Il prossimo 25 agosto la Roma inizierà la nona stagione sotto la gestione americana, dopo l'ennesima estate all'insegna della rivoluzione, sia in campo che dietro le scrivanie. Nove anni in cui la bacheca di Trigoria è rimasta desolatamente chiusa, a fronte di tre secondi posti, una semifinale di Champions League. Nonché di tanti, tantissimi soldi spesi in sedici sessioni di calciomercato condotte da due direttori sportivi: Walter Sabatini e Ramon Rodriguez Verdejo, meglio noto come Monchi. Ripercorriamo dunque otto anni di calciomercato giallorosso non nelle cessioni illustri, ma negli acquisti sbagliati, giocatori arrivati con grandi speranze e rivelatisi clamorosi buchi nell'acqua.

Cominciamo dunque dalla prima stagione di Roma a stelle e strisce, iniziata tra i tipici toni trionfalistici di chi viene dall'altra parte dell'Atlantico e l'ingenuo entusiasmo di tanti tifosi, che vedono accomodarsi sulla panchina giallorossa Luis Enrique. Quello che viene dipinto come una specie di alieno sbarcato sul pianeta Roma dalla galassia Barcellona (B), e che ce la metterà tutta per confermare per confermare tale impressione. Ci riuscirà perfettamente, ma in negativo. Ci torneremo. Prima spostiamoci sul campo, dove assistiamo alla prima mega-rivoluzione targata Sabatini, che inizia da qui a collezionare meteore, giocatori finiti o semplicemente scarsi. 

In porta, circondato dall'aura sacra di portiere titolare dell'Olanda vice-campione del Mondo nel 2010, arriva Marteen Stekelenburg, prelevato dall'Ajax per oltre 7 milioni di euro. Il benvenuto nel campionato italiano glielo da Lucio, a San Siro, rifilandogli una scarpata (involontaria) in testa che lo manda ko per un mese e gli fa dimenticare come si giochi a calcio. Gioca 33 partite subendo 45 gol. Un disastro cui contribuisce però in modo decisivo l'allegra fase difensiva di Luis Enrique e soprattutto chi dovrebbe metterla in pratica. 

Il primo da sinistra è José Angel, preso a quasi 5 milioni dallo Sporting Gijon. Semplicemente inadeguato. Inizia il suo campionato facendosi espellere nel secondo tempo di Roma-Cagliari, prima giornata e prima sconfitta. Da lì in poi diventa un vero e proprio incubo per i tifosi giallorossi, che a otto anni di distanza lo ricordano però con un certo affetto per le sue scorribande sulle piste virtuali di Formula 1. Almeno lì non poteva fare danni. In giallorosso colleziona 32 presenze e 0 gol, prima di essere rispedito in Spagna con tanti saluti. 

Al centro c'è Simon Kjaer, già preso da Sabatini ai tempi di Palermo e riportato in Italia dal Wolfsburg. 3 milioni di prestito e 7 di riscatto per un calciatore arrivato nel posto sbagliato al momento sbagliato, un centrale dignitoso ma totalmente inadatto al gioco di Luis Enrique. A ottobre è protagonista in negativo del derby, facendosi espellere per un fallo ingenuo su Brocchi e regalando un calcio di rigore alla Lazio. Per lui 24 presenze e 0 gol, ma soprattutto tanti insulti, spesso immeritati. Alla fine della stagione non viene riscattato e torna in Germania. 

Accanto al giovane danese si piazza Gabriel Heinze, nome noto del calcio internazionale, preso proprio in virtù della grande esperienza. Anche lui si dimostra però decisamente fuori luogo nel calcio dell'allenatore spagnolo, alternando qualche prestazioni anonime ad altre semplicemente desolanti. Preso a parametro zero, mette insieme 32 presenze totali e, nonostante il suo contratto preveda un'opzione per la stagione successiva al raggiungimento delle 25 presenze, nell'estate del 2012 rescinde con la Roma e torna in patria. Personalmente, una grande delusione. 

A centrocampo Sabatini mette a segno quello che sembra un buon colpo, prelevando dal Real Madrid, in prestito oneroso di mezzo milione e diritto di riscatto a 7, Fernando Gago. Un calciatore che doveva rappresentare un punto fermo del centrocampo giallorosso, ma che presto si trasforma in una specie di sconsolato ectoplasma vagante. Mai uno squillo, nella maggior parte dei casi si limita a naufragare insieme ai suoi compagni di reparto, sopraffatti dagli avversari. Lascia la Roma dopo una stagione anonima, con 32 presenze e 1 gol. 

In attacco, infine, arriva dal Barcellona Bojan Krkic, esterno etichettato fin da giovanissimo come il fenomeno destinato a prendere il posto di Leo Messi. Pagato 12 milioni nell'ambito di un complicato accordo che prevede diritti di riscatto e controriscatto per entrambe le parti, quello che sbarca a Roma è in realtà un calciatore molle, fumoso, discontinuo, sicuramente condizionato dall'etichetta che il mondo del calcio gli ha cucito addosso. In giallorosso non riesce mai a dimostrare fino in fondo le sue qualità, mettendo a segno appena 7 gol in 37 presenze. L'anno successivo se lo godrà il Milan. Un'altra grande delusione personale. 

La Roma versione 2011/2012 è una squadra costruita male e affidata a un allenatore forse troppo avanti per il calcio italiano dell'epoca, sicuramente fuori luogo in una piazza come Roma. Una piazza che Luis Enrique non solo non riesce a conquistare, ma che soffre pesantemente, come testimoniano il volto segnato e i capelli bianchi che esibisce nel corso della conferenza stampa con cui comunica il suo addio anticipato alla Roma, lasciando anche i soldi sul tavolo. Roma non è Barcellona, qui il palato è fine, ce ne intendiamo. Lo dimostrano alcuni striscioni apparsi in Curva nelle fasi finali della stagione, che recitano "Datece Zeman". Accontentati. 

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