Esiste un sottile "fil rouge" che lega tifosi e squadre di calcio su questo pianeta: gli errori arbitrali. In Italia poi, siamo maestri a sviscerare, come in una autopsia digitale, tutti i momenti salienti o meno di un incontro. E per tutta la settimana. Alcuni, i più famosi, hanno addirittura, parecchi lustri sul groppone. Parlo del gol fantasma di Turone e del "rigore" negato a Ronaldo. Tanto che parecchi tifosi schiumano ancora rabbia, perchè "eridatata" dai loro padri. Bene, ieri, all'Allianz Arena, è andato in scena l'ennisimo errore, o meglio orrore, ai danni della Juventus in questa competizione. Già all'andata l'arbitro non si comportò in maniera impeccabile, per essere buoni, per non parlare di quello della finale contro il Barcellona, e mi fermo qui. Ma ieri, l'arbitraggio è stato una vera sciagura. Non si può permettere di mandare dei dilettanti allo sbaraglio, ad arbitrare una partita così importante, trasmessa dalle tv di mezzo mondo, non soltanto per quello che concerne l'animo dei tifosi, ma per gli introiti che il passaggio di turno porta in dote. O forse si? Certo che quando si parla di timore reverenziale a favore della Juve c'è un'intera bibliografia, mentre i torti contro passano in cavalleria. Anzi, sono salutati dai più come il giusto ordine delle cose. Poche storie: il gol di Morata era regolare, e magari avrebbe messo il chiodo sulla bara del Bayern. La partita è filata via piacevola per tutto il primo tempo, certo con qualche palpitazione, ma siamo andati al riposo con un vantaggio di due reti a zero sui tedeschi. I quali non si capacitavano del risultato. Mai nessuno prima, forse solo il Barcellona, aveva inflitto un pesante parziale alla compagine di Guadiola. Siamo stati una squadra superiore nel primo tempo. Superiore in tutto. Poi qualcosa è cambiato e dagli spogliatoi sono uscite due squadre diverse. La Juve del secondo tempo non era più quella spigliata e incosciente dei primi quarantacinque minuti. Quella che aveva messo sotto i crucchi in malo modo. No, ci siamo comportati come quando da bambini si va a casa dei nonni e si rompe il servizio buono. Increduli, siamo fulminati dagli sguardi dei genitori e ci andiamo a nascondere da qualche parte. Ecco, così siamo scesi in campo dopo il riposo. Paradossalmente, avevamo più tensione e paura di quando ne avessimo ad inizio di gara. E così, anche se Guardiola continuava a fare i cambi della disperazione, arrivando a schierare una squadra ultraoffensiva, noi arretravamo sempre di più, fino a collassare nella nostra trequarti. Quando poi, il nostro orgoglio stava toccando il minimo storico della partita, mister Allegri toglie Morata, l'unico che poteva far allungare la squadra, per inserire Mandzukic, in realtà un difensore aggiunto. A qul cambio, mi è sembrato di riviverne un altro di cambo, quello di Pereyra per Tevez, con il famoso "cagon" di quest'ultimo. Ecco, e da li che le cose sono andate di male in peggio. Il motto #finoallafine non è stato onorato. E come è andata è storia. Poco prima del pareggio del Bayern, mi sono ritornate in mente le invettive di Sacchi contro Allegri. Forse il mister di Fusignano aveva visto lungo. Noi juventini, me compreso ci siamo scagliati contro. Ma, in fondo, aveva ragione. Il calcio moderno impone un certo modello strutturale, psicologico ancor prima che atletico. Le partite vanno chiuse quando ne hai l'opportunità, e non buttare alle ortiche le possibilità che il momento ti offre. In effetti, potevamo incontrare ben altro avversario se strappavamo al Sivgilia un pareggio. Ma tutto questo è accademia. Perchè se la mentalità della formica, di portare fieno in cascina poco a poco, può essere remunerativa in un campionato, nelle partite secche, come le coppe europee, questo discorso non paga. E c'è da dire che le avvisagli c'erano state. La partita di coppa italia contro l'Inter, fu un campanello d'allarme. Il segnale che un comportamento difensivo ad oltranza è molto pericoloso. Non importa quanti gol il tuo avversario deve fare per passare. Prima o poi ti colpisce. E da li da passare dalle stelle alle stalle il passo è breve.