Oggi voglio stare tranquillo: no ai proclami, no alle considerazioni tecnico/tattiche, né attacchi né difese né parole del cuore frugando nella memoria. Voglio starmene comodamente a centrocampo in posizione attendista e guardarmi attorno.
Vediamo come butta. L’algoritmo mi ha trattato bene, me ne sto soddisfatto nella finestra assegnata, non troppo in basso e voglio fare conoscenza con i miei vicini di casa.
Ho sbirciato sotto, il voto assegnatomi dentro il pallino verde con la stellina, come dicono spesso i commentatori della moviola, “ci può stare”. Ho una bella scacchiera attorno, precisa e regolare, scandita dai colori delle immagini scelte a corredo degli articoli. Sembrano tante finestre di un condominio, dove ognuno di noi si affaccia e dice la sua. I titoli delimitano le proprietà e ne anticipano l’argomento. Sono nuovo, mi sono accasato da poco e ho molto da imparare. 

Sul mio pianerottolo, alla mia destra, leggo la firma. “Ah, sì, questo l’ho già letto, molto prolifico”. Non condivido il suo punto di vista. Difende la propria squadra, cosa buona e giusta. Ma va al di là con argomenti poco sostenibili alla luce dei risultati recenti. Le motivazioni a mio parere sono deboli. Insomma un tifoso a prescindere.
I tifosi a prescindere sono poco obiettivi, sono come i politici che stanno all’opposizione. Sono contro e basta. Vivono all’ombra del bandierone, quello che gli impedisce di vedere la partita, allo stadio, perché il tipo due file più in basso l’ha ininterrottamente sventolato per 100 minuti e scoprono solo uscendo, tramite un amico, di aver perso:
- “Come? Abbiamo perso?”
- “Abbiamo perso, abbiamo perso…”
- “Ma io dove stavo?”
- “Dietro il bandierone.” 
Quello stesso che si portano a casa e dietro il quale restano e commentano su VXL.

Non ci sto riuscendo, è più forte di me, le dita hanno avuto la meglio sui buoni propositi e continuano scrivere, indipendenti, senza la ragione che le guidi.
Mi ripeto, oggi non voglio attaccare né difendere, voglio stare a centrocampo, in posizione di attesa. 
Mi scuso per il commento assolutamente acido e faccio pubblica ammenda.
Rivolgo lo sguardo sulla finestra del piano di sopra.
Bella foto, un elettrodomestico… leggo il voto della redazione, notevole!
Approfondisco… ”No, mi sa che ho letto male” e rileggo. Tra le righe vengo assalito da una sensazione di déjà vu. Io questo l’ho già letto, o almeno una parte.
Può essere normale, penso, in mezzo a decine di commenti sull’attualità, può accadere.
Mhmm… no! Non mi tornano i conti. Scrollo la pagina verso il basso e cerco. Ritrovo una finestra dentro alla quale un condomino scrive una storia personale che avevo già letto. Non parla di attualità ma di un caro ricordo, facendo un riferimento preciso ad una cosa con nomi e cognomi, personaggi di tanti anni fa. É molto improbabile che qualcun altro rievochi le stesse cose nel giro di poche ore. Sfodero il mio senso investigativo e leggo l’ora di pubblicazione riportata nelle due finestre. Coincidenza ancora più incredibile, una finestra si è aperta qualche ora dopo l’altra, ed è la finestra che sta più in alto, parecchio più in alto, come se chi sta al piano sopra si sia sporto a sbirciare cosa faceva il vicino al piano di sotto, per poi replicarne una parte. Oppure una strana e rarissima coincidenza.
Guardo di nuovo in basso nella mia finestra e vedo a questo punto due pollici versi dentro un pallino rosso, credo di sapere da chi arrivano. Probabilmente me li sono meritati.

Proseguo nelle mie osservazioni del vicinato, mi colpisce un titolo, che spunta dalla finestra sull’attico in alto, sopra di me. Bello, interessante. Leggo. Scrive bene, vocabolario ampio e forbito, “ma…”. Questa parolina introduce un personale dissenso.
Quanti riferimenti, quante citazioni, cultura non indifferente. Ma a chi si rivolge? Quanti comprendono le citazioni, i parallelismi e quant’altro? O meglio, chiedo scusa, tutti comprendono le citazioni e i riferimenti, ma quanti in una lettura tutto sommato leggera hanno voglia di tutto ciò?
Anni fa conobbi il direttore di un giornale, non conosciutissimo, era sardo, non dirò altro. Mi ripeteva spesso: “Si scrive per gli altri, non per noi stessi. Non dobbiamo necessariamente riempire i nostri scritti di cose che conosciamo e citiamo per gonfiare il petto e per dimostrare quanto siamo bravi. Nella comunicazione, tanto più saremo semplici e comprensibili da parte di tutti e meglio avremo svolto il nostro compito.”
Condividevo e condivido tutt’ora
.

Non riesco proprio a stare a centrocampo, in una posizione attendista. Mi scappa di dire la mia, sempre e comunque.
Ad un tratto la mia finestra si sposta, scivola più in basso, l’algoritmo ha fatto il suo lavoro, giusto così, ma… (solita parolina che anticipa il dissenso). Penso: “Chi ha preso il mio posto?”. Scrollo verso l’alto. Altro nome ricorrente. “Però! Scritto bene, ben argomentato, bella penna, acuta e pungente, sempre misurata e mai sopra le righe, bel pezzo.” Non posso che concordare con il bellissimo voto assegnato dalla redazione e con il numero di letture che sale a colpo d’occhio. “Ben fatto!”.
Beccati il mio pollice recto, nel pallino verde.

Alla fine delle mie considerazioni sul vicinato, concludo che non posso essere un attendista, palleggiare a centrocampo non fa per me, non è nella mia natura. Del resto chi scrive su VXL lo fa per esprimere un parere, per giudicare ed essere giudicato. E se qualcuno si riconosce nelle cose che ho scritto sopra, mi nascondo dietro il classico: “Ogni riferimento a persone o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.”

E mentre mi arriva l’ennesimo pollice verso, meritato anche questo, chiudo.
Non prima però di ammettere che provo un pizzico di invidia nei confronti di chi abita a lungo i superattici mentre, ahimè, l’algoritmo mi fa scivolare in fondo, fin nelle cantine del mio nuovo condominio, in attesa di aprire una nuova finestra che mi faccia riprendere l’ascensore.