Fu un derby particolare, uno di quelli dall’esito inaspettato. Da Lazio, nel bene e nel male. Nessuno poteva immaginarlo ma proprio allora si stavano ponendo le basi della squadra che 3 anni più tardi vincerà uno degli scudetti più celebrati del dopoguerra. Celebrati soprattutto perché a vincerlo non sarà stato uno dei soliti colossi del nord. Dall’inferno della Serie B sta emergendo la Lazio di Tommaso Maestrelli. Il 29 agosto 1971 la sorte dà vita a un derby di Coppa Italia. Non è la prima volta, non sarebbe stata l’ultima. La Lazio è in B, mentre la Roma ha in panchina nientemeno che il “mago”, Helenio Herrera. Sulla carta non dovrebbe esserci partita. Eppure…

LA LAZIO NON E’ una squadra come le altre e chi la tifa conosce sulla propria pelle il senso della diversità. Che, del suo, non è né un bene né un male. È semplicemente essere “altro” da tutto il resto. Una squadra e una storia che possono generare amore sconfinato, ma anche un profondo fastidio. Un po’ come tutte le cose che hanno una definizione particolare. “Di norma, chi ha un carattere, ha un brutto carattere”, diceva Winston Churchill, e l’affermazione deve fare quantomeno riflettere. Nella sua storia la Società Sportiva Lazio ha vissuto momenti belli, momenti brutti, momenti terribili. Meriti e responsabilità si sono equivalsi. Malgrado le avversità e una sorte mai lineare, si è sempre rialzata e i suoi tifosi con essa. A volte loro appaiono addirittura forgiati dalla sofferenza, che non vuol dire essere necessariamente forti: è come se la vita calma e ordinaria fosse una piuma che ormai non fa neanche il solletico ai piedi. Questione di abitudine. Del resto, la sofferenza è un destino e ognuno segue il proprio. All’inizio degli anni 70, tanto per cambiare, i biancocelesti vivono una fase di crisi acuta. Al termine del campionato 1970/71 la squadra è retrocessa. Avrebbe i numeri per veleggiare a centroclassifica ma ci sono problemi interni allo spogliatoio a rendere la stagione un’annata maledetta. E poi, lo abbiamo detto, la tranquillità non è mai di casa a Tor di Quinto e dintorni. Chi vuole la tranquillità ha altro da tifare. Resta solo un dubbio: è l’uomo a scegliere la squadra o è la squadra a scegliere l’uomo?

MA QUESTO QUI COSA VUOLE? Nell’estate si impone un cambio di manico. Il nuovo allenatore si chiama Tommaso Maestrelli. E’ un pisano di nascita sulla cinquantina, dai modi gentili ma molto fermo nei propri convincimenti. Chi lo conosce impara presto a distinguere l’educazione dalla mollezza di carattere. Il problema è che chi lo conosce, all'inizio lo ricorda come un ex giocatore della Roma e all’inizio questo aspetto non depone a suo favore. Sembra estraneo all’ambiente e alla storia della Lazio. All’inizio nemmeno Giorgio Chinaglia, astro nascente del calcio italiano e numero 9 biancoceleste, sembra gradire la presenza del nuovo tecnico. E invece in poco tempo Maestrelli conquista tutto l’ambiente. Qualche mese e i tifosi già vedono in lui la forza dei nervi distesi e la chiarezza delle idee. Con grande signorilità riesce a sedare le contestazioni della curva nei suoi confronti, poi tocca i giocatori. Poco a poco lo spogliatoio è conquistato. L’uomo diventa il padre ideale per un gruppo in cerca di una guida, le idee tattiche galvanizzano la squadra. Intorno al tecnico si creano una serenità e un’armonia che quasi non sono da Lazio.

PRIMA DI DARE INIZIO al campionato cadetto, la stagione 1971/72 prevede la prima fase della Coppa Italia. Roma e Lazio capitano nello stesso girone. Da qualche anno siede sulla panchina giallorossa uno degli allenatori più vincenti della storia del nostro calcio. Dopo la pluridecorata esperienza all’Inter, Helenio Herrera accetta una sfida importante e impegnativa: modificare la storia della Roma in una storia vincente. Meno parole, più fatti concreti. L’ambiente è giustamente saturo di proclami e di promesse mai mantenute. E l’inizio è dei migliori, perché al primo anno in panchina, nel 1969, un trofeo arriva. È la Coppa Italia, che dà il diritto alla Roma di disputare la Coppa delle Coppe durante la stagione successiva. In campo internazionale i giallorossi saranno addirittura semifinalisti, estromessi dalla finale soltanto per opera di un beffardo sorteggio con la monetina, al termine di una battaglia con i polacchi del Gornik Zabrze. Nel 1971 sono 6 anni che la Lazio non vince un derby e appare improbabile che possa accadere proprio stavolta. Anche perché le dichiarazioni di Herrera prima della partita farebbero pensare a una Roma troppo più forte dell’avversaria: “Battere con certezza i cugini in Coppa e arrivare al quinto posto in campionato”. A dirlo non è un chiacchierone. È Herrera, a modo suo un José Mourinho ante litteram in quanto a capacità di comunicatore. Per Tommaso Maestrelli è il primo derby, per Chinaglia no. Anzi, in un’occasione Long John ha già colpito gli avversari. Il 14 marzo in campionato è finita 2-2 e il gol del momentaneo 2-1 porta proprio la sua firma.

E’ DOMENICA SERA e le squadre scendono in campo. LAZIO: Bandoni, Facco, Legnaro, Wilson, Papadopulo, Martini, Manservisi, Massa, Chinaglia, Nanni, Fortunato. ROMA: Ginulfi, Scaratti, Liguori, Salvori, Bet, Santarini, Cappellini, Del Sol, Pellegrini, Franzot, Amarildo. I biancocelesti scendono in campo concentrati e con la miglior formazione a disposizione del tecnico, mentre i giallorossi sono privi di diversi titolari. Le dichiarazioni di Herrera alla viglia della gara avevano l’intento di stemperare una certa tensione dopo una disastrosa amichevole disputata a Cesena. Ma i fatti hanno i loro segni premonitori e per i giallorossi non comincia bene. Dopo pochi minuti Cappellini s'infortuna per un impatto fortuito con Papadopulo ed è costretto a lasciare il campo. Entra La Rosa. La Lazio non sembra intimorita dal maggior tasso tecnico della Roma e si fa sotto prima con una bella girata di Chinaglia fuori di poco e quindi con un gol dell'attaccante che viene annullato per un evidente fallo di mano. A metà del primo tempo i giallorossi prendono però il comando del gioco cominciando a martellare la difesa avversaria. Pian piano la partita diventa un assedio. Una conclusione dalla distanza di Pellegrini, una girata di Franzot e un colpo di testa di Amarildo sotto misura vengono parati da tre interventi formidabili di Bandoni. Il portiere biancoceleste non è considerato un mostro di continuità nel rendimento ma quella sera sembra quasi posseduto da una forza supplementare. Alla mezz'ora una rovesciata di La Rosa sfiora la traversa. Solo una punizione senza esito di Chinaglia alleggerisce per un po’ la pressione della Roma. A tre minuti dal termine un acrobatico intervento di Wilson spezza un duetto in area tra La Rosa e Pellegrini che potrebbe diventare molto pericoloso.

FINE PRIMO TEMPO. Alla ripresa del gioco ci prova ancora Amarildo, ma stavolta Bandoni non ha bisogno di intervenire. Al 50' tutto cambia, la Lazio attacca. Su cross dalla destra di Manservisi, indirizzato verso Massa, Bet è in netto anticipo e ha tutto il tempo per appoggiare a un compagno e fare ripartire la manovra della Roma, ma liscia clamorosamente il pallone che giunge a Chinaglia a centro area. L’attaccante della Lazio guarda per un attimo Ginulfi esita nel concludere, mette il portiere fuori tempo e poi lo spiazza con una conclusione di piatto. Nella curva laziale è l’apoteosi, i romanisti hanno imparato a loro spese che con un centravanti come Chinaglia l’esitazione può essere letale.

LA ROMA subisce il colpo e la Lazio cerca di assestare il colpo definitivo. Ma la vita comoda, va ribadito, non è da Lazio. Dopo qualche minuto di assestamento la Roma si scuote e reagisce. Bandoni ritorna in cattedra respingendo di piede un tiro da breve distanza di La Rosa. Poco più tardi il pareggio sembra cosa fatta quando Pellegrini calcia a colpo sicuro, ma in questo caso è Wilson di testa a salvare sulla linea di porta. AL 73' Amarildo cade in area di rigore, ma l’arbitro lascia continuare tra le proteste giallorosse. La decisione appare controversa ma un minuto più tardi il sig. Picasso di Chiavari chiude gli occhi anche su un atterramento di Chinaglia in area avversaria sul quale nemmeno i romanisti avrebbero la forza di contestare. La partita s'infiamma e, come spesso avviene, il nervosismo prende il posto del gioco. Prima Fortunato e quindi Amarildo vanno sotto la doccia prima degli altri. Sarà anche un derby di Coppa Italia, ma perderlo fa rabbia. Vincerlo è comunque una grande soddisfazione, anche senza la Serie A a disposizione. Finisce così il Derby tra il tripudio dei tifosi della Lazio e la mestizia del tifo avversario. Almeno la prima parte del proclama di Herrera è smentito dal risultato finale. In curva Nord si assiste a una fiaccolata che non si vedeva da anni. La Lazio inizia nel migliore dei modi la nuova stagione, la Roma si rammarica per le numerose occasioni mancate e per aver trovato di fronte un portiere come Bandoni, autore di almeno quattro interventi incredibili. Non ha vinto la più forte, ma di sicuro quella che ha saputo soffrire di più. Al termine della stagione la Lazio tornerà in serie A per vincere lo scudetto due anni più tardi. La Roma invece terminerà a metà classifica la stagione 1971/72. Per Tommaso Maestrelli quello del 29 agosto 1971 sarà dunque il primo derby, per Giorgio Chinaglia sarà il secondo gol nella stracittadina. Il secondo di una lunga serie.

Diego Mariottini