Pensavo che Donnarumma fosse un discorso ormai chiuso, una parentesi come tante altre nella storia del Milan. Un giocatore, un talento, che era destinato a scrivere pagine importanti, a diventare una bandiera, che decide invece di abbandonare, per sua spontanea volontà o per scelte del suo manager, cancellando così affetto, sogni e storia.
Sostituito subito dalla società con un acquisto rapido ed indolore come quello di Mike Maignan, capace di farsi amare subito dai suoi nuovi tifosi, ma non era cosa complicata, e disposto a sposare il progetto rossonero. “Mike uno di noi”, "Mike è il nostro portiere” dicono i tifosi che, maltrattati dal comportamento del Gigione nazionale, hanno subito issato una nuova bandiera, al posto della banderuola, su cui appoggiare sogni e speranze.

Dopo l’approdo ai ricconi parigini pensavo veramente che la parola Milan non uscisse più dalla bocca di Gianluigi, e dalla mia il suo nome. Dopo l’intervista rilasciata al Corriere dello Sport, l’indifferenza che aveva soppiantato l’amore, lascia spazio ora a rabbia e livore.
Quella rabbia nel sentir pronunciare un discorso costruito ad arte, che non fa che peggiorare i rapporti oramai inesistenti. E se in pochissimi eravamo rimasti ad evitare di polemizzare con lui, grati anche per quello che aveva fatto, parlo delle prestazioni sportive e non certamente nel modo in cui ha abbandonato la sua casa natale, ora diventa difficile far finta di niente sul suo ciarlare da libro cuore.

Ma venivamo al dunque e analizziamo le sue parole… “Al Milan sono stato otto anni, era casa mia, lì ho vissuto momenti bellissimi. Il Milan ancora oggi mi emoziona, ho grande rispetto per le persone che vi lavorano e per i tifosi. Del Milan resterò sempre tifoso”.
Strano che non cadano dal mio viso lacrime di commozione e di ringraziamento, anzi accresce in me e nei tifosi la consapevolezza che forse è meglio sia tutto finito, perché il racconto non trova eco nella realtà scritta nero su bianco.

Cresciuto calcisticamente nel Milan, il ragazzo ha avuto la sua occasione grazie a Sinisa Mihajlovic, tecnico che all’epoca volle puntare tutto su di lui, nonostante l’età. La sua possibilità l’ha presa al volo, vivendo anche in una confort zone che gli perdonava ogni minimo errore e lo valorizzava esaltandone le doti. Infatti, cado ancora dalle nuvole quando sento giornali e media che esaltano solo oggi le sue prestazioni. Noi fifosi lo facevamo anche quando era il portiere titolare della nostra squadra. È cambiato qualcosa?… Stai a vedere che il problema era giocare nel Milan!
Invece no, il Milan era la sua Itaca, era il posto dove crescere in pace, sentendosi amato e coccolato. Figuriamoci se non si fosse trovato bene… Negli ultimi anni, in Italia, non rammento di un giocatore a cui si è perdonato tutto, difeso da critiche eccessive anche quando la prima volta il suo manager ha provato a strapparlo da Casa Milan, per portarlo ad altri lidi. Tentativo andato a vuoto, ma che nascondeva la premessa (o promessa) che non ci sarebbe stata una seconda occasione di rinnovo.
Casomai fa rumore sentire dalla sua bocca che lo emoziona ancora. E cosa dovrebbe emozionarlo? L’emozione che si prova in una determinata situazione non ha prezzo e nessuno ripeto nessuno può sostituirla. Altrimenti che emozione è!
Una cosa che emoziona è insostituibile, anzi diventa un qualcosa da proteggere perché nessuno la deve portare via. Deve durare il più possibile, e non deve finire mai.

Invece… per come sono andate le cose, visto che nell’intervista tiene a rimarcare che le scelte professionali le ha sempre prese da solo, e che Mino lo ha sempre lasciato libero e lo ha sostenuto, io vedo tutto fuorché emozioni vere!
Viene anche il dubbio se stiamo parlando dello stesso Mino, di un signore che, attualmente col Milan, eccetto per Romagnoli (destinato ad andare via a fine contratto, salvo ripensamenti), non ha più alcun tipo di rapporto. Stiamo parlando dello stesso Mino e delle sue stupende commissioni quando il giocatore lascia a parametro zero, o di chi?
Mino sa fare bene il suo lavoro, c’è chi lo ama e chi no, ma non credo che sia tipo che stia zitto e lascia scegliere ai proprio assistiti. Altrimenti non sarebbe uno dei migliori al mondo nel suo ruolo, con un suo modus operandi noto a tutti. Difficilmente un suo giocatore resta tanti anni in una società e le commissioni per i servigi sono alte rispetto a quello dei comuni mortali.

Ma andiamo oltre e ritorniamo all’amore, all’emozione che ancora oggi gli dà il Milan. Quel sentimento è rivolto alla stessa società che non ha intascato neanche un centesimo per essere andato via a parametro zero? Che non parla più di Donnarumma e progetta un futuro con Mike in porta. O quei tifosi che per tanto tempo aspettavano un grazie per aver protetto un patrimonio del calcio italiano, anche quando la critica, (quella che ora lo esalta), era pronta a metterlo alla berlina quando sbagliava nelle uscite o doveva migliorare nell’impostazione con i piedi?

Vedi caro Gigio, ti chiamo ancora così come farebbe uno che avrebbe voluto consigliarti meglio, a volte il silenzio è meglio di tante parole non richieste. Parole e frasi non credibili che aumentano le distanze, facendo arrabbiare maggiormente coloro che hanno letto e commentato la tua intervista.
Parli di ambizioni diverse dalle tue. Che vuoi diventare il portiere più forte del mondo è un tuo diritto, figurati, ma quale sarebbero le ambizioni diverse? Forse la Coppa dei Campioni, come la chiamo ancora io! O stravincere per manifesta superiorità il campionato francese?
Sulla seconda, eccetto alcune volte, (come dice la canzone una su mille ce la fa), difficilmente il Psg arriva secondo. Quando accade è sempre colpa dell’allenatore, visto il parco giocatori a disposizione.
Sulla Champions sai, alcune volte, non sempre vincono i favoriti o quelli che hanno speso più di tutti. Anche perché c’è un gruppo sempre più ristretto che può permettersi di spendere cifre altissime. La tua squadra è una di quelle che negli anni ha speso più di tutti e, come per magia, non la vince. Puoi comprare chi vuoi, ma ci sono una serie di variabili che dicono che contano i particolari, ma soprattutto l’unità del gruppo. Agli europei la Francia era la favorita, aveva la squadra più forte, e tutti noi sappiamo come è andata a finire.
La tua nuova squadra non ha una storia alle sue spalle, sta provando a scriverla a suon di milioni e non con una programmazione che coinvolga anche il suo settore giovanile.
Il Milan di Berlusconi, capace di vincere tutto e diventare storia, non nacque solo con acquisti di un certo livello, ma aveva anche giocatori provenienti dal suo settore giovanile e che, sarebbero stati, il dna rossonero delle vittorie in Italia, in Europa, nel Mondo.

Quindi Gigio la prossima volta che ti avventuri a parlare del Milan, prova a fare un ragionamento che non sia improvvisato. Fatti scrivere meglio il discorso o fallo leggere prima a qualcuno se è farina del tuo sacco. Perché tu confondi la storia con altro, confondi l’emozione con una cotta passeggera, dimentichi che è più facile vincere quando ti fanno la squadra da play station, e quando questo non accade diventa tragedia, proprio perché manca quella comfort zone che è stata il tuo cuscinetto in questi otto anni.

Ed infine, ricordati sempre una cosa.
Se parli del Milan, e puoi farlo ci mancherebbe, ti consiglio di fare come quando si entra in chiesa e prima di pregare si fa il segno della croce. Prima di parlare del Milan, mano sul cuore, occhi chiusi, e silenzio.
Solo così la storia ed il valore ti passano davanti e ti emozionano veramente.