Dobbiamo ammetterlo: tutti noi tifosi Partenopei, una volta letti i convocati del Sassuolo per la partita di Napoli, abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Quasi abbiamo esultato, pensando fosse fatta, perché una squadra che nelle ultime settimane sembrava non aver paura di nessuno, non si sarebbe davvero potuto arrendere contro una squadra come i Neroverdi, a cui peraltro mancavano pressoché tutti i migliori giocatori della rosa. Eppure, ancora una volta abbiamo avuto torto, ci siamo lasciati cullare da un esagerata ed illusoria tranquillità, e lo abbiamo pagato a caro prezzo. Il Sassuolo non solo esce vincente da Napoli (dove per altro nella sua storia mai aveva vinto), ma lo fa in maniera talmente netta ed efficace da spalancare una voragine ed un marasma di dubbi su tutti noi, sulla reale efficienza di una squadra che forse troppo presto abbiamo etichettato "da scudetto".

Esattamente, perché nella notte del San Paolo è svanito di un tratto l'alone di magia che aveva caratterizzato l'inizio di questo strano campionato, e davanti a noi si è palesata la dura  realtà dei fatti: quella di un Napoli altalenante, forse non pronto per grandi traguardi, privo di  punti di riferimento oggettivi, di veri leader che nei momenti di difficoltà siano in grado di far svoltare da soli il risultato; ma ,soprattutto, la realtà di una squadra diventata improvvisamente  prevedibile, facile da arginare anche con la minima organizzazione difensiva da parte di qualsiasi squadra. È questo il modo migliore per descrivere la gara di ieri sera, che ha palesato ancora una volta tutti i limiti già visti nelle sfide contro l'Az Alkmaar in Europa e (nonostante il successo) contro il Benevento nello scorso turno. E se contro gli Olandesi l'attenuante era stata un calo di concentrazione dovuto al campionato, la partita di ieri ci ha fatto capire come il problema sia più che mai reale.

Infatti questo Napoli è sembrato troppo brutto per essere vero, forzatamente lezioso, a tratti irritante a tal punto da ricordare i peggiori trascorsi Ancelottiani, al cospetto di un avversario non certo più forte sulla carta ,ma in grado, a differenza della compagine di Gattuso, di dimostrarsi in campo squadra vera e concreta, senza mezzi termini, con un atteggiamento spregiudicato e meritevole dei migliori complimenti. Ed è così che dal sogno di continuare l'inseguimento alla vetta si è all'improvviso precipitati in un vortice di dubbi e pensieri negativi, in cui tutti inevitabilmente sembrano essere in discussione: da una parte l'integralismo di Gattuso, incapace di trovare reali soluzioni in mancanza di spazi in campo, dall'altra una squadra che sia in termini di collettivo sia di singoli è apparsa a lungo correre a vuoto (meriterebbe un articolo a parte il caso di Victor Oshimen), senza calarsi mai realmente nel contesto di una partita, che, mai come in questo caso, assumeva sostanziale importanza per confermarsi.

A questo punto, è inevitabile dire che già dopo 7 giornate ci si trovi davanti ad un grosso bivio: dimenticare al più presto questa batosta, e con il più classico dei "bagni di umiltà" rimettersi in carreggiata, dimostrando a tutti le proprie reali possibilità di crescita, oppure crogiolarsi nella mediocrità e nell'inutilità dei propri leziosismi.
Starà a Gattuso capire se questa squadra potrà veramente ambire a fare un vero salto di qualità o se, semplicemente, sarà costretta per sempre  a rimanere quell' eterna opera incompiuta, da sempre schiava delle sue troppi grandi ambizioni. Il tempo delle decisioni è giunto, ai posteri l'ardua sentenza.