braccia al cielo, applaudono verso di noi, che li guardiamo con la freddezza e l'indifferenza di chi si sente tradito.

Negli occhi del popolo dei milanisti oltre la delusione di una partita persa malamente, la rabbia per una prestazione che non ripaga i sacrifici: tra di noi c'è gente che si è sobbarcata molte ore di viaggio, che oltre ai soldi del biglietto (45 euro ndr) ha dovuto aggiungere quelli della trasferta, che alla fatica del viaggio, dovrà ancora sopportare lo scherno delle tifoserie avversarie. E quella interista è proprio difficie da accettare!

Ora siamo tutti seduti, improvvisamente le due ore in piedi si sentono nelle gambe, il risultato si ripercuote nell'umore e non si ha più voglia di parlare; due ragazzi si baciano cercando un motivo diverso di conforto reciproco; dietro di noi si sente ancora chi impreca, ora contro uno ora contro un'altro calciatore; ho il dubbio che -lo avessi ascoltato dall'inizio- solo uno o due dei nostri giocatori ne sarebbe stato risparmiato.

Vorremmo uscire in fretta e tornare a casa, ma non possiamo: "noi" ultras non possiamo uscire fino a che lo stadio non è completamente vuoto, così ad evitare che le opposte fazioni  possano venire a contatto; ora è sera inoltrata e abbiamo la sensazione che l'umidità penetri nelle ossa; trequarti d'ora dopo il termine della partita ci viene consentito di uscire.

Fuori il percorso è deviato rispetto a quello di entrata; superiamo le decine di pullman che attendono in fila indiana i gruppi organizzati e ci troviamo finalmente all'ultimo varco. Ora siamo sul lungo Tevere; siamo noi quattro, ma non siamo più con la folla uscita dallo stadio; i passanti sono pochi, noi camminiamo veloci verso il parcheggio: non abbiamo voglia di parlare né di commentare, tanto meno mostriamo allegria.

In auto cerco con lo sguardo il piccolo Axel, mi sorride: "Abbiamo perso" dice "ma io mi sono molto divertito lo stesso"; papà Gentian annuisce e sorride. 

Ma sì in fondo è vero.
Sorrido anche io.